Volendo far dipartire l’indagine dalla fusione i relativi effetti, secondo le previsioni dell’art. 2504 c.c., si producono dalla data in cui è eseguita l’ultima delle iscrizioni in aderenza alla regola generale, valida per tutte le modifiche statutarie disposta dall’art. 2436, c. 5 c.c. Il completamento, quindi, delle forme pubblicitarie determina l’effetto costitutivo dell’operazione.
L’art. 2504, c. 2 consente, ma nel solo caso della fusione per incorporazione, che possa essere stabilita una data successiva. La versione testuale della norma interdice il differimento della fusione nel caso di fusione propria.
Tale limitazione già risalente alla disciplina anteriforma del diritto societario del 2003, trova il suo principale argomento di supporto nel passo della relazione ministeriale al D.Lgs. 16.01.1991, n. 22, richiamato e condiviso da una parte della dottrina, e che testualmente esplicita “Arduo, anche da un punto di vista logico, concepire un soggetto giuridico (la società risultante dalla fusione) esistente, in quanto la fusione è stata regolarmente stipulata e resa pubblica, ma privo di patrimonio (in quanto la fusione non ha ancor prodotto i suoi effetti) e, dunque, incapace di fungere da centro di imputazione di responsabilità”. Tale argomento, non viene però, da altra dottrina, inteso come persuasivo, in quanto ritenuto viziato di parziale considerazione, dal momento che l’effetto posdatato va inteso come plenario e relativo a tutti gli effetti della fusione, inclusa la costituzione del nuovo soggetto giuridico che, quindi, non viene ad esistere prima dell’efficacia posdatata della fusione.
In ordine alla postdatazione, altra questione controversa è se la relativa clausola debba già risultare presente nel progetto di fusione o in ogni caso approvata dai soci nella relativa delibera o possa essere ritardata su iniziativa dell’organo amministrativo nell’atto di fusione. La tesi prevalente privilegia il rimando alla discrezionalità tecnica e gestoria degli amministratori, in quanto non prevista nel contenuto necessario del progetto e della delibera di fusione.
In ordine poi alla possibile retroattività, l’art. 2504-bis, c. 3 c.c. prevede la sua limitazione ad alcuni effetti della fusione e, precisamente, ai cd. effetti reddituali e contabili per fini di semplificazione, necessari in virtù dell’inevitabile sfasamento temporale che si viene a generare tra la data del progetto di fusione e la chiusura del relativo procedimento. In dottrina sempre in ordine al tema della retroattività, si sottolinea come essa non investa l’effetto estintivo dei soggetti e neppure quello dell’unificazione dei patrimoni o ancora quello dell’annullamento delle azioni o quote delle società estinte e più in generale qualsiasi effetto che possa incidere su interessi di terzi meritevoli di tutela. Essa può investire i soli limitati effetti di cui all’art. 2501-ter, nn. 5) e 6) c.c., ossia i soli effetti reddituali e contabili in quanto relativi ad aspetti organizzativi essenzialmente interni alla società.
L’art. 2504-bis, c. 4 prevede anche regole per la redazione del primo bilancio post fusione: l’organo amministrativo risultante dalla fusione si deve limitare a recepire i valori delle poste dell’attivo e del passivo come risultanti nelle scritture contabili delle società incorporate o fuse. Tuttavia, la rigidità di tale principio non è inscalfibile, dal momento che esso può subire deroghe per effetto del rapporto di cambio e dell’annullamento delle partecipazioni già detenute dalle società incorporanti ante fusione, da cui possono derivare i cd. avanzi e disavanzi di fusione (identico fenomeno può registrarsi anche nelle scissioni).
Proprio per l’importanza delle implicazioni che tale principio raccorda con altri istituti sia fiscali che civilistici, appare importante, individuare la corretta configurazione di “primo bilancio successivo alla fusione (scissione)”. Va, quindi, ritenuto, proprio per la necessità di superare l’incongruenza contabile sopra segnalata, che, nonostante l’uso legislativo improprio di bilancio, esso va configurato come una situazione contabile di sintesi che consenta l’unificazione dei 2 soggetti anche sul piano del rendiconto contabile alla data di efficacia dell’operazione.
Le rappresentate osservazioni, anche se incentrate sulla fusione, si raccordano pienamente anche con la scissione che ricalca nel rapporto scissa/beneficiaria un’interazione contabile del tutto simile a quella del rapporto incorporata/incorporante o società fusa/risultante dalla fusione.
Il decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 16.10.2025 n. 0552214 introduce importanti disposizioni applicative per la fruizione di un contributo straordinario destinato alle imprese editrici di quotidiani e periodici, con l’obiettivo di sostenere il settore dell’informazione a fronte del significativo incremento dei costi di produzione che ha colpito il comparto nell’ultimo periodo.
Finalità e contesto – Il provvedimento mira a garantire la pluralità e la qualità dell’offerta informativa attraverso un contributo pari a 0,10 euro per ogni copia cartacea di quotidiani e periodici venduta nel 2023, anche tramite abbonamento, in edicola o presso altri punti vendita. L’incentivo, con un tetto massimo di 65 milioni di euro, non considera le vendite in blocco, proprio per privilegiare l’effettiva distribuzione al pubblico e la tracciabilità delle vendite.
Il distacco internazionale dei lavoratori in edilizia è regolato dalla Direttiva 96/71/CE, modificata dalla Direttiva (UE) 2018/957 e dal Regolamento (CE) n. 883/2004, che definisce le regole della mobilità temporanea all’interno dell’Unione Europea.
Come ricorda la Commissione Nazionale Paritetica per le Casse Edili (CNCE), il distacco si configura quando un’impresa stabilita in uno Stato membro invia temporaneamente un lavoratore in un altro Stato per l’esecuzione di un servizio, mantenendo intatto il rapporto di lavoro con il datore di origine. Durante il distacco, il lavoratore continua a essere iscritto al sistema di sicurezza sociale del Paese di invio, ma deve ricevere, nel Paese ospitante, le stesse condizioni di lavoro e retribuzione previste dalle leggi e dai contratti collettivi locali. Ciò riguarda, tra l’altro, orario di lavoro, ferie retribuite, sicurezza, salute e igiene, parità di trattamento e indennità di trasferta.
Comunicazioni obbligatorie e durata massima – Prima dell’avvio della prestazione all’estero, l’impresa è tenuta a trasmettere una dichiarazione di distacco alle autorità del Paese ospitante, secondo quanto previsto dalla Direttiva 2014/67/UE. Tale dichiarazione contiene le generalità dell’impresa e dei lavoratori, la sede dei lavori e la durata prevista. È inoltre necessario ottenere il certificato A1 dalle istituzioni di sicurezza sociale del Paese di origine, che attesta il mantenimento dell’affiliazione previdenziale durante il distacco.
Il periodo massimo è di 12 mesi, prorogabile fino a 18 mesi previa comunicazione motivata alle autorità competenti. Trascorso tale limite, si applica l’intera normativa del lavoro del Paese di destinazione, fatta eccezione per i regimi pensionistici e per le regole sulla cessazione del rapporto.
Ai fini contributivi, l’iscrizione al sistema previdenziale del Paese d’origine resta valida fino a 24 mesi, salvo accordi tra le autorità dei 2 Stati interessati.
Procedure per i lavoratori di Paesi terzi – Nel caso di lavoratori provenienti da Stati extra UE, il distacco verso l’Italia richiede il rilascio del nulla osta da parte dello Sportello Unico per l’Immigrazione. Se il lavoratore è già titolare di un permesso di lavoro in un altro Stato membro, è ammessa una procedura semplificata mediante il modulo M2.
Sanzioni e responsabilità solidale – Il sistema sanzionatorio è articolato. Il D.Lgs. 136/2016 prevede una multa da 150 a 500 euro per ogni lavoratore in caso di mancato invio della dichiarazione di distacco.
In presenza di distacco non autentico, cioè simulato o realizzato da società di comodo, il rapporto di lavoro si considera instaurato direttamente con l’impresa utilizzatrice. In tale ipotesi si applica una sanzione da 5.000 a 50.000 euro, con incremento in caso di somministrazione fraudolenta.
È inoltre previsto il regime della responsabilità solidale tra impresa distaccante, distaccataria e committente per eventuali crediti retributivi, contributivi o assicurativi maturati dai lavoratori.
Casse Edili e cooperazione europea – La guida CNCE sottolinea l’importanza del sistema bilaterale nel garantire equità e regolarità dei rapporti di lavoro. In Italia, le Casse Edili/Edilcasse, coordinate dalla CNCE, gestiscono prestazioni economiche e contributive per i lavoratori del settore, tra cui ferie, gratifica natalizia, anzianità professionale e formazione obbligatoria.
L’obbligo di iscrizione in Cassa per le imprese straniere che operano in Italia discende dall’art. 4 D.Lgs. 136/2016 e dal Protocollo di Intesa del 9.04.2013, che impone il versamento dei contributi dovuti ai fini retributivi e assistenziali. Tuttavia, in virtù di accordi bilaterali di esenzione reciproca, le imprese che versano contributi presso gli enti equivalenti di Austria (BUAK), Germania (SOKA-BAU), Francia (CIBTP) o San Marino, possono essere esonerate, purché garantiscano livelli di tutela analoghi e non risultino irregolarità nei versamenti.
L’art. 19 del Collegato Lavoro (L. 203/2024) ha aggiunto il c. 7-bis all’art. 26 D.Lgs. 151/201, prevedendo, a decorrere dal 12.01.2025, che: “in caso di assenza ingiustificata del lavoratore protratta oltre il termine previsto dal contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al rapporto di lavoro o, in mancanza di previsione contrattuale, superiore a quindici giorni, il datore di lavoro ne dà comunicazione alla sede territoriale dell’Ispettorato nazionale del lavoro… Il rapporto di lavoro si intende risolto per volontà del lavoratore e non si applica la disciplina prevista dal presente articolo…”.
Rispetto a questo il Ministero del Lavoro, con la circolare 27.03.2025, n. 6, ha precisato che i 15 giorni debbano intendersi come giorni di calendario, ove non diversamente disposto dal Ccnl, e costituiscono il termine legale minimo perché il datore possa darne specifica comunicazione all’ITL. A differenza della norma, che non prevede alcuna condizione di “miglior favore”, secondo il Ministero, nel caso in cui il Ccnl applicato preveda un termine diverso, lo stesso trova applicazione ove sia superiore (derogabilità in melius).
Con ulteriore risposta al CNO del 10.04.2025, peraltro, il Ministero ha confermato tale orientamento (pur dichiarandosi disponibile a rivedere tale posizione nel caso di consolidate interpretazioni giurisprudenziali difformi), mentre con una Faq del 24.06.2025 ha ribadito come le disposizioni del Ccnl sulle assenze ingiustificate non possano dar luogo a dimissioni di fatto anziché a un licenziamento, poiché le eventuali previsioni contrattuali devono essere espressamente riferite a questa nuova fattispecie: una lettura che il Ministero del Lavoro non ha reputato essere superata neppure dalla sentenza n. 87/2025 del Tribunale di Trento in materia.
Quando un’impresa decide di farsi carico dei debiti fiscali di un’altra impresa, non può semplicemente utilizzare i propri crediti d’imposta come se fossero denaro liquido da trasferire. È questo il messaggio che emerge con chiarezza dalla recente risposta dell’Amministrazione Finanziaria, la quale ha ribadito con fermezza un principio che rischia di essere equivocato soprattutto all’interno di strutture organizzative complesse come le reti d’impresa. La questione, apparentemente tecnica, in realtà tocca il cuore di molte operazioni commerciali contemporanee e impone una riflessione attenta sulla distinzione tra rapporti economici interni e rapporti tributari verso lo Stato. Con la risposta n. 291/2025, infatti, l’Agenzia delle Entrate ha fornito chiarimenti decisivi su una prassi sempre più diffusa e problematica, chiudendo definitivamente le porte a una serie di schemi compensativi che molti professionisti ritenevano almeno discutibili dal punto di vista normativo.
L’art. 17 D.Lgs. 241/1997 disciplina la compensazione orizzontale subordinandola all’identità soggettiva fra chi vanta il credito e chi è obbligato al pagamento. L’art. 8, c. 2 dello Statuto del contribuente ammette l’accollo del debito tributario altrui, specificando però che il debitore rimane immutato verso l’Erario (accollo “interno”). Il D.L. 124/2019, convertito in L. 157/2019, ha precisato che chi si assume l’accollo non può utilizzare propri crediti tributari per saldarlo, ma deve ricorrere a pagamenti finanziari tradizionali.
Tutte le imprese sono obbligate ad iscrivere presso il Registro delle Imprese il proprio domicilio digitale. Tale adempimento non si esaurisce nella prima iscrizione, ma configura un obbligo permanente di mantenimento in operatività.
Il domicilio digitale (indirizzo PEC) è il canale ufficiale per le comunicazioni elettroniche aventi valore legale. La normativa, in particolare l’art. 16 D.L. 185/2008, impone requisiti stringenti: l’indirizzo deve essere non solo valido, ma anche attivo e univoco. Ciò significa che la casella PEC non deve risultare scaduta, revocata o inattiva e deve essere nella titolarità esclusiva di un’unica impresa.
La vigilanza su tali requisiti è compito delle Camere di Commercio, che procedono a verifiche periodiche, per rilevare indirizzi PEC irregolari. Qualora da tali controlli emergano irregolarità, quali indirizzi non validi o revocati, l’Ufficio del Registro delle Imprese attiva un procedimento amministrativo formale, disciplinato dall’art. 37 D.L. 76/2020, finalizzato alla cancellazione dell’indirizzo irregolare.
La risposta all’interrogazione parlamentare 29.10.2025 n. 5-04587, resa dal Ministero dell’Economia e delle Finanze e pubblicata in Commissione Finanze alla Camera ha chiarito definitivamente il regime di alternatività tra le detrazioni fiscali per investimenti in start-up innovative previste dagli artt. 29 e 29-bis D.L. 179/2012. L’intervento ministeriale ha confermato l’impostazione già consolidata, espressa dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 19/E/2021, e ribadito che le 2 agevolazioni (ovvero quella ordinaria del 30%, ora confermata fino a un milione di euro, e quella rafforzata del 50%, elevata al 65% dal 2025, limitata a investimenti fino a 100.000 euro annui) sono da intendersi tra loro alternative e non cumulabili per la medesima operazione finanziaria.
Il nodo interpretativo riguardava la possibilità di applicare congiuntamente, su un medesimo investimento, la detrazione del 50% entro la soglia dei 100.000 euro e quella del 30% sulla parte eccedente. Sulla questione il MEF, richiamando il tenore letterale dell’art. 1, c. 5 D.M. 28.12.2020 e la ratio dell’art. 29-bis D.L. 179/2012, ha escluso questa ipotesi, precisando che il contribuente è tenuto a scegliere tra il beneficio ordinario del 30% sull’intero investimento o quello rafforzato sul limite massimo previsto.
L’art. 5 D.Lgs. 192/2024 ha introdotto modifiche nella determinazione del lavoro autonomo, disponendo il principio di onnicomprensività: il reddito da lavoro autonomo è costituito dalla differenza tra tutte le somme e i valori percepiti (principio di cassa) a qualunque titolo in relazione all’attività artistica o professionale e l’ammontare delle spese sostenute nel periodo stesso nell’esercizio dell’attività, salvo espresse deroghe.
Non rientrano le somme percepite a titolo di rimborso delle spese sostenute dal professionista per l’esecuzione dell’incarico e addebitate analiticamente al cliente. I rimborsi analitici dal 2025 sono diventati quindi irrilevanti fiscalmente sia dal lato attivo (non tassazione del rimborso) che dal lato passivo (indeducibilità delle spese).
Di conseguenza non sono assoggettati a ritenuta alla fonte, mentre dal punto di vista Iva sono assoggettati a Iva come il compenso, così come all’eventuale cassa di previdenza.
Con la sentenza 4.11.2025, n. 35938 la Terza Sezione penale della Cassazione ribadisce un principio destinato a incidere profondamente sulla prassi difensiva del contribuente, rimarcando l’orientamento secondo cui il concordato preventivo non può fungere da ancora di salvezza dall’accusa di omesso versamento Iva se arriva dopo la scadenza dell’imposta. Si tratta, in tal caso di una linea perfettamente coerente con la tradizione penale tributaria, ma che lascia aperti interrogativi sulla sua compatibilità con la moderna razionalità del diritto della crisi d’impresa.
Il caso trattato dalla suprema Corte riguardava una contribuente condannata per omesso versamento Iva ex art. 10-ter D.Lgs. 74/2000 per le annualità 2016 e 2017. Dopo la condanna di primo grado, confermata in appello, la difesa aveva invocato la crisi di liquidità e la successiva presentazione della domanda di concordato preventivo, sostenendo che ciò avrebbe dovuto escludere la responsabilità penale o attenuarne gli effetti.
La Cassazione dichiara il ricorso inammissibile, ma ribadisce un principio di assoluta chiarezza, secondo cui il concordato non può mai costituire causa di esclusione del reato se interviene dopo la scadenza del termine di versamento.
Prevenzione digitale: il sistema che lavora per te – Il miglior recupero crediti è quello che non serve. I gestionali moderni di molti editori e software house integrano alert automatici che ricordano le scadenze a clienti e professionisti. Impostare reminder a -7, 0 e +7 giorni dalla scadenza elimina l’imbarazzo del sollecito personale e garantisce costanza. Il cliente percepisce un sistema organizzato, non un’accusa. Altro elemento chiave: segmentare i clienti per affidabilità. Classificarli in virtuosi, occasionali e critici permette di modulare le condizioni. Per clienti storici: dilazioni ampie. Per nuovi o problematici: anticipi del 30-50% e termini stretti. Questa differenziazione riduce l’esposizione senza sembrare discriminatoria.
Psicologia del moroso: 4 tipologie da riconoscere – Ogni cliente moroso ha motivazioni diverse. Il “distratto” (20%) dimentica: serve un promemoria gentile. Il “temporaneamente in difficoltà” (55%) ha problemi di liquidità momentanei: serve empatia e rateizzazione. Il “contestatore” (15%) cerca pretesti: serve documentazione solida e fermezza. Lo “strategicamente insolvente” (10%) non vuole pagare: serve azione legale immediata.
Una telefonata esplorativa entro 10 giorni dal ritardo rivela la categoria. Il tono, le giustificazioni e la disponibilità al dialogo forniscono informazioni preziose. L’80% dei debitori risponde positivamente a un approccio empatico, ma fermo, nella prima fase.
C.F e P.IVA: 01392340202 · Reg.Imp. di Mantova: n. 01392340202 · Capitale sociale € 210.400 i.v. · Codice destinatario: M5UXCR1
© 2025 Tutti i diritti riservati · Centro Studi Castelli Srl · Privacy · Cookie · Credits · Whistleblowing