Diritto privato, commerciale e amministrativo
01 Settembre 2022
La legge prevede diverse metodologie di accettazione dell’eredità: l’accettazione espressa, tacita e l’accettazione per effetto del possesso dei beni ereditari per un certo tempo. Secondo la Cassazione Civile, il pagamento del debito del de cuius con denaro dell’eredità, da parte di un chiamato all’eredità, comporta un’accettazione tacita; se invece il chiamato adempie al debito ereditario con denaro proprio, non comporta accettazione dell’eredità. E’ senz’altro opportuno approfondire l’argomento per una consulenza specifica di cui può necessitare il cliente di studio, chiamato all’eredità.
Con il decesso di un soggetto, la persona che, per legge o per testamento, è tenuta a succedergli, può decidere se accettare o rinunciare all’eredità. Tuttavia, coloro che sono indicati dal testamento o dalla legge come beneficiari del patrimonio ereditario non lo acquisiscono per effetto della “semplice” apertura della successione; infatti, essi sono definiti “chiamati all’eredità” e diventano invece “eredi” veri e propri una volta effettuata l’accettazione dell’eredità. Chi diviene erede, salvo non si ripari con il “beneficio d’inventario”, risponde dei debiti ereditari con tutto il proprio patrimonio, anche oltre il valore dell’attivo ereditario, quindi la scelta di divenire erede deve essere ben ponderata.
La legge prevede diverse metodologie di accettazione dell’eredità.
La volontà di accettare, oppure l’assunzione della qualifica di “erede” da parte del “chiamato all’eredità”, si perfeziona con un atto pubblico (ossia un atto notarile) o con una scrittura privata, ossia con qualunque documento, nel quale il sottoscrittore manifesti la propria volontà di accettare e assuma il titolo di erede.
In primis, occorre rilevare che, ai fini dell’accettazione tacita dell’eredità, sono privi di rilevanza tutti quegli atti che costituiscono adempimenti di prevalente contenuto fiscale, caratterizzati da scopi conservativi e, come tali, inidonei ad esprimere, in modo certo, l’intenzione univoca di assunzione della qualità di erede. L’accettazione tacita si verifica ogni volta che il chiamato all’eredità compie un atto che presupponga necessariamente la sua volontà di accettare e che egli non avrebbe il diritto di compiere, se non nella sua qualità di erede.
La legge prevede 2 ipotesi di accettazione tacita dell’eredità, anche qualora il “chiamato” non sia in possesso di alcun bene ereditario:
Secondo l’ordinanza 2.02.2018, n. 4320, emessa dalla Corte di Cassazione Civile, costituisce accettazione tacita dell’eredità il pagamento, da parte del “chiamato”, dei debiti lasciati dal de cuius, alla condizione però, che “sia fornita la prova che il pagamento sia stato effettuato con danaro prelevato dall’asse ereditario, mentre nel caso in cui il chiamato adempia … con denaro proprio, … non può ritenersi per ciò stesso che abbia accettato l’eredità”.
La medesima pronuncia ha chiarito che, qualora il conto corrente da cui vengono prelevate le somme fosse intestato non solo al de cuius, ma anche al chiamato, è indispensabile accertare chi avesse versato i fondi utilizzati per il pagamento in oggetto. Ciò, poiché il chiamato, contitolare del conto, potrebbe aver prelevato tali somme “anche quale mero cointestatario” del conto e, come tale, “titolare di poteri disgiunti verso la banca del tutto avulsi rispetto al contesto dell’apertura della successione”. Sono esempio di tali atti la denuncia di successione, il pagamento delle relative imposte, la richiesta di registrazione del testamento e la sua trascrizione. (ordinanza 19.02.2019, n. 4843, della Corte di Cassazione Civile, sezione seconda).
La medesima pronuncia è anche dedicata all’indicazione di azioni giudiziarie che costituiscono implicita accettazione dell’eredità, quali: le azioni di rivendicazione, riduzione, risoluzione o di rescissione di un contratto concluso dal de cuius, di divisione ereditaria e la riassunzione di un giudizio, già intrapresa dal proprio dante causa o la rinuncia agli effetti di una pronuncia, ottenuta da quest’ultimo.
L’accettazione dell’eredità può avvenire anche (e questo è sicuramente il caso più frequente) mediante il possesso dei beni ereditari che un “chiamato” all’eredità mantenga per un tempo superiore ai 3 mesi. Di parere contrario è stata la sentenza 14.02.2019, n. 4456, della Corte di Cassazione Civile, sezione seconda, che attribuisce la qualità di erede per avere “condiviso l’abitazione della famiglia con gli altri chiamati … per un tempo limitato”, anche se unicamente “in occasione di festività e ferie”, così come l’aver posseduto, parimenti per un tempo limitato, il “letto e alcuni effetti personali del de cuius”.
Quello della successione è un settore che il commercialista, già molto occupato con una montagna di adempimenti, ha sempre trascurato (salvo rare eccezioni), diversamente dal geometra. Potrebbe essere di interesse della clientela inserire in studio una figura dedicata per l’ampliamento delle prestazioni professionali rese, al fine di fronteggiare le potenziali cessazioni di numerose imprese clienti di studio, in questa particolare e acuta fase economica congiunturale.