Imposte dirette
22 Novembre 2025
La perdita derivante da una transazione con il debitore è deducibile, purché sussistano fatti oggettivi che rendano ragionevole la rinuncia al credito (Cass., ord. n. 27096/2025). Il principio si inserisce nel solco dei precedenti orientamenti e valorizza il collegamento con l’OIC 15.
La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 9.10.2025, n. 27096, è tornata ad affrontare il tema della deducibilità delle perdite su crediti conseguenti a transazione con il debitore, ambito da sempre delicato per la mancanza di indicazioni normative specifiche. La pronuncia offre l’occasione per riaffermare un principio consolidato: la perdita che scaturisce da una transazione può considerarsi deducibile quando è fondata su elementi certi e precisi, idonei a giustificare la scelta imprenditoriale di rinunciare, in tutto o in parte, al credito originario.
Il caso riguardava una verifica fiscale nei confronti di Alfa S.r.l., che aveva concluso una transazione con la propria debitrice Beta S.r.l., rinunciando parzialmente al credito e ricevendo, a saldo del residuo, la cessione di un ramo d’azienda. L’Amministrazione Finanziaria aveva disconosciuto la deducibilità della perdita ritenendo insussistenti le ragioni economiche e ipotizzando un atto di liberalità, anche alla luce dei legami societari tra le 2 imprese. La Corte di giustizia tributaria di primo grado respingeva il ricorso di Alfa, ma la C.G.T. di secondo grado dell’Abruzzo riformava la decisione, riconoscendo la deducibilità della perdita in quanto conseguenza diretta e oggettiva della transazione, supportata dalla documentazione contabile e dal bilancio della debitrice.
La Suprema Corte ha confermato la decisione dei giudici regionali, respingendo il ricorso dell’Agenzia delle Entrate. Richiamando i propri precedenti (tra cui Cass. nn. 10256/2013 e 10643/2018), i giudici di legittimità hanno ribadito che la transazione con il debitore costituisce un evento idoneo a generare una perdita deducibile, senza che sia necessario dimostrare l’insolvenza giudiziale del debitore. È sufficiente che la perdita sia supportata da fatti oggettivi e documentabili, tali da rendere ragionevole la decisione di transigere a condizioni meno favorevoli.
In tal senso, l’art. 101, c. 5 del Tuir collega la deducibilità delle perdite su crediti all’esistenza di elementi certi e precisi, che possono sussistere anche in ipotesi diverse dalle procedure concorsuali, inclusa la cancellazione del credito dal bilancio ai sensi dei principi contabili. Per i soggetti che adottano i principi OIC, la presunzione di certezza e precisione si considera integrata nei casi di cancellazione previsti dal documento OIC 15, secondo cui il credito viene eliminato dal bilancio quando i diritti contrattuali sui flussi finanziari si estinguono o vengono trasferiti, insieme ai rischi e benefici connessi. Sebbene l’OIC 15, nell’appendice A, non menzioni espressamente la transazione tra i casi di cancellazione, essa rientra tra le ipotesi che comportano l’estinzione dei flussi finanziari relativi al credito, come riconosciuto anche da Assonime (circ. n. 18/2014). Lo stesso principio contabile, al paragrafo 26, include tra le perdite su crediti “realizzate” anche quelle derivanti da transazioni, confermandone la rilevanza contabile e fiscale.
La Corte ha quindi precisato che la valutazione sulla deducibilità deve fondarsi su dati oggettivi, come la situazione patrimoniale del debitore, documentata ad esempio attraverso il bilancio, che rendano comprensibile la scelta economica dell’imprenditore di definire la controversia con una rinuncia parziale. Non è invece necessario fornire prova di un’attivazione giudiziale per accertare l’insolvenza del debitore, purché la perdita risulti certa, precisa e correttamente contabilizzata.
Sul piano generale, resta fermo che la deducibilità di costi e oneri derivanti da accordi transattivi deve essere valutata anche alla luce del principio di inerenza. In giurisprudenza, si è riconosciuta la deducibilità di somme versate per transazioni dirette a prevenire contenziosi legati all’attività d’impresa, come nel caso delle banche che risarciscono clienti per disservizi (Cass. n. 28355/2019; interpello Ag. Entrate n. 491/2022). Diversamente, la Cassazione ha escluso la deducibilità di somme corrisposte per danni da comportamenti contra ius, estranei alla sfera imprenditoriale (Cass. n. 31930/2021).
In conclusione, l’ordinanza conferma che la transazione con il debitore, se sostenuta da elementi oggettivi e contabilmente documentata, consente la deduzione della perdita su crediti. Tale impostazione valorizza l’approccio sostanziale e razionale dell’imprenditore nella gestione del rischio creditizio, offrendo un quadro interpretativo ormai stabile e favorevole alla certezza fiscale.
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