Ape sociale 2024: accesso ristretto

La Legge di Bilancio 2024 (L. 213/2023) ha notevolmente inasprito le condizioni di accesso all’Ape sociale, il trattamento di prepensionamento a carico dello Stato introdotto dall’art. 1, c. 179 e ss. L. 232/2016. Si tratta, in particolare, di un’indennità che ha la funzione di accompagnare il lavoratore sino al compimento dell’età per la pensione di vecchiaia ordinaria (attualmente pari a 67 anni, art. 24, c. 6 D.L. 201/2011).

I beneficiari dell’Ape sociale

Possono accedere all’Ape sociale, per il 2024, soltanto gli appartenenti alle seguenti categorie:

  • disoccupati di lungo corso: si tratta di coloro che risultano in stato di disoccupazione a seguito di licenziamento, anche collettivo, o di dimissioni per giusta causa, o per effetto di risoluzione consensuale nell’ambito della procedura di conciliazione obbligatoria (art. 7, L. 604/1966); perché gli appartenenti a questa categoria possano beneficiare dell’Ape sociale, è necessario che abbiano terminato di percepire la prestazione di disoccupazione e che non si siano rioccupati (ai fini della conservazione dello stato di disoccupazione utile al trattamento è ammessa la rioccupazione con contratto di lavoro subordinato, contratto di prestazione occasionale o libretto famiglia per non più di 6 mesi complessivamente); è consentito l’accesso all’indennità anche ai lavoratori in stato di disoccupazione il cui rapporto di lavoro sia cessato a seguito di un contratto a termine, se hanno alle spalle almeno 18 mesi di periodi di lavoro subordinato negli ultimi 3 anni;
  • caregivers: si tratta di coloro che assistono, da almeno 6 mesi, il coniuge (o parte dell’unione civile) o un parente di primo grado, convivente, con handicap riconosciuto in situazione di gravità (art. 3, c. 3 L. 104/1992); sono inclusi nella categoria anche coloro che assistono, da almeno 6 mesi, un familiare entro il secondo grado, convivente; in questo caso, però, è necessario che il coniuge o i genitori del disabile abbiano compiuto i 70 anni di età, oppure siano anch’essi affetti da patologie invalidanti o siano deceduti o mancanti;
  • invalidi civili dal 74%;
  • addetti ai lavori gravosi: in base a quanto previsto dalla legge di Bilancio 2024 (art. 1 c. 136 L. 213/2023) dovrebbero essere inclusi soltanto gli appartenenti alle categorie già individuate dall’elenco di cui all’allegato C) alla L. 232/2016 (poi specificate nell’allegato A al Dpcm 88/2017 e incrementate dal D.M. 5.02.2018: 15 categorie in totale), che possono accedere all’Ape sociale qualora svolgano l’attività “gravosa”, in qualità di lavoratori dipendenti, da almeno 7 anni negli ultimi 10 o almeno 6 anni negli ultimi 7; la legge di Bilancio 2024, non contenendo un apposito richiamo in merito, non ha previsto l’accesso all’Ape sociale anche per gli appartenenti alle categorie professionali dei cd. “nuovi lavori gravosi”, individuate all’allegato 2 della legge di Bilancio 2022.

Tuttavia, l’Inps, nella circolare n. 35/2024, ha espressamente incluso anche le categorie aggiuntive: questi lavoratori possono dunque richiedere l’Ape sociale nel 2024.

Requisito anagrafico per l’Ape sociale

Il requisito anagrafico per l’accesso all’Ape sociale è stato inasprito, per il 2024, diventando pari a 63 anni e 5 mesi e non più a 63 anni.

Il requisito contributivo

Non cambia, per il 2024, il requisito contributivo necessario per l’Ape sociale. Gli anni di contributi richiesti sono infatti pari a 30, nella generalità dei casi, 36 per gli addetti ai lavori gravosi (32 per gli operai edili ed i ceramisti), da maturare entro il 31.12.2024. Le lavoratrici madri hanno diritto a uno sconto del requisito contributivo pari ad un anno per ogni figlio, sino a un massimo di 2 anni.

In merito al requisito contributivo, sono considerati gli accrediti presenti presso le casse amministrate dall’Inps: non è possibile contare la contribuzione accreditata nelle casse dei liberi professionisti.

Cumulo Ape sociale con l’attività lavorativa

Per chi accede all’Ape sociale nel 2024, l’indennità di prepensionamento risulta totalmente incumulabile con i redditi di lavoro. Fanno eccezione i soli redditi derivanti da lavoro autonomo occasionale (art. 2222 c.c.), nei limiti di 5.000 euro di compensi lordi annui.

Calcolo dell’indennità

L’indennità di Ape sociale è calcolata allo stesso modo della pensione, tenendo però come riferimento temporale la decorrenza dell’assegno. Si applica un tetto massimo pari a 1.500 euro lordi mensili. L’assegno di Ape sociale è considerato reddito di lavoro dipendente ai fini fiscali, e sconta la medesima imposizione. Durante il periodo di fruizione dell’indennità non sono accreditati contributi figurativi dall’Inps (ma il beneficiario è libero di versare contribuzione volontaria).

Richiesta dell’Ape sociale

Ai fini della liquidazione dell’indennità Ape sociale, è necessario in primo luogo inoltrare la domanda di certificazione o verifica del diritto alla prestazione.

Le condizioni per l’accesso all’Ape sociale devono essersi realizzate già al momento della presentazione della domanda di verifica dei requisiti, ad eccezione del requisito anagrafico, dell’anzianità contributiva, della conclusione della prestazione per la disoccupazione e del periodo di svolgimento dell’attività lavorativa gravosa in via continuativa; i requisiti devono, comunque, maturare entro la fine dell’anno in corso al momento di presentazione dell’istanza, pertanto entro il 31.12.2024.

Per non perdere ratei di indennità, coloro che, al momento della presentazione della domanda di verifica delle condizioni risultano già in possesso di tutti i requisiti previsti, possono presentare contestualmente anche la domanda di Ape sociale, ossia la vera e propria richiesta di indennità (messaggio Inps 17.01.2020 n. 163).

In merito ai termini di presentazione delle istanze, per l’anno 2024, è possibile presentare domanda di riconoscimento delle condizioni di accesso all’indennità entro i termini di scadenza del 31.03.2024 (istanza precoce o prima finestra) o del 15.07.2024 (istanza intermedia o seconda finestra).
Risulta inoltre possibile presentare la domanda tardivamente, entro il 30.11.2024: in quest’ultimo caso, però, l’istanza viene considerata solo se risultano risorse residue.

Richiesta di Ape sociale nel 2024

L’Inps, con la circolare n. 35/2024, ha chiarito che le novità in materia di Ape sociale introdotte dalla manovra 2024 si applicano anche a coloro che hanno perfezionato i requisiti per l’accesso al beneficio negli anni precedenti e che non hanno presentato la relativa domanda di verifica, nonché ai decaduti dal beneficio (ad esempio per superamento dei limiti di reddito annuali) che ripresentano domanda nel 2024.

Coloro che, invece, sono in possesso del provvedimento di certificazione del diritto all’Ape, possono presentare domanda di accesso all’indennità anche successivamente al nuovo termine di scadenza della sperimentazione (31.12.2024). In buona sostanza, il provvedimento Inps di verifica dei requisiti li “cristallizza” (circ. Inps nn. 15/2019 e 62/2022).

I termini entro i quali l’Inps deve comunicare ai richiedenti l’esito dell’istruttoria delle domande di verifica sono i seguenti:

  • 30.06.2024 per le domande di verifica delle condizioni presentate entro il 31.03.2024;
  • 15.10.2024 per le domande di verifica delle condizioni presentate entro il 15.07.2024;
  • 31.12.2024 per le domande di verifica delle condizioni presentate oltre il 15.07.2024, ma entro il 30.11.2024.

Precipua rilevanza del giusto procedimento nel diritto tributario

Il trittico giusto procedimento, giusto tributo e giusto processo in teoria enuncia 3 sacrosanti principi, se solo fossero reali e non chimere. L’emanazione e la promulgazione del più volte citato Statuto dei diritti del contribuente (L. 212/2000) doveva rappresentare il punto di partenza per la generazione di una nuova era fiscale e non un punto di arrivo e, per giunta, anche incompiuto. Il legislatore tributario è rimasto in letargo per troppo tempo lasciando un vuoto incolmabile, neppure per la giurisprudenza di legittimità.

Se il legislatore tributario si decidesse ad apportare nell’ordinamento giuridico tutte le caratteristiche del giusto procedimento in ambito tributario sarebbe un fatto storico a forte rilevanza non solo giuridica, ma anche sociale ed economica. Inserire il giusto procedimento in ambito tributario apporterebbe numerosi vantaggi, tra i quali il rispetto di principi e precetti costituzionali. L’Amministrazione Finanziaria potrebbe acquisire cognizione della situazione fiscale del contribuente senza dover ricostruire unilateralmente la capacità contributiva degli stessi.

L’unilateralità della prefata ricostruzione potrebbe non condurre al giusto tributo. Questo a sua volta rende il rapporto fra l’Amministrazione Finanziaria e il contribuente conflittuale al punto da alimentare contenziosi che potrebbero essere evitati ab origine con un approccio democratico, equo e imparziale.

Impugnabile il diniego dell’autotutela, ma con criticità

Il D.Lgs. 546/1992, che disciplina il contenzioso tributario, si è rifatto il trucco, ma non è tutto oro ciò che luccica. Tra le varie modifiche che si sono succedute vi è quella operata dal D.Lgs. 30.12.2023, n. 220 che ha introdotto, nell’art. 19 del decreto sul contenzioso, le lettere g-bis) e g-ter) con le quali si prevede che, tra gli atti autonomamente impugnabili, facciano il loro ingresso rispettivamente il rifiuto espresso o tacito sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’art. 10-quater L. 212/2000 e il rifiuto espresso sull’istanza di autotutela nei casi previsti dall’art. 10-quinquies dello Statuto del contribuente.

Questi due articoli sono stati introdotti dalla recente riforma operata dal D.Lgs. 219/2023 e disciplinano rispettivamente i casi di autotutela obbligatoria e facoltativa. L’esercizio del potere di autotutela diviene un “dovere” nei casi espressamente previsti dalla norma che si sostanziano negli errori di calcolo, di persona, sull’individuazione del tributo, errori materiali del contribuente facilmente riconoscibili dall’Amministrazione Finanziaria, errore sul presupposto dell’imposta, la mancata considerazione di versamenti eseguiti e la mancanza di documentazione successivamente sanata, non oltre i termini ove previsti a pena di decadenza.

All’infuori dei casi sopra indicati, il Fisco può annullare, in tutto o in parte, gli atti impositivi, senza necessità di istanza di parte, anche in pendenza di giudizio e di atti divenuti definitivi.

Se l’aver definito in modo esplicito le fattispecie al ricorrere delle quali l’Amministrazione Finanziaria è obbligata a rivedere il proprio operato non ha risolto tutti i problemi, in quanto, sotto il profilo pratico, non è sempre facile distinguere il confine che separa l’autotutela obbligatoria da quella facoltativa.

È rilevante, per il legislatore, che l’illegittimità o l’infondatezza dell’atto sia “manifesta”, affinché si rientri nell’autotutela obbligatoria, dovendo ricorrere, in caso contrario, a quella facoltativa. Ma non è così semplice. Pensiamo ai casi di errori sul presupposto legati a una errata qualificazione del fatto o sulla contraddittoria interpretazione di norme che sovente accade. Ecco, quindi, che il confine tra le 2 forme di autotutela non è così marcato come appare.

Tornando al contenzioso, l’aver previsto un differente trattamento, in termini di impugnazione, per le 2 fattispecie di autotutela può sembrare contraddittorio e lesivo per il contribuente. Il diniego dell’autotutela obbligatoria lo si può impugnare sia quando è espresso che tacito; il diniego sull’istanza di autotutela nei casi facoltativi è impugnabile solo in caso di rifiuto espresso. Il contribuente si trova quindi di fronte a un primo problema, ossia individuare con certezza, nel momento in cui si presenta il caso, di capire se si rientra nell’articolo 10-quater o nel 10-quinquies.

A parte i casi eclatanti (ad esempio, versamento eseguito o altri casi indiscutibili), potrebbe non essere agevole capire quale delle 2 strade prenderà l’istanza di autotutela e ciò si riflette su modalità e termini per l’impugnazione in sede giurisdizionale.

A questo, se vogliamo proprio pensar male, si aggiunge il fatto che l’Agenzia delle Entrate, nei casi non ben delineati, potrebbe essere spinta a effettuare scelte discrezionali, ricorrendo a una delle 2 forme di autotutela in funzione della maggiore convenienza.

Modello 730 a doppia modalità per il rimborso

Si è aperta la stagione dei dichiarativi 2024 e a partire dal prossimo 30.04.2024, l’Agenzia delle Entrate metterà a disposizione, come gli anni precedenti, la dichiarazione dei redditi precompilata.

Da quest’anno, nell’area web dedicata, oltre alla modalità di compilazione ordinaria, è resa disponibile al contribuente, in via sperimentale, una modalità di presentazione semplificata e guidata della dichiarazione 730 precompilata. Con la nuova modalità i dati così confermati, modificati o integrati saranno riportati in maniera automatica nei campi corrispondenti del modello 730.

Per la predisposizione del modello 730 precompilato, l’Agenzia delle Entrate utilizza oltre ai dati contenuti nella Certificazione Unica, gli oneri deducibili e i detraibili, i contributi versati alle forme di previdenza complementare, i contributi versati per i lavoratori domestici, le spese per la frequenza di asili nido e relativi rimborsi, le spese per l’istruzione scolastica e relativi rimborsi, le spese universitarie e relativi rimborsi, spese funebri, le erogazioni liberali.

Anche le spese per interventi di recupero del patrimonio edilizio, per misure antisismiche, le spese per l’arredo degli immobili ristrutturati e le spese per interventi di sistemazione a verde sono precompilati a cura degli intermediari e messe a disposizione dall’Agenzia delle Entrate.

Linee guida sul pignoramento presso terzi (seconda parte)

A seguito del D.L. 19/2024, per la liquidazione dei compensi all’ufficiale giudiziario ai sensi dell’art. 122 D.P.R. 1229/1959 si provvederà in tal senso:

  • a considerare tali compensi quali spese della procedura, come espressamente previsto dalla norma, e a computarli, nell’ordinanza di assegnazione quali spese in prededuzione, analogamente a quanto previsto per spese liquidate in favore del terzo pignorato;
  • si liquideranno e si assegneranno in prededuzione assoluta a carico del terzo, salva l’ipotesi dell’estinzione della procedura ove tali spese saranno poste a carico del creditore procedente, con esclusione dei casi di estinzione della procedura per dichiarazione negativa agli atti del terzo o dei terzi pignorati citati e per mancata iscrizione a ruolo della procedura ex art. 164-ter c.p.c. nei quali il compenso non è dovuto;
  • a calcolare la percentuale del compenso sul valore del credito per cui si procede ovvero in caso di incapienza della dichiarazione di quantità nei limiti di quanto assegnato sulla sorte precettata, anche in caso di assegnazione di crediti periodici (stipendio/pensione, canoni di locazione).

Ccnl Commercio, firmato il rinnovo

Per settore terziario occorre risalire al 2019 per vedere l’ultimo accordo che si può prendere a riferimento. Proprio per questo è forte l’esigenza di una revisione sostanziale, sia dal punto di vista giuridico-normativo che dal punto di vista della busta paga e quindi economico. Questa spinta rinnovatrice è cominciata a dicembre 2022 in attesa del rinnovo in cui era stato siglato un accordo ponte sugli aspetti economici con aumenti in busta paga e una tantum 2023 valida per tutti i contratti del settore.

Ad oggi, il Ccnl decorre dal 1.04.2023 per la parte economica e dal 1.04.2024 per la parte normativa e scadrà il 31.03.2027. I punti salienti del rinnovo riguardano:

  • aggiornamento e revisione del sistema di classificazione del personale: in relazione alle assunzioni effettuate a decorrere dalla sottoscrizione dell’accordo del 22.03.2024, vengono introdotti nuovi profili professionali ed eliminati alcuni profili esistenti;
  • incremento minimi tabellari: sono ridefiniti gli importi dei minimi tabellari per livello e con diverse decorrenze. Gli importi al 1.04.2023 sono frutto dell’accordo del 12.12.2022;
  • una tantum: a integrazione di quanto stabilito in materia di acconto su futuri aumenti contrattuali del 2022 e a copertura della carenza contrattuale, viene corrisposto un importo forfettario una tantum pari a 350 euro in 2 tranche uguali con la retribuzione di luglio 2024 e luglio 2025;

Donazioni indirette e informali: la posizione della Cassazione

I giudici di legittimità, con la sentenza 20.03.2024, n. 7442, nell’ambito di un contenzioso che vedeva un contribuente contestare la tassazione, ai fini dell’imposta di donazione, relativa a somme di denaro ricevute da un parente nell’anno 2014, ed emerse nell’ambito della procedura c.d. “Voluntary disclosure”, hanno effettuato una completa disamina delle varie tipologie di donazioni.

In particolare, i giudici, partendo dalle disposizioni normative e dalla più recente giurisprudenza (Cassazione nn. 6077/2023 e 9780/2023) hanno innanzitutto suddiviso le donazioni in:

  • “dirette” o “formali”: che sorgono dalla stipula di atto pubblico;
  • “indirette” (anche se formali): che derivano da un atto giuridico o da un negozio unilaterale o da un contratto e provocano lo stesso effetto delle donazioni dirette e quindi l’arricchimento del patrimonio del beneficiario ed il depauperamento del patrimonio del donante. I giudici citano, a titolo di esempio, per tale fattispecie di donazione: il contratto a favore di terzo, l’accollo di debito altrui o la rinuncia ad un diritto;
  • “informali”: che consistono nell’esecuzione di un’attività materiale. I giudici citano, a titolo di esempio, per tale fattispecie di donazione: il trasferimento o la consegna di denaro o di strumenti finanziari. Anche in questo caso vi è la conseguenza dell’incremento del patrimonio del beneficiario e la diminuzione del patrimonio del donante.

Detraibili le spese per la ristrutturazione di un sottotetto

Il caso di specie trae origine da una cartella di pagamento emessa per ripresa a tassazione per indetraibilità dell’imposta Irpef per l’anno.

I giudici della Commissione tributaria provinciale ritenevano fondato il ricorso del contribuente in quanto l’intervento effettuato nel caso concreto non poteva essere qualificato quale ricostruzione e demolizione con ampliamento della volumetria preesistente. Interponeva appello la Direzione provinciale delle Entrate Ufficio 2 di Milano e il procedimento, dopo avere compiuto il proprio corso, giungeva all’esame dei giudici della Corte di giustizia tributaria di 2° grado della Regione Lombardia che la decidono con la sentenza 2.02.2024, n. 341.

La decisione che rigetta l’appello proposto dall’Amministrazione Finanziaria ritiene fondata la qualificazione dell’attività operata da parte dei giudici di primo grado. Il caso di specie riguardava, come correttamente accertato e deciso da parte dei giudici della Commissione tributaria provinciale, l’acquisto di un immobile proveniente da ristrutturazione compiuto direttamente da una impresa costruttrice e quindi con diritto in capo al privato di potere beneficiare della detrazione fiscale prevista dall’art. 16, c. 3 D.P.R. 917/1986 e dell’art. 63 Legge regionale Lombardia n. 12/2005.

Bonus formazione 4.0: le contestazioni del Fisco

L’art. 1, cc. 46-56 L. 27.12.2017, n. 205 (legge di Bilancio 2018) disciplina il credito d’imposta per gli investimenti effettuati dalle imprese ai fini della formazione del personale dipendente in tecnologie del Piano Nazionale Impresa 4.0, ovvero di sviluppo e consolidamento dei processi di innovazione tecnologica e digitali rientranti del c.d. paradigma “Industria 4.0”.

Le attività di formazione, per essere agevolabili, devono riferirsi agli ambiti specificatamente richiamati nella legge di Bilancio e devono essere pattuite attraverso contratti collettivi aziendali o territoriali. Quali sono, dunque, i controlli del Fisco e le relative contestazioni in merito al contenuto dei corsi di formazione ai fini dell’agevolazione?

Nel corso dei controlli, spesso, l’Agenzia contesta l’assoluta genericità degli argomenti trattati che si desumerebbe, secondo i verificatori, dalla scarna indicazione sui registri presenze. In realtà, tale censura appare inopportuna in quanto i documenti di prassi non forniscono un contenuto “tipo” dei registri presenze che, secondo quanto definito dalla Relazione illustrativa dell’art. 6, c. 3 D.M. 4.05.2018, devono limitarsi a riportare per ciascun giorno le ore impiegate nelle attività di formazione ammissibili.

Finanziamenti tra società residente e non residente: no tasso legale

La Corte di Cassazione con la sentenza n. 7421/2024 dapprima analizza la prescrizione dell’art. 89, c. 5 del Tuir, sulla base di un esame che prospetta un valore ermeneutico di portata generale e che, quindi, va oltre lo specifico caso in controversia, poi dirime la controversia in ordine al rapporto di specialità tra gli artt. 89, c. 5 e 110, c. 7 del Tuir in tema di transfer pricing tra società controllante residente e società collegate estere.

In ordine all’art. 89 del Tuir la Cassazione sottolinea come esso fissi la regola generale per la quale gli interessi attivi concorrono alla formazione del reddito d’impresa secondo la remunerazione pattuita tra le parti del contratto di finanziamento. Soltanto nel caso in cui la misura della remunerazione non sia pattuita in forma scritta, gli interessi attivi si computano al saggio legale, a norma del c. 5.

Ne deriva che ai fini della determinazione del tasso di interesse rilevante nell’ambito del reddito d’impresa assumono piena rilevanza le pattuizioni contrattuali purché risultanti per iscritto. Nel caso opposto, si presume, senza possibilità di fornire prova contraria, che il rapporto finanziario sia fruttifero sulla base del tasso di interesse legale.

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