IVA

04 Agosto 2022

Eccedenza Iva detraibile in dichiarazione

Due diversi recenti orientamenti della Cassazione, uno sfavorevole al contribuente e l’altro favorevole, da tenere sott’occhio, all’occorrenza per i clienti di studio.

Siamo in periodo di grande fermento, in piena campagna dichiarazione dei redditi con un problema principale per molte imprese: manca la liquidità per poter far fronte al pagamento delle imposte, la cui scadenza è dietro l’angolo. Ed ecco che il consulente deve farsi venire dei “lumi”, trovare il tempo di scovare eventuali crediti Iva sorti, talvolta, in seguito alla scoperta di qualche errore contabile, commesso involontariamente, nella fase della registrazione delle fatture di acquisto, in epoca antecedente all’anno 2019, anno dal quale è sorto l’obbligo della fatturazione elettronica, per la maggioranza dei contribuenti. Nella peggiore delle ipotesi, occorrerà presentare una dichiarazione integrativa a favore del contribuente, per portare l’Erario a conoscenza di un maggior importo di Iva detraibile; per di più, senza il pagamento di alcuna sanzione, come noto.

In materia di Iva detraibile, la Corte di Cassazione Civile, con l’ordinanza 29.03.2022, n. 10005, è tornata sull’argomento del riporto del credito Iva in dichiarazione, inerente le operazioni che non danno diritto alla detrazione Iva e ha sancito l’applicabilità anche delle relative sanzioni, oltre al recupero dell’imposta. Con questa pronuncia gli Ermellini hanno dato continuità ad un principio già sancito dalla Cassazione Civile, con la sentenza 11.05.2017, n. 11656. Secondo tale orientamento, per la Cassazione, il mancato utilizzo di un’eccedenza a credito non spettante, che sia comunque riportata in dichiarazione, comporta l’applicazione delle sanzioni, oltre che essere punibile; addirittura, non prevede la possibilità di ricorrere all’istituto del ravvedimento operoso di cui all’art. 13 D.Lgs. 472/1997, con cui si possono applicare le sanzioni ridotte.

Di corrente contraria, è l’orientamento con cui la Cassazione Civile si è espressa con l’ordinanza n. 8588/2021. Nel caso di specie, la società non aveva utilizzato il credito esposto in dichiarazione, in misura superiore a quella spettante; pertanto, l’Ufficio aveva sanzionato la sola violazione per l’esposizione di un’eccedenza in parte non spettante, a norma dell’art. 5, c. 4 D.Lgs. 471/1997, per il fatto di aver esposto un’eccedenza di Iva detraibile, superiore quella spettante. In tale occasione, la Suprema Corte ha accolto la posizione del contribuente, affermando che “deve farsi applicazione del principio espresso da questa Corte, secondo cui – conformemente a quanto affermato dal medesimo Ufficio con circolare 8/E del 17.04.2017 in tema di sanzioni applicabili in caso di dichiarazione infedele per il contribuente che si trovi a credito di imposta – la sanzione per infedele dichiarazione si riferisce a quella parte di credito non spettante effettivamente utilizzata dal contribuente, in assenza del cui utilizzo il contribuente non ha tratto alcun vantaggio dalla violazione, né ha arrecato alcun danno all’Erario (Cass., Sez. V, 23.01.2019, n. 1801)”.

Un’altra pronuncia di particolare interesse è la sentenza 8.09.2016, n. 17758, espressa dalla Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con cui è stato sancito il seguente principio: “Laddove il contribuente riporti in detrazione eccedenza di Iva derivante dall’anno precedente, non risultante però dalla dichiarazione annuale (in quanto non presentata), il Fisco può negare l’utilizzo del credito mediante la procedura prevista dall’art. 54-bis D.P.R. 633/1972, prescindendo dall’emanazione di un avviso di accertamento. Si tratta di mera attività esecutiva, con la quale l’Ufficio finanziario si limita a dare attuazione al precetto legale rispetto ai dati di dichiarazione”.

Per i casi più “disperati”, ad esempio un nuovo cliente di studio, di cui non si conosce praticamente nulla, dal cui Cassetto Fiscale si scopre che non sono state presentate le dichiarazioni Iva annuali per più anni, risultante a credito dalle liquidazioni periodiche annotate sui registri iva, è possibile “tirare fuori dal cilindro” la sentenza 12.05.2022, n. 15060, emessa dalla Corte di Cassazione Civile. Con tale pronuncia, gli Ermellini hanno sancito che il contribuente ha diritto al rimborso e non alla detrazione del credito Iva, se ha omesso la dichiarazione per più periodi d’imposta; in effetti, la norma impone un termine solo ai fini della detrazione, ma non per il suo rimborso.

Largo spazio, dunque, a scovare delle possibilità a tutela del cliente di studio; la situazione finanziaria del cliente potrebbe addirittura ribaltarsi, in positivo, applicando la giurisprudenza di legittimità, a suffragio delle istanze necessarie da presentare.

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