Sanzioni pesanti per l’omessa convocazione dell’assemblea

Esaminiamo le specifiche disposizioni sanzionatorie in caso di omessa convocazione dell’assemblea entro i termini previsti da parte degli amministratori o del Collegio sindacale, in caso di inadempienza degli amministratori. Ai sensi dell’art. 2631 c.c., amministratori e sindaci che omettono di convocare l’assemblea dei soci nei casi previsti dalla legge o dallo statuto, nei termini ivi previsti, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da 1.032 a 6.197 euro.


Tuttavia, ove la legge o lo statuto non prevedano espressamente un termine entro il quale effettuare la convocazione, questa si considera omessa allorché siano trascorsi 30 giorni dal momento in cui gli amministratori e i sindaci sono venuti a conoscenza del presupposto che obbliga alla convocazione dell’assemblea dei soci. Resta fermo che il potere di irrogare la sanzione amministrativa pecuniaria spetta alle competenti Camere di Commercio (circolare n. 72265/2014).

La tardività della convocazione, in ogni caso, non determina l’invalidità della delibera di approvazione del bilancio di esercizio. Sul punto, la Cassazione ha precisato che la delibera di approvazione del bilancio di una Spa “non è invalida” per esser stata adottata “dopo” la scadenza del termine di 120 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale, o del termine più lungo dalla chiusura fissato nell’atto costitutivo (Cassazione, ord. n. 7623/1997). Inoltre, per il Tribunale di Salerno (sent. 26.02.2008), la tardiva approvazione del bilancio rispetto al termine indicato dall’art. 2364 c.c. (nel caso, un ritardo di 25 giorni) esclude che gli amministratori abbiano compiuto “gravi irregolarità” nella gestione.
La sanzione amministrativa di cui sopra è aumentata di 1/3 in caso di convocazione a seguito di perdite o per effetto di espressa legittima richiesta dei soci.

Va puntualizzato, inoltre, che le sanzioni previste per l’omessa convocazione dell’assemblea “non sono cumulabili” con quelle previste dall’art. 2630 c.c. in materia di deposito del bilancio, in quanto si tratta di fattispecie ben distinte. Nel caso dell’omesso deposito del bilancio, infatti, è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria da 103 a 1.032 euro. Se il deposito avviene nei 30 giorni successivi alla scadenza, la sanzione amministrativa pecuniaria è ridotta a 1/3. Se si tratta di omesso deposito dei bilanci, la sanzione amministrativa pecuniaria è aumentata di 1/3.


Fermo restando gli aspetti sanzionatori riportati, è oggetto di azioni di responsabilità anche la condotta degli amministratori laddove si dimostri che il danno subito dalla società è strettamente connesso all’inadempimento dell’organo amministrativo. È noto, infatti, che la norma di cui all’art. 2476, c. 3 c.c. consente al socio la richiesta del provvedimento cautelare di revoca dell’amministratore ove questi si sia reso responsabile di “gravi irregolarità”, intese come violazioni di legge o di statuto anche solo potenzialmente foriere di danno per la società.

La norma individua il presupposto della revoca nella “inosservanza dei doveri” imposti all’amministratore “dalla legge o dall’atto costitutivo per l’amministrazione della società”: rientrano in tale ambito, oltre agli atti strettamente gestionali, anche quelli relativi al funzionamento dell’organizzazione societaria, tra cui il compimento degli adempimenti necessari per la convocazione dell’assemblea di approvazione del bilancio (Tribunale Milano, sent. 21.01.2016).

Riflessi sanzionatori si rilevano anche in caso di omessa relazione del collegio sindacale. In mancanza della relazione al bilancio del collegio sindacale, infatti, in dottrina e giurisprudenza si sono sviluppate differenti tesi circa l’effetto sulla delibera di approvazione del bilancio. Nello specifico, è stata prevista la mera annullabilità della delibera in caso di mancata redazione della relazione al bilancio da parte dell’organo di controllo (Tribunale Latina, sent. 23.03.2011), mentre in analoga fattispecie la delibera è stata ritenuta nulla (Corte d’Appello Milano, sentenza 26.05.1998).

Sicurezza del lavoro a bordo navi e pescherecci, problema non risolto

Ricordiamo che in precedenza la competenza dei funzionari dell’Ispettorato Nazionale era sì esistente, ma limitata ad alcuni ambiti (cantieri edili soprattutto, ma non solo); dal 2021, la competenza dell’Ispettorato è ritornata generale, seppur in concorrenza con i tecnici della prevenzione delle ATS.
Rimane un problema di fondo da risolvere, che non è solo di competenza di controlli in ambito marittimo, ma anche anzi forse soprattutto di coordinamento delle norme che regolano la sicurezza dei lavoratori a bordo. Infatti, D.Lgs. 81/2008, non ha abrogato nessuna delle norme seguenti:

  • D.Lgs. 27.07.1999, n. 271 – Attività lavorative a bordo delle navi;
  • D.Lgs. 27.07.1999, n. 272 – Attività lavorative in ambito portuale;
  • D.Lgs. 17.08.1999, n. 298 – Settore delle navi da pesca.

Le previsioni di legge sopra citate hanno sostanziali differenze rispetto alla normativa più generale: non sfuggirà, in particolare sui pescherecci, la realtà operativa dinamica e la strumentazione di lavoro assimilabile a quella di un cantiere edile. Di fatto, però, si è ancora in attesa del necessario riordino della normativa indicata, ma soprattutto c’è da definire la competenza alle verifiche ispettive tecniche, sia a bordo, sia nelle aree di terra, comprese le operazioni sempre piuttosto articolate di carico e scarico, piuttosto differenti tra di loro (containers, rinfuse ecc.).

Congedo parentale: operative le misure della legge di Bilancio 2024

La legge di Bilancio 2024 ha previsto all’art. 1, c. 179 un nuovo intervento in materia di congedo parentale: richiamando l’art. 34, c. 1, primo periodo D.Lgs. 151/2001 (Testo Unico a sostegno della genitorialità), dispone una misura che incentiva l’accesso dei genitori (alternativamente fra loro) ai periodi di congedo, rendendolo maggiormente appetibile dal punto di vista economico.

In base alle nuove previsioni normative, i genitori che fruiscono alternativamente del congedo parentale, in aggiunta all’attuale previsione di un’indennità pari dell’80% della retribuzione per un mese, hanno diritto al riconoscimento di un’indennità pari al 60% per un ulteriore mese; questa misura trova applicazione entro i 6 anni di vita del bambino e sostituisce la percentuale del 30%, prevista dalla normativa originaria.

La misura, che ha carattere strutturale, è interessata anche da una misura transitoria, valevole solo per l’anno 2024: la percentuale del 60% infatti per il 2024 è elevata all’80%, garantendo, quindi, 2 mesi di congedo parentali indennizzati alle medesime condizioni economiche del congedo obbligatorio.
La misura, che non interviene sulla durata complessiva del congedo (confermata nella misura massima di 9 mesi quale sommatoria del congedo garantito a entrambi i genitori, elevata a 10 o 11 mesi in funzione di determinate condizioni), ma solo sull’indennizzo economico, pone di fronte a nuovi scenari.

Con la circolare n. 57/2024, l’Inps interviene sul tema, condividendo le istruzioni operative per la fruizione della nuova percentuale del 60% dedicata al secondo mese di congedo parentale, elevata all’80% per l’anno 2024.

Nello specifico, condividendo anche 7 esempi operativi, l’Istituto specifica che il congedo parentale è indennizzabile in misura maggiorata (come previsto dalle leggi di Bilancio rispettivamente per l’anno 2023 e per l’anno 2024) anche nei casi in cui il congedo di maternità termini successivamente al 31.12.2022 o al 31.12.2023, per effetto dei periodi di interdizione prorogata dopo il parto disposti dall’Ispettorato Territoriale del Lavoro; pertanto, la previsione normativa della legge di Bilancio 2024 interessa esclusivamente i genitori che terminano (anche per un solo giorno) il congedo di maternità o, in alternativa, di paternità successivamente al 31.12.2023.

L’Istituto precisa, inoltre, che la previsione contenuta nell’art. 1, c. 179 della legge di Bilancio 2024 non è una condizione per il diritto all’elevazione dell’indennità di congedo parentale per un mese ulteriore, bensì un termine iniziale di decorrenza della nuova disposizione. Pertanto, nel caso di figlio nato a partire dal 1.01.2024, il diritto all’elevazione per un ulteriore mese dell’indennità di congedo parentale dal 30% all’80% della retribuzione per il 2024 (al 60% a partire dal 1.01.2025) spetta a prescindere dalla fruizione del congedo di maternità o di paternità, purché sussista un rapporto di lavoro dipendente al momento della fruizione. Lo stesso criterio opera nel caso di figli nati a partire dal 1.01.2023 in relazione a quanto previsto dall’art. 1, c. 359 della legge di Bilancio 2023.

Si ricorda che le disposizioni previste nel D.Lgs. 151/2001 costituiscono la tutela minima del congedo parentale che la legge riconosce ai genitori. La stessa legge consente il riconoscimento di condizioni di maggiore favore stabilite da leggi, regolamenti, contratti collettivi e da ogni altra disposizione (art. 1 D.Lgs. 151/2001); ne consegue una piena compatibilità tra l’elevazione dell’indennità di congedo parentale ed eventuali trattamenti di maggiore favore previsti da leggi, regolamenti, contratti collettivi e ogni altra disposizione. Detti trattamenti non possono, al contrario, limitare la fruizione dell’indennità di congedo parentale così come prevista nel novellato art. 34 D.Lgs. 151/2001.

L’istituto, da ultimo, ricorda che i genitori dovranno presentare la domanda in modalità esclusivamente telematica con le consuete modalità e a tal proposito giova ricordare che, a oggi, la domanda telematica non permette di dichiarare se l’altro genitore ha già fruito o meno (in tutto o in parte) della misura maggiorativa prevista dalle leggi di Bilancio per l’anno 2023 e 2024; pertanto, sarà necessario che il lavoratore fornisca apposita dichiarazione al datore di lavoro, così che lo stesso possa operare correttamente il conguaglio dei periodi in busta paga.

L’Inps fornisce inoltre i nuovi codici per l’indicazione in modello UniEmens dei periodi di conguaglio, definendo il codice PG2 per i conguagli orari e PG3 per i conguagli giornalieri, confermando che tali codici, legati al codice conguaglio L330, devono essere utilizzati a partire dal mese di competenza gennaio 2024.
Per i datori di lavoro che utilizzano il calendario differito, l’obbligo delle nuove codifiche decorre dai flussi UniEmens di competenza febbraio 2024 (cedolini di febbraio 2024 elaborati con gli eventi di competenza gennaio 2024).
Per quanto attiene gli eventi già denunciati con i codici evento e quelli a conguaglio già in uso e ricadenti nel periodo di competenza gennaio, febbraio e marzo 2024, i datori di lavoro devono procedere alla restituzione della prestazione già conguagliata al 30% e, contestualmente, provvedere a conguagliare la prestazione nella misura dell’80% della retribuzione. Per la restituzione della prestazione indennizzata nella misura del 30% della retribuzione già conguagliata, i datori di lavoro devono utilizzare il codice già in uso “M047”. Tale sistemazione può essere effettuata sui flussi di competenza da aprile 2024 a giugno 2024.
I datori di lavoro che hanno sospeso o cessato l’attività, ai fini del corretto assolvimento dell’obbligo contributivo, devono avvalersi della procedura delle regolarizzazioni contributive (UniEmens/VIG) con riferimento all’ultimo mese di attività dell’azienda.

Imposta di registro, estensione del giudicato sul ricorso del notaio

Su di un contratto di affitto d’azienda, su cui era stata correttamente applicata l’imposta di registro in misura fissa di 200 euro, l’Agenzia delle Entrate, ritenendo di dover applicare l’imposta proporzionale dell’1%, ha emesso l’avviso di accertamento, atteso che, secondo le motivazioni esplicitate nel medesimo, alla locazione di azienda con immobili si applica il regime di tassazione proporzionale, poiché nel contratto non v’è la dichiarazione prevista dalla legge in ordine al valore dell’immobile.

Pertanto, sempre secondo l’Agenzia delle Entrate, deve applicarsi l’imposta proporzionale di registro nella misura dell’1% prevista per le locazioni immobiliari, anziché il regime previsto per gli affitti di azienda, ai sensi dell’istituto antielusivo disciplinato dall’art. 35, c. 10-quater D.L. 223/2006.

La decisione rassegnata dai Giudici di prime cure, favorevole al notaio rogante e passata in giudicato per mancata impugnazione, si era fondata sulla questione centrale e preponderante del ricorso proposto, ovvero sul principio, ex art. 2697 c.c., secondo cui è la parte attrice in senso sostanziale, ossia l’Ufficio, a essere onerata della dimostrazione dei fatti costitutivi del credito vantato tramite l’atto impositivo.

La strada per Olduvai

Con un volume maggiore di credito, i consumatori spendono di più e di conseguenza i guadagni delle imprese fanno altrettanto. Le aziende in queste condizioni di “benessere” assumono, comprano un maggior volume di materie prime ed espandono la produzione. In questo modo pagano anche più tasse e i governi degli Stati in cui operano hanno più soldi da spendere.

Nel frattempo, i prezzi dei beni e servizi tendono ad aumentare. Comunque, arriva prima o poi il giorno in cui il credito ferma la sua espansione e allora incomincia la depressione. Con queste parole l’economista americano Richard Duncan si esprime in relazione alle ragioni ed ai processi che hanno contribuito a determinare lo stato economico attuale del sistema mondiale.

Facendo un passo indietro, dalla metà degli anni Settanta i progressi tecnologici nel campo dell’informatica, la progressiva deregolamentazione unita alla creazione di nuovi strumenti finanziari, il conseguente aumento della liquidità nell’economia internazionale, accanto all’aumento del prezzo del petrolio, hanno prodotto un rafforzamento del ruolo della finanza internazionale all’interno del sistema economico, ponendo il credito in posizione dominante rispetto agli altri fattori determinanti.

Viaggiano online le dichiarazioni di successione

Il Consiglio dei Ministri ha approvato in via preliminare lo scorso 9.04.2024 un decreto legislativo che, in attuazione della legge delega sulla riforma fiscale (L. 9.08.2023, n. 111) introduce disposizioni per la razionalizzazione dell’imposta di registro, dell’imposta sulle successioni e donazioni, dell’imposta di bollo e degli altri tributi indiretti diversi dall’Iva.

Nel Testo unico sulle successioni e donazioni si inseriscono le aliquote e le franchigie della relativa imposta. Inoltre, si elimina nel testo normativo il riferimento all’istituto dell’affiliazione e si chiarisce che, ai fini dell’imposta sulle successioni e donazioni, sono considerati parenti in linea retta anche gli affilianti e gli affiliati.
Per quanto riguarda trust e liberalità d’uso, si stabilisce che:

  • l’imposta sulle successioni e sulle donazioni viene estesa ai trasferimenti derivanti da trust;
  • l’imposta è esclusa esplicitamente per le liberalità d’uso;
  • le franchigie e le aliquote d’imposta applicabili dipendono dal valore dei beni e dal rapporto di coniugio o di parentela tra disponente e beneficiario all’atto del trasferimento;

Come rendere operativo il piano di marketing

Non esiste un approccio al marketing universalmente valido, ma esistono alcuni accorgimenti pratici per trasformare le idee di marketing in azioni concrete. Vediamo alcuni esempi.

“Non gettare il bambino con l’acqua sporca” – Sembra impossibile, ma a volte le aziende sono disposte a convivere con metodi non funzionanti. Le migliori strategie di marketing iniziano con la consapevolezza di cosa dà risultati e cosa non funziona. Alcuni sono convinti che sollecitare il mercato con prezzi più bassi rispetto a quelli della concorrenza, avvicinerà diversi clienti. Magari inizialmente le persone accettano la proposta, salvo poi andarsene quando constatano che per un servizio davvero completo devono spendere soldi extra.


Un prezzo basso rappresenta difficilmente un elemento di forte differenziazione, avvicina un target di soggetti poco desiderabile (magari già scartato dai concorrenti) e scoraggia quelli disposti a pagare bene in cambio di un servizio eccellente. L’analisi potrebbe inoltre fare scoprire che si sta ambendo a un segmento di mercato inadeguato o che i messaggi non hanno un forte carattere differenziante, finendo per diffondere un’identità aziendale sbiadita.

Puntare sull’originalità – Alcune aziende non raggiungono il successo perché non fanno nulla per emergere. Il posizionamento comunica indirettamente l’elemento distintivo al pubblico, affinché percepisca il valore dell’offerta.

Società di capitali, responsabilità civile dell’organo di controllo

Il presidente del Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili (comunicato 9.04.2024) ha espresso soddisfazione per il via libera della II Commissione Giustizia della Camera alla proposta di legge presentata il 4.07.2023 (AC 1276) per la modifica dell’art. 2407 c.c., al fine di introdurre tetti massimi predefiniti alla responsabilità dei componenti degli organi di controllo e fiducia che l’iter parlamentare della proposta possa essere rapido.

Per anni il CNDCEC si è impegnato per raggiungere questo traguardo storico per l’intera professione, presentando già nel 2022 al Ministro della Giustizia un’istanza per la revisione della responsabilità civile ascrivibile ai componenti degli organi di controllo e l’apertura di un tavolo tecnico di confronto per definire una revisione normativa che introduca una migliore delimitazione della responsabilità di tali organi e una soluzione per una determinazione quantitativa al danno risarcibile.

Più recentemente, lo scorso marzo, così come altri organismi di rappresentanza istituzionale (Consiglio Nazionale Forense, Associazione Italiana Giovani Avvocati, Consiglio Nazionale del Notariato), anche il CNDCEC ha partecipato informalmente all’audizione dalla II Commissione e ha espresso condivisione sul contenuto della proposta.

Sentenze, la legge richiede che la motivazione non sia apparente

Sullo specifico tema si rappresenta che, in seguito alla riformulazione dell’art. 360, c. 1, n. 5 c.p.c. disposta dall’art. 54 D.L. 83/2012, non risultano essere più ammissibili nel ricorso per Cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, c. 6 della Costituzione, che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili, o risulti perplessa e obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (in tal preciso senso Cass., Sez. I, 3.03.2022, n. 7090).

In particolare, ricorre il vizio di motivazione apparente della sentenza quando essa, nonostante risulti graficamente esistente, non renda, tuttavia, percepibile il fondamento della decisione, perché recante argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere il ragionamento seguito dal giudice per la formazione del proprio convincimento, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche, congetture (Cass., Sez. V, n. 21127/2021).

Bilanci 2023: ultime verifiche

Ultime verifiche in vista della chiusura e approvazione dei bilanci 2023. Nello specifico ci sono alcuni aspetti che gli operatori dovranno attenzionare con particolare cura. Fra questi, un occhio di riguardo deve essere posto alla presenza di perdite pregresse soggette a rinvio ai sensi delle disposizioni emergenziali alle quali potrebbe sommarsi la perdita dell’esercizio 2023. E ancora, i riflessi in bilancio sulla possibilità di adeguare l’importo delle esistenze inziali di magazzino prevista dalla legge di Bilancio 2024, nonché la necessità di valutare l’impatto sul bilancio della nuova normativa sulla crisi d’impresa e sugli adeguati assetti amministrativi, organizzativi e contabili di cui all’art. 2086 c.c.

Non c’è dubbio alcuno che il tema delle perdite relative agli esercizi 2020, 2021 e 2022 soggette a rinvio ai sensi delle disposizioni emergenziali risulta il problema più rilevante da affrontare nel caso in cui, anche l’esercizio 2023, dovesse chiudere con una perdita d’esercizio. In questa situazione, si dovrebbe, infatti, stabilire quale sia la corretta applicazione delle norme civilistiche che presidiano il capitale sociale stante il fatto che, per il 2023, non sono più in essere le suddette misure emergenziali.
A tale proposito esistono posizioni interpretative di segno diametralmente opposto:

  • la prima è quella espressa dal Comitato Triveneto dei Notai (Massima T.A.1), secondo la quale il rinvio, sino al 5° esercizio successivo, previsto dall’art. 6 D.L. 23/2020 riguarda le “perdite d’esercizio” interessate (relative agli esercizi 2020, 2021 e/o 2022) nella loro interezza, così come risultanti dal conto economico, a prescindere dall’eventuale esistenza di riserve di patrimonio netto in grado di ridurre tali perdite;
  • la seconda è quella contenuta nel parere del Consiglio Nazionale del Notariato (Studio n. 88-2021/I), secondo la quale, al contrario, le perdite oggetto di sospensione sono soltanto quelle che incidono sul capitale sociale e, quindi, non nella loro totalità, ma al netto delle riserve di patrimonio netto.

Ovvio che propendere per l’una o per l’altra soluzione sposterà, di molto, la garanzia costituita dal capitale sociale.

Inoltre, nel caso in cui la società dovesse decidere di ricorrere alla possibilità di adeguare, in aumento o in diminuzione, le rimanenze iniziali al 1.01.2023 versando un’imposta sostitutiva, sarà necessario soffermarsi a valutare gli effetti indiretti di una tale scelta. Qualora l’adeguamento fosse fatto per importi rilevanti e significativi, al di là delle protezioni offerte dalla legge di Bilancio 2024, il rischio è di trovarsi in difficoltà con alcuni interlocutori privilegiati della società in relazione alle risultanze del bilancio 2022.

Un’ultima considerazione deve essere fatta rispetto alla crisi d’impresa e al tema dei c.d. adeguati assetti. Né il Codice Civile né la riforma della crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019) prevedono espressamente a carico delle società specifici obblighi informativi che impongano agli amministratori di dare conto nella relazione sulla gestione o nella nota integrativa, dell’attuazione, o meno, degli adeguati assetti amministrativi o delle altre previsioni contenute nel nuovo Codice della crisi (es. presenza o meno di segnalazioni qualificate).

Questo non esclude, tuttavia, la possibilità di dare comunque, adeguandosi alle proposte che molti software di redazione del bilancio contengono, un’informazione ai terzi circa il rispetto della disciplina civilistica e concorsuale degli adeguati assetti, assumendone le relative responsabilità circa l’effettiva adeguatezza e il concreto funzionamento degli stessi.

C.F e P.IVA: 01392340202 · Reg.Imp. di Mantova: n. 01392340202 · Capitale sociale € 210.400 i.v. · Codice destinatario: M5UXCR1

© 2024 Tutti i diritti riservati · Centro Studi Castelli Srl · Privacy · Cookie · Credits