Immobiliare
23 Aprile 2025
Con la sentenza 3.04.2025 n. 8905, la Corte Suprema chiarisce tre aspetti fondamentali nei contratti preliminari di compravendita immobiliare, offrendo una bussola per orientarsi tra obblighi, diffide e risarcimenti.
Nel panorama spesso accidentato dei contratti preliminari di compravendita immobiliare, la recente sentenza della Cassazione 3.04.2025, n. 8905 segna un punto fermo, affrontando con rigore tre snodi giuridici che ricorrono frequentemente nelle controversie tra venditore e promissario acquirente, specie quando quest’ultimo decide, per motivi più o meno fondati, di tirarsi indietro.
Il caso concreto sottoposto all’esame dei giudici riguardava un immobile oggetto di un contratto preliminare di vendita, la cui proprietà risultava solo parzialmente intestata al promittente. Il promissario acquirente, venuto a conoscenza della situazione, si è rifiutato di stipulare il contratto definitivo, sollecitando così una diffida ad adempiere da parte del venditore, seguita da una richiesta risarcitoria.
Il primo principio ribadito riguarda la non immediata risolubilità del preliminare in presenza di un bene solo parzialmente altrui. Il promissario acquirente, anche se scopre che l’immobile promesso in vendita non è interamente nella disponibilità del promittente, non può automaticamente sciogliersi dal vincolo contrattuale.