Bilanci 2023: ultime verifiche

Ultime verifiche in vista della chiusura e approvazione dei bilanci 2023. Nello specifico ci sono alcuni aspetti che gli operatori dovranno attenzionare con particolare cura. Fra questi, un occhio di riguardo deve essere posto alla presenza di perdite pregresse soggette a rinvio ai sensi delle disposizioni emergenziali alle quali potrebbe sommarsi la perdita dell’esercizio 2023. E ancora, i riflessi in bilancio sulla possibilità di adeguare l’importo delle esistenze inziali di magazzino prevista dalla legge di Bilancio 2024, nonché la necessità di valutare l’impatto sul bilancio della nuova normativa sulla crisi d’impresa e sugli adeguati assetti amministrativi, organizzativi e contabili di cui all’art. 2086 c.c.

Non c’è dubbio alcuno che il tema delle perdite relative agli esercizi 2020, 2021 e 2022 soggette a rinvio ai sensi delle disposizioni emergenziali risulta il problema più rilevante da affrontare nel caso in cui, anche l’esercizio 2023, dovesse chiudere con una perdita d’esercizio. In questa situazione, si dovrebbe, infatti, stabilire quale sia la corretta applicazione delle norme civilistiche che presidiano il capitale sociale stante il fatto che, per il 2023, non sono più in essere le suddette misure emergenziali.
A tale proposito esistono posizioni interpretative di segno diametralmente opposto:

  • la prima è quella espressa dal Comitato Triveneto dei Notai (Massima T.A.1), secondo la quale il rinvio, sino al 5° esercizio successivo, previsto dall’art. 6 D.L. 23/2020 riguarda le “perdite d’esercizio” interessate (relative agli esercizi 2020, 2021 e/o 2022) nella loro interezza, così come risultanti dal conto economico, a prescindere dall’eventuale esistenza di riserve di patrimonio netto in grado di ridurre tali perdite;
  • la seconda è quella contenuta nel parere del Consiglio Nazionale del Notariato (Studio n. 88-2021/I), secondo la quale, al contrario, le perdite oggetto di sospensione sono soltanto quelle che incidono sul capitale sociale e, quindi, non nella loro totalità, ma al netto delle riserve di patrimonio netto.

Ovvio che propendere per l’una o per l’altra soluzione sposterà, di molto, la garanzia costituita dal capitale sociale.

Inoltre, nel caso in cui la società dovesse decidere di ricorrere alla possibilità di adeguare, in aumento o in diminuzione, le rimanenze iniziali al 1.01.2023 versando un’imposta sostitutiva, sarà necessario soffermarsi a valutare gli effetti indiretti di una tale scelta. Qualora l’adeguamento fosse fatto per importi rilevanti e significativi, al di là delle protezioni offerte dalla legge di Bilancio 2024, il rischio è di trovarsi in difficoltà con alcuni interlocutori privilegiati della società in relazione alle risultanze del bilancio 2022.

Un’ultima considerazione deve essere fatta rispetto alla crisi d’impresa e al tema dei c.d. adeguati assetti. Né il Codice Civile né la riforma della crisi d’impresa (D.Lgs. 14/2019) prevedono espressamente a carico delle società specifici obblighi informativi che impongano agli amministratori di dare conto nella relazione sulla gestione o nella nota integrativa, dell’attuazione, o meno, degli adeguati assetti amministrativi o delle altre previsioni contenute nel nuovo Codice della crisi (es. presenza o meno di segnalazioni qualificate).

Questo non esclude, tuttavia, la possibilità di dare comunque, adeguandosi alle proposte che molti software di redazione del bilancio contengono, un’informazione ai terzi circa il rispetto della disciplina civilistica e concorsuale degli adeguati assetti, assumendone le relative responsabilità circa l’effettiva adeguatezza e il concreto funzionamento degli stessi.

Decreto Anziani 2024: salute e sicurezza in ambiente di lavoro

Il D.Lgs. 29/2024 (cosiddetto decreto Anziani) reca disposizioni in materia di politiche in favore delle persone anziane, volte a promuovere la dignità e l’autonomia, l’inclusione sociale, l’invecchiamento attivo e la prevenzione della fragilità della popolazione over 65.

Con riferimento ai lavoratori anziani, la promozione della salute e dell’invecchiamento sano e dignitoso transita anche dalla cultura della prevenzione e protezione nei luoghi di lavoro. In questo senso l’art. 5 del Decreto che attiene all’occupazione degli anziani richiama all’attenzione del datore di lavoro gli obblighi previsti dalla normativa generale sulla valutazione dei fattori di rischio nei luoghi di lavoro e sulla sorveglianza sanitaria. Importanti, infatti, sono il:

  • Modello Work Health Promotion (WHP);
  • indicazioni contenute nel Piano nazionale della prevenzione (PNP).

La finalità è quella di trasformare l’ambiente di lavoro, mediante idonei cambiamenti organizzativi, in un luogo adatto anche alle persone anziane.

Determinazione del valore in dogana e decisioni IVVD

Le autorità doganali possono adottare decisioni relative a informazioni tariffarie vincolanti (decisioni ITV) e decisioni relative a informazioni vincolanti in materia di origine (decisioni IVO); in particolare, quest’ultime devono essere indicate nella dichiarazione doganale (casella 44, codice C627, identificativo: numero IVO), in quanto vincolanti sia per l’operatore che per gli uffici delle Dogane. Le autorità doganali possono adottare, su domanda, decisioni relative a informazioni vincolanti per quanto riguarda altri fattori come, ad esempio, il valore in dogana delle merci (ai sensi dell’art. 35 regolamento (UE) n. 952/2013). Le decisioni relative alle informazioni vincolanti in materia di determinazione del valore in dogana (decisioni IVVD) possono essere introdotte nella normativa doganale al fine di aumentare la trasparenza, la certezza del diritto, la conformità e l’uniformità della determinazione del valore in dogana, a beneficio degli operatori economici, delle autorità doganali e degli interessi finanziari dell’Unione.

Con il regolamento delegato (UE) 2024/1072 della Commissione del 25.01.2024, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale UE del 15.04.2024, in vigore dal 1.12.2027, vengono introdotte le decisioni relative a informazioni vincolanti nel contesto della determinazione del valore in dogana (modificando il regolamento delegato UE 2015/2446). Si ricorda che tale informazione è di fondamentale importanza per la determinazione della base imponibile utilizzata ai fini doganali; avvalersi di tali decisioni può aiutare gli operatori a prevenire contestazioni (e conseguente ricalcolo) del valore dichiarato ai fini doganali.

Le decisioni relative alle informazioni vincolanti in materia di determinazione del valore in dogana (decisioni IVVD) precisano il metodo o i criteri appropriati di valutazione doganale, nonché la relativa applicazione, per la determinazione del valore in dogana di merci in circostanze particolari.
Le decisioni IVVD sono vincolanti soltanto per quanto riguarda la determinazione del valore in dogana delle merci:

  • per le autorità doganali, nei confronti del destinatario della decisione, in relazione alle merci per le quali le formalità doganali sono espletate dopo la data a decorrere dalla quale la decisione prende effetto;
  • per il destinatario della decisione, nei confronti delle autorità doganali, a decorrere dalla data in cui riceve, o si ritiene che abbia ricevuto, notifica della decisione.

Le stesse sono valide per un periodo di 3 anni a decorrere dalla data dalla quale le stesse prendono effetto. La domanda può non essere accettata in uno dei seguenti casi:

  • se è presentata o sia già stata presentata presso lo stesso o un altro ufficio doganale, dal o per conto del destinatario di una decisione relativa a merci alle stesse condizioni che determinano il valore in dogana;
  • se non si riferisce a un qualsiasi uso previsto della decisione IVVD o a un qualsiasi uso previsto di un regime doganale.

Una decisione IVVD cessa di essere valida prima dello scadere del periodo se l’adozione di un atto dell’Unione giuridicamente vincolante rende la decisione IVVD non conforme a detto atto, a decorrere dalla data di applicazione dello stesso.

Linee guida per le SPV – Società veicolo di cartolarizzazione 

L’art. 106 del TUB prevede che gli intermediari finanziari regolarmente iscritti presso l’albo possono:

  • emettere moneta elettronica e prestare servizi di pagamento;
  • prestare servizi di investimento se autorizzati ai sensi dell’art. 18, c. 3 D.Lgs. 24.02.1998, n. 58;
  • esercitare le altre attività a loro eventualmente consentite dalla legge, nonché attività connesse o strumentali, nel rispetto delle disposizioni dettate dalla Banca d’Italia.

È, infine, riservata al Ministro dell’Economia e delle Finanze, la facoltà, sentita la Banca d’Italia, di specificare il contenuto delle attività di concessione di finanziamenti. In linea di massima, la ratio dell’assoggettamento a vigilanza dei soggetti che esercitano attività di recupero di crediti cartolarizzati conduce a ritenere che l’obbligo di iscrizione all’albo sia valido e vincolante per tutti i soggetti che svolgono materialmente le attività di recupero.

Nella prassi, tuttavia, si è registrata la tendenza dei servicer ad affidare a loro volta le mere attività di recupero a mandatarie che operano quindi pur non essendo iscritte all’albo ex art. 106 del TUB.

Stress sul luogo di lavoro: il datore di lavoro ne è responsabile

Sono molte le sentenze in materia di stress sul luogo di lavoro che si sono succedute nel tempo, soprattutto correlate a situazioni di mobbing o legate ad atteggiamenti vessatori (straining). Ma recentemente una pronuncia della Cassazione (sent. 19.01.2024, n. 2084) merita a mio parere una riflessione più attenta in quanto stabilisce che, affinché il dipendente maturi il diritto ad un risarcimento, è sufficiente che il datore di lavoro tolleri condizioni di lavoro stressogene oppure adotti delle condotte favorevoli alla creazione di un ambiente logorante e produttivo di ansia, tali da generare un pregiudizio per la salute.

È utile ricordare che, tra i doveri del datore di lavoro, la salvaguardia della sicurezza e dell’integrità del dipendente ha un ruolo prioritario. Lo stabilisce l’art. 2087 c.c. quando impone al datore di lavoro di “tutelare l’integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro” ma anche l’art. 28 D.Lgs. 81/2008 che lo obbliga a valutare tutti i rischi dell’ambiente di lavoro, compresi quelli legati allo stress da lavoro correlato.

Uno sguardo va anche alla sentenza del Tribunale di Padova 6.03.2024, n. 171, in cui viene accertata la responsabilità datoriale nel rischio da stress causato dall’orario di lavoro straordinariooltre il limite previsto dalla legge e dai CCNL. Come noto, il D.Lgs. 66/2003 autorizza il ricorso ad ore di lavoro straordinario nel limite massimo di “solo” 250 ore per anno solare.

Regime forfetario nelle operazioni con l’estero

È possibile che un soggetto in regime forfetario (art. 1, c. 58, L. 190/2014) si trovi a intrattenere rapporti con soggetti residenti in uno Stato estero europeo o extra-UE. In tal caso occorre porre particolare attenzione alla modalità di fatturazione che è appunto peculiare in tali rapporti.

Cessione di beni a soggetti Partita Iva UE – È equiparata a una cessione interna; pertanto, la fattura viene emessa senza Iva, non si dovranno compilare i modelli Intrastat e non è necessaria l’iscrizione al VIES. Occorre indicare, oltre alla dicitura tipica di chi opera nel regime forfetario, anche la seguente frase: “pertanto non costituisce cessione intracomunitaria ai sensi dell’art. 41, c. 2-bis D.L. 331/1993”.

Acquisti di beni da soggetti Partita Iva UE – Se l’acquirente forfetario non supera 10.000 euro di acquisti (nell’anno X-1 e nell’anno X), l’acquisto non è considerato comunitario. Il forfetario viene trattato come un consumatore finale privato: viene esposta l’Iva del cedente estero in fattura, non si devono compilare gli Intrastat, né essere iscritti al VIES

Obbligo di adottare ragionevoli adattamenti per assumere il disabile

Nel caso affrontato, il lavoratore, regolarmente iscritto alle liste di collocamento obbligatorio, ricorre giudizialmente a seguito del rifiuto di procedere all’assunzione da parte dell’Azienda Ospedaliera; alla base di tale scelta vi era il giudizio di inidoneità alla mansione di OSS. Il Tribunale, previo espletamento del consulente tecnico d’ufficio (c.t.u.) medico-legale, accoglieva parzialmente il ricorso e dichiarava illegittimo il rifiuto dell’Azienda Sanitaria Provinciale di stipulare il contratto di lavoro a conclusione dell’iter di avviamento obbligatorio e condannandola al risarcimento del danno.

La Corte d’Appello, cui il lavoratore aveva fatto ricorso a seguito della mancata adozione del dictum costitutivo del rapporto di pubblico impiego ex art. 2932 c.c., rigettava la richiesta del lavoratore e, col presupposto che l’assunzione sebbene fosse obbligatoria non poteva ritenersi automatica, richiedeva l’intervento della volontà delle parti ai fini della concreta specificazione del contenuto del contratto in ordine a mansioni, retribuzione e qualifica.

La stessa Corte aveva ritenuto di non poter imporre, a norma dell’art. 2932 c.c., l’assunzione del lavoratore disabile da parte dell’azienda ospedaliera tanto più che dalle risultanze della c.t.u. medica emergeva che l’uso di strumentazione e le mansioni a diretto contatto con gli ammalati erano necessariamente inibite al ricorrente anche al fine di salvaguardare la sua stessa salute.
Avverso tale decisione il lavoratore proponeva ricorso per Cassazione.

Omessa nomina dell’organo di controllo e riflessi sul bilancio

La dottrina e la giurisprudenza si sono frequentemente pronunciate sui possibili effetti sul bilancio di esercizio nell’ipotesi di omessa nomina dell’organo di controllo. Si ricorda, in via preliminare, che l’art. 2477 c.c. specifica espressamente i presupposti in presenza dei quali tale nomina deve essere effettuata. Si tratta della fattispecie delle società che redigono il bilancio consolidato o che controllano altre società già dotate dell’organo di controllo o, ai fini che qui rilevano, dei parametri superati i quali occorre istituire l’organo di controllo, ossia quando, per almeno due esercizi consecutivi, sia superato almeno uno dei seguenti limiti:

  • 4.000.000 di attivo dello stato patrimoniale (al netto delle poste rettificative);
  • 4.000.000 di ricavi delle vendite e delle prestazioni;
  • 20 dipendenti (espressi in unità ULA) mediamente impiegati nell’esercizio.

Si rileva, al riguardo, che non è richiesto che lo stesso limite sia superato per due esercizi: in altri termini, potrebbe verificarsi, esemplificando, che nel 2022 la società abbia realizzato solo ricavi oltre soglia, restando al di sotto per gli altri due parametri e, nel 2023, il superamento abbia riguardato i soli dipendenti, e non anche i ricavi e il valore dell’attivo. In questo caso, benché uno solo dei limiti sia risultato “eccedente” per singolo anno, in ogni esercizio è avvenuto lo “splafonamento” di almeno una singola voce e, per l’effetto, corre l’obbligo di nomina dell’organo di controllo.

Espulsione amministrativa disposta dal prefetto

L’art. 13, c. 2 del Testo Unico sull’Immigrazione (D.Lgs. 286/1998) riconosce al Prefetto il potere di adottare un provvedimento espulsivo nei confronti dello straniero immigrato che:

  • è entrato nel territorio dello Stato sottraendosi ai controlli di frontiera;
  • si è trattenuto irregolarmente nel territorio dello Stato in assenza della comunicazione ex art. 27, c. 1-bis (è la comunicazione rilasciata dal committente, in luogo del nulla-osta al lavoro, nei casi di distacco di lavoratori stranieri nel nostro Paese) oppure in tutti i casi di violazione delle norme in materia di permesso di soggiorno;
  • è stato giudicato socialmente pericoloso, in quanto dedito ad attività delittuose o indiziato di appartenere ad associazione mafiosa.

Tale misura amministrativa è stata ritenuta legittima dalla Corte Costituzionale poiché preordinata ad assicurare una razionale gestione dei flussi di immigrazione; tuttavia, è necessaria la presenza di alcune condizioni legittimanti come la conformità alle norme sui divieti di espulsione, l’indicazione dei mezzi di impugnazione e la traduzione del provvedimento nella lingua effettivamente conosciuta dall’interessato.

Operatività della rettifica dell’Iva da pro-rata temporis

Sul piano operativo sono essenzialmente i cc. 4 e 8 dell’art. 19-bis2 D.P.R. 633/1972 a coordinare i meccanismi di rettifica Iva da pro-rata temporis. Più specificamente è il comma 4 a governare le peculiarità del meccanismo di rettifica dell’Iva, dal momento che il successivo comma 8 raccorda testualmente l’intero novero delle disposizioni dell’art. 19 bis2, riferite ai beni ammortizzabili in genere, anche ai beni immobili.

Il citato comma 4 così declina letteralmente il meccanismo di correzione dell’Iva originariamente detratta: “Se l’anno o gli anni di acquisto o di produzione del bene ammortizzabile non coincidono con quello della sua entrata in funzione, la prima rettifica è eseguita per tutta l’imposta relativa al bene, in base alla percentuale di detrazione definitiva di quest’ultimo anno, anche se lo scostamento non è superiore a 10 punti percentuali”.

Tale norma configura una chiara similitudine del meccanismo del pro-rata con il principio della competenza, seppure con la manifesta deviazione rispetto all’autentica competenza economica che rileva nel comparto delle imposte sui redditi, dovuta a un periodo temporale di consumo del bene strumentale legislativamente predefinito e sempre incapsulato in 5 anni (quello dell’entrata in funzione e i 4 anni successivi).

C.F e P.IVA: 01392340202 · Reg.Imp. di Mantova: n. 01392340202 · Capitale sociale € 210.400 i.v. · Codice destinatario: M5UXCR1

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