Accertamento, riscossione e contenzioso

09 Maggio 2025

Nuovo CPB alla prova: tra gettito garantito e convenienza incerta

Tra dazi internazionali, rivoluzione AI e rigidità del modello, il concordato preventivo biennale rischia di trasformarsi in un vincolo antieconomico più che in un'opportunità per le PMI italiane.

Il debutto operativo del concordato preventivo biennale (CPB), nella sua nuova edizione riferita al biennio 2025-2026, si annuncia meno vantaggioso di quanto inizialmente prospettato. A dirlo non sono soltanto gli addetti ai lavori, ma soprattutto i primi dati numerici emersi dalle simulazioni elaborate sul software “Il tuo ISA 2025 CPB”, sviluppato da Sogei. Il confronto con il precedente biennio restituisce una realtà che, per molti contribuenti, rischia di rendere antieconomica l’adesione.

La novità, almeno apparente, risiede in un aspetto tecnico che incide in maniera profonda sulla quantificazione del reddito imponibile: la stima macroeconomica della crescita del PIL, prevista dal DEF per il 2025 e 2026, ha comportato un innalzamento significativo dei ricavi presuntivi e, quindi, della base imponibile.

Le prime simulazioni restituiscono con evidenza l’effetto amplificativo delle nuove stime macroeconomiche incorporate nel modello CPB. A parità di dati contabili 2023, il concordato 2025-2026 prospetta un incremento dell’imponibile Ires e Irap a doppia cifra a termine del biennio. Si tratta di scostamenti nettamente superiori rispetto a quelli osservati nel biennio precedente e che devono fare riflettere.

Questa dinamica introduce una variabile di rischio per l’adesione volontaria da parte delle imprese, soprattutto nei settori meno performanti o geograficamente svantaggiati. Infatti, se da un lato il CPB promette 2 anni di pace fiscale, dall’altro impone un carico presuntivo talvolta scollegato dalla reale capacità contributiva, con potenziali distorsioni competitive tra contribuenti operanti nello stesso settore ma in aree economiche differenti.

In termini pratici, per i consulenti fiscali si apre un nuovo fronte di valutazione: consigliare l’adesione o abbandonare lo strumento di compliance? La risposta, evidentemente, non può che essere personalizzata e frutto di un’analisi accurata. L’uso di simulazioni prospettiche, integrate con modelli previsionali interni all’impresa, diventerà una componente essenziale per supportare il cliente nella scelta, pesando gli effetti fiscali immediati e quelli prospettici (anche in termini di rischio accertativo).

Un ulteriore elemento da considerare riguarda il rischio che il CPB, nella sua attuale configurazione, perda la sua funzione originaria di strumento deflattivo e si trasformi, piuttosto, in un meccanismo preordinato all’aumento certo del gettito fiscale. La ridotta convenienza per i contribuenti potrebbe dunque tradursi in una scarsa adesione, compromettendo gli obiettivi dichiarati dal legislatore: certezza, semplificazione, prevenzione del contenzioso.

Vale la pena osservare, infine, che il CPB potrebbe rivelarsi efficace soltanto per quelle attività con elevata marginalità e forte dinamismo economico. Per le altre, l’adesione si riduce a un salto nel buio che, senza un’adeguata valutazione di sostenibilità economico-fiscale, rischia di ritorcersi contro lo stesso contribuente.

Oltre ai profili strutturali e tecnici, vi sono fonti esterne di incertezza che aggravano ulteriormente la valutazione sull’opportunità di aderire al concordato preventivo biennale. Il contesto geopolitico internazionale, ad esempio, è tutt’altro che stabile.

In conclusione, l’adesione al concordato preventivo biennale 2025-2026 richiede un’analisi ben più approfondita di quanto l’apparente semplicità dello strumento lasci intendere. In un contesto economico globale instabile, tecnologicamente accelerato e fiscalmente sempre più aggressivo, vincolarsi oggi su redditi futuri può rivelarsi un azzardo. La mancanza di flessibilità, trasparenza e veri benefici concreti riduce l’appeal dello strumento, che rischia di rimanere prerogativa di pochi. Per i più, il consiglio resta uno: valutare caso per caso, senza farsi sedurre da una pace fiscale solo apparente.

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