Amministrazione e bilancio

18 Ottobre 2018

La società presta denaro agli amministratori: quali i rischi?

Autorizzazione del “prestito” e (eventuali) responsabilità per amministratori e soci – L’assemblea dei soci può deliberare l’erogazione di un prestito agli amministratori non essendoci alcuna norma ostativa alla concessione di finanziamenti a favore dell’organo gestionale.

Pertanto, i proprietari della società sono legittimati ad autorizzare i gestori all’assegnazione del prestito attestando nel verbale di assemblea (soggetto a imposta di registro in misura fissa) le condizioni che esulano dalla distrazione di fondi allorché si tratti di società in stato di dissesto. È quindi necessario che il contratto di prestito:

– rispetti le previsioni statutarie;

– presenti significative remunerazioni per la società in quanto oneroso e non realizzato a titolo gratuito;

– non determini i presupposti per eventuali contenziosi tributari in ordine al tasso di remunerazione applicato;

– non esponga la società a danni qualora questa debba rispondere per le garanzie prestate in favore degli amministratori o la mancata restituzione del finanziamento;

– non metta la società o i creditori o i terzi in difficoltà a causa della carenza di liquidità derivante dalla concessione del finanziamento;

– non appesantisca l’eventuale situazione di dissesto;

– venga registrata la delibera all’Agenzia delle Entrate e versata l’imposta fissa di registro.

Il finanziamento verso l’amministratore verrà presumibilmente contabilizzato come contropartita all’addebito del conto bancario aziendale nella voce crediti diversi” dell’attivo dello stato patrimoniale. Il credito verrà restituito dall’amministratore in funzione delle scadenze prefissate e la società addebiterà il fringe benefit rappresentato dalla differenza percentualizzata tra il tasso di interesse applicato e il saggio legale.

I possibili rischi di una delibera “inidonea – Se la delibera di concessione del finanziamento prescinde dalla verifica dei requisiti sopra esposti e in ipotesi di successiva apertura di un fallimento, in funzione dell’importo erogato, non possono essere escluse, anzi sono molto probabili, contestazioni dei creditori in ordine alla liceità dell’operazione di prestito agli amministratori.

È evidente che qualora il finanziamento venga qualificato quale attività di destabilizzazione del proprio patrimonio societario diretta a realizzare un’insolvenza, anche apparente, nei confronti dei creditori, si verificherebbero certamente i presupposti per l’applicazione, sia nei confronti dell’amministratore che riguardo ai soci solidalmente responsabili con l’amministratore nei confronti di eventuali danni a terzi, di ipotesi di bancarotta, che a seconda dell’elemento soggettivo-psicologico che le caratterizza può distinguersi in:

bancarotta fraudolenta (art. 216 R.D. n. 267/1942) che richiede il dolo specifico, inteso come coscienza e volontà di commettere il delitto, con l’intenzione di cagionare un danno alla massa creditizia;

bancarotta semplice (art. 217 R.D. 267/1942) che può essere integrata a titolo di dolo semplice o anche a titolo di colpa, vale a dire per imprudenza, negligenza, imperizia.

Le medesime contestazioni possono essere avanzate nei confronti dei componenti del collegio sindacale, se istituito, che sono responsabili con gli amministratori per i fatti o le omissioni di questi, quando il danno non si sarebbe prodotto se essi avessero vigilato in conformità degli obblighi della loro carica.

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