Compenso amministratori: come salvaguardare la deducibilità fiscale

L’attribuzione di un compenso “netto” agli amministratori, pur pienamente lecita sotto il profilo civilistico, cela insidie di rilievo sul versante fiscale che non possono essere sottovalutate. Il punto critico, secondo l’Amministrazione Finanziaria, è la mancanza di predeterminazione dell’onere complessivo a carico della società: un accordo che non fissa in anticipo il costo totale viola i principi di certezza e oggettiva determinabilità sanciti dall’art. 109 del Tuir. Su questo tema, la giurisprudenza della Cassazione si è espressa con continuità, ribadendo che, in assenza di una delibera assembleare preventiva e chiara sull’importo spettante, il costo sostenuto dalla società è da ritenersi indeducibile (Cass. Civ., Sez. V, 3.03.2021, n. 5763; Cass. Civ., Sez. V, 30.09.2020, n. 20852).

Dal punto di vista civilistico, l’accordo sul compenso netto si configura come un patto sull’imposta: la società si fa carico delle imposte e dei contributi dovuti dall’amministratore. Questi accordi sono pienamente validi nei rapporti interni, purché non alterino il rapporto tributario tra amministratore ed Erario, che resta intatto: il soggetto passivo d’imposta è sempre l’amministratore, mentre la società si limita a parametrizzare la propria obbligazione su tale carico fiscale.

Il nodo centrale, però, è la deducibilità del costo ai fini Ires: l’art. 95, c. 5 del Tuir consente la deduzione dei compensi nel periodo di pagamento, ma subordina tale beneficio al rispetto dei requisiti di certezza e oggettiva determinabilità (art. 109, c. 1, Tuir). La Suprema Corte è inflessibile: questi requisiti si considerano rispettati solo se esiste una delibera assembleare (o una clausola statutaria) che stabilisca in modo espresso e preventivo l’ammontare del compenso. Non solo: una ratifica postuma non sana la mancanza di tale atto formale e ciò comporta la nullità assoluta dell’atto, in ragione della natura imperativa delle norme che regolano il funzionamento degli organi sociali (Cass. Civ., Sez. V, 3.03.2021, n. 5763; Cass. Civ., Sez. V, 30.09.2020, n. 20852).

Quando il compenso è determinato al netto, l’onere effettivo per la società (cioè il “lordo”) diventa incerto e variabile, in quanto dipendente da elementi futuri e non controllabili, come aliquote fiscali, contributive e la situazione reddituale dell’amministratore nell’anno di riferimento. Questa incertezza non consente di individuare un costo oggettivamente determinabile, aprendo la strada a possibili rilievi da parte del Fisco.

Come reagire a questo rischio? La prassi migliore consiste nell’introdurre nella delibera assembleare una clausola di salvaguardia che fissi un tetto massimo di costo totale annuo, comprensivo di compenso lordo, imposte e contributi. In concreto, la delibera deve:

– indicare l’importo netto che si intende garantire all’amministratore;

– fissare il limite massimo di spesa a carico della società;

– prevedere una riduzione automatica del netto, qualora il lordo necessario a garantirlo ecceda il tetto fissato.

Così si coniuga la tutela dell’interesse dell’amministratore a percepire un compenso netto prestabilito con l’esigenza della società di mantenere la deducibilità fiscale, assicurando certezza e oggettiva determinazione del costo sin dall’origine, in piena coerenza con quanto richiesto dall’art. 109 del Tuir e dalla giurisprudenza della Cassazione.

Ecco una possibile formula deliberativa: “L’Assemblea dei Soci, ai sensi delle norme di legge e delle disposizioni statutarie applicabili, delibera che all’amministratore venga riconosciuto un compenso annuo netto pari a euro …. Al fine di rispettare i requisiti di certezza e determinabilità previsti dall’art. 109, c. 1 del Tuir e garantirne la piena deducibilità fiscale, l’onere complessivo massimo a carico della società, comprensivo di compenso lordo, oneri previdenziali e qualsiasi altro costo accessorio, è fissato in euro …. Qualora, in fase di calcolo, il costo totale superasse tale limite, il netto effettivamente riconosciuto all’amministratore sarà automaticamente ridotto in proporzione per rispettare il tetto massimo stabilito, secondo una clausola di salvaguardia essenziale della presente delibera”.

Dimissioni da convalidare anche nel periodo di prova

La nota del Ministero del Lavoro 13.10.2025, n. 14744 chiarisce che l’obbligo di convalida delle dimissioni delle lavoratrici in gravidanza e dei genitori nei primi 3 anni di vita del figlio si estende anche al periodo di prova.

Tale obbligo, previsto dall’art. 55, c. 4 D.Lgs. 151/2001, impone che la risoluzione consensuale o le dimissioni presentate in tali casi siano convalidate dal Servizio ispettivo del Ministero del Lavoro territorialmente competente, pena la sospensione degli effetti della cessazione del rapporto fino all’avvenuta convalida. La disposizione riguarda anche i casi di adozione o affidamento, sia nazionale che internazionale, entro i primi tre anni dall’accoglienza o dalla comunicazione della proposta di abbinamento.

Il Ministero ha precisato che la norma sulla convalida ha una “dignità giuridica propria”, volta a prevenire comportamenti vessatori, discriminatori o coercitivi da parte del datore di lavoro, e che l’ambito temporale di tutela previsto per la convalida delle dimissioni non coincide necessariamente con quello del divieto di licenziamento, che si limita al 1° anno di vita del bambino.

Finanziamenti soci alle cooperative: regole e opportunità

Il prestito sociale costituisce per le cooperative un’importante opportunità per acquisire a condizioni vantaggiose risorse finanziarie alternative a quelle del mercato creditizio in accordo con i principi mutualistici che ne sovraintendono il funzionamento. In sostanza, si tratta di una forma di finanziamento che si concretizza nell’apporto alla cooperativa, da parte dei soci, siano essi persone fisiche, società o investitori istituzionali, di somme che normalmente vengono rimborsate nel medio o nel breve termine e a fronte della quale vengono corrisposti degli interessi. Purtroppo, questa forma di finanziamento soggiace a una serie di vincoli normativi che ne limitano, in termini operativi e dimensionali, la concreta applicazione. Infatti, la normativa vigente prevede che le cooperative possano svolgere, in virtù del rapporto mutualistico esistente, la raccolta del risparmio dai soci, purché subordinato all’obbligo del rimborso integrale e incondizionato ed unicamente in funzione del conseguimento dell’oggetto sociale.

Per l’inquadramento della disciplina in esame si deve fare riferimento all’art. 1, cc. 238-242 della legge di Bilancio 2018, che ha disposto che il prestito sociale può essere impiegato soltanto per operazioni strettamente funzionali al perseguimento dell’oggetto o dello scopo sociale, non potendosi le cooperative occupare della gestione del risparmio. Inoltre, è previsto che i finanziamenti in discussione non siano postergati rispetto agli altri debiti sociali. Tuttavia, la citata normativa prevedeva l’adozione di una delibera attuativa da parte del Comitato interministeriale per il credito e il risparmio (CICR) che non ha mai visto la luce.

I principi delineati dal Legislatore impongono che, in termini quantitativi, l’ammontare complessivo del prestito sociale non superi il triplo del patrimonio netto risultante dall’ultimo bilancio e che vi sia l’obbligo per la cooperativa di prestare adeguate garanzie qualora l’indebitamento ecceda i 300.000 euro e il valore del patrimonio. Ulteriore previsione della disciplina, che non ha mai trovato piena attuazione, riguarda maggiori obblighi informativi per le cooperative, finalizzati ad assicurare la tutela dei soci, dei creditori e dei terzi.

Vi è da dire che queste prescrizioni si inseriscono in una vigente disciplina che regola il comportamento degli operatori finanziari sul mercato. A tal proposito, è opportuno rammentare che normativa e pressi della Banca d’Italia hanno previsto la raccolta del risparmio dei soci da parte delle società con modalità diverse dall’emissione di strumenti finanziari nel rispetto di determinate condizioni. In particolare, per le cooperative è necessario che la raccolta dei finanziamenti da soci sia prevista dallo statuto. Inoltre, sussiste l’obbligo di redigere un apposito regolamento di funzionamento e gestione del prestito sociale, predisposto dall’organo amministrativo e approvato dall’assemblea dei soci ai sensi dell’art. 2521, c. 5 c.c. In base alle regole della Banca d’Italia, poi, vige il divieto del rimborso del risparmio “a vista” e della raccolta congiunta all’emissione o gestione di mezzi di pagamento a spendibilità generalizzata.

Il prestito sociale, raccolto individualmente, è vincolato, inoltre, al rispetto di precisi limiti quantitativi, ai sensi dell’art. 13 D.P.R. 601/1973, come elevati dall’art. 10 L. 59/1992 e soggetti a rivalutazione triennale.

I più recenti limiti previsti per ciascun socio persona fisica sono fissati in 43.736,72 euro, elevati a 87.473,45 per le cooperative di trasformazione di prodotti agricoli, per quelle di lavoro e per le cooperative edilizie. Inoltre, il limite massimo di remunerazione del prestito sociale è previsto in misura pari al tasso d’interesse più elevato dei Buoni Postali fruttiferi aumentato del 2,50%.

Infine, si ricorda che vi sono ulteriori forme istituzionali alternative di finanziamento delle cooperative, quali le azioni di socio sovventore di cui all’art. 4 L. 59/1992 e gli strumenti finanziari contemplati dall’art. 2526 c.c., che attribuiscono ai sottoscrittori diritti patrimoniali e amministrativi ma soggiacciono a significativi limiti operativi e di remunerazione.

Rinnovato il Ccnl dei proprietari di fabbricati

In data 30.10.2025 è stata sottoscritta l’ipotesi di Accordo per il rinnovo, fino al 31.10.2028, del Contratto collettivo nazionale di lavoro per i dipendenti da proprietari di fabbricati, stipulato tra Confedilizia, in rappresentanza della proprietà edilizia, e i sindacati Filcams-Cgil, Fisascat-Cisl e Uiltucs, in rappresentanza dei lavoratori. Il contratto riguarda circa 40.000 lavoratori tra cui i portieri, gli addetti alle pulizie e gli altri dipendenti da proprietari di fabbricati.

La parte normativa è in vigore dal 1.11.2025 mentre la parte economica avrà efficacia a partire dal 1.01.2026.

Dopo lunghe trattative, che hanno tenuto conto della situazione economica generale e dell’esigenza di migliorare il welfare contrattuale, con il rinnovo, sono state anche aggiornate le retribuzioni del comparto adattandole e sterilizzando così l’aumento del costo della vita; operativamente, sono previsti aumenti in 3 fasi: dal 1.01.2026, dal 1.01.2027, dal 1.01.2028.

A copertura del periodo di ultra-vigenza del precedente contratto (2023-2024-2025), scaduto il 31.12.2022, le parti hanno concordato la corresponsione di un’indennità una tantum pari a 1.500 euro per i lavoratori inquadrati nei profili A3/A4 (portieri con pulizie, rispettivamente il primo senza alloggio, il secondo con alloggio) da erogarsi con le seguenti modalità: 500 euro con la retribuzione di novembre 2025; 500 euro con la retribuzione di giugno 2026; 500 euro con la retribuzione di giugno 2027.

Sorteggio e ruolo del revisore nelle società pubbliche

L’esperienza maturata nei decenni nelle amministrazioni e nelle società pubbliche fa emergere spesso situazioni incresciose dovute alla mala gestio e allo sperpero di risorse pubbliche, alimentate dalle contribuzioni dei cittadini, per la gestione della res publica.

Dalle recenti statistiche si annoverano oggi in Italia circa 5.782 imprese attive a partecipazione pubblica e molte delle quali registrano perdite di bilancio che possono influire sul Pil, in quanto l’eventuale ripiano di tali perdite grava sui bilanci pubblici e può influenzare il deficit.

Il ruolo e le funzioni delle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche sono stati nel corso degli ultimi anni oggetto di numerosi interventi, rivolti principalmente al comparto delle amministrazioni locali, finalizzati alla razionalizzazione del settore, sia per aumentarne la trasparenza che per ridurne il numero, anche allo scopo di un contenimento della relativa spesa.

Il complessivo quadro normativo è stato compiutamente ridefinito dal D.Lgs. 19.08.2016, n. 175, recante il Testo Unico in materia di società a partecipazione pubblica (TUSP), che ha dettato una disciplina organica della materia e ha previsto l’adozione di provvedimenti volti alla dismissione delle imprese pubbliche non efficienti o non funzionali alle finalità istituzionali degli enti pubblici.

Riconoscimento competenze sviluppate nel mondo del volontariato

Il D.M. 31.07.2025 (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 24.10.2025, n. 248) rappresenta una tappa decisiva per il riconoscimento delle competenze sviluppate durante l’attività di volontariato. Questo provvedimento attuativo dell’art. 19 del Codice del Terzo settore (D.Lgs. 117/2017) fornisce i criteri per valorizzare, sia in ambito formativo che professionale, le esperienze dei volontari.

Apprendimento permanente – Il decreto si collega infatti a una visione nazionale più ampia sull’apprendimento permanente, avviata con la L. 92/2012 e rafforzata dal D.Lgs. 13/2013, che dà vita a un sistema di certificazione trasparente delle competenze. Sono inoltre recepite le direttive per l’interoperabilità degli enti pubblici emanate nel 2021, che stabiliscono norme precise per tracciabilità, conservazione digitale e autenticità delle certificazioni ottenute.

Ruolo volontariato – Si riconosce formalmente il volontariato come ambiente di formazione non formale, in grado di generare capacità quali cooperazione, gestione del tempo, problem solving, leadership e comunicazione. Il decreto promuove il volontariato, specie tra i giovani, sottolineando come tali esperienze arricchiscano la crescita personale e sociale. Vengono stabiliti criteri rigorosi: almeno 60 ore svolte in 12 mesi, utilizzo di sistemi documentali per la verifica delle competenze e possibilità di iniziativa sia dai volontari sia dagli enti che li accolgono. Non si tratta quindi di semplice attestazione formale, ma di un processo verificato e condiviso.

Design ergonomico e biofilico alleati degli studi professionali

L’ergonomia applicata agli spazi di lavoro mira a ridurre affaticamento e tensioni muscolari. Sedie regolabili con supporto lombare, scrivanie ad altezza variabile e monitor posizionati correttamente aiutano a mantenere una postura corretta. In uno studio di professionisti, dove si lavora molte ore al computer, questi accorgimenti riducono il rischio di dolori cervicali e lombari, migliorando la resa nel lungo periodo.

Un esempio concreto? Sostituire le sedute standard con poltrone ergonomiche ha portato, in alcuni studi, a una riduzione del 30% delle pause non programmate per affaticamento fisico. Questa scelta non solo migliora il comfort individuale, ma incide anche sulla produttività e sulla soddisfazione generale dei dipendenti, creando un ambiente di lavoro più sano e sostenibile. Anche l’illuminazione gioca un ruolo chiave: luci LED regolabili in intensità e temperatura colore (luce calda o fredda), aiutano a mantenere la concentrazione, soprattutto nelle ore pomeridiane, quando il calo di attenzione è più marcato.

Il design biofilico introduce elementi naturali negli ambienti chiusi.

Parità retributiva di genere: principi UE e sfide italiane

Il principio di parità retributiva tra uomini e donne, sancito già nel Trattato di Roma del 1957, ha acquisito nel tempo un valore sostanziale e operativo grazie all’evoluzione normativa dell’Unione Europea. Oggi trova la sua più avanzata formalizzazione nella Direttiva (UE) 2023/970, che mira a rendere effettivo e verificabile il diritto a una retribuzione equa per lavori di pari valore.

L’approccio adottato è profondamente innovativo, poiché si fonda su un sistema articolato di obblighi informativi, misure di trasparenza salariale e strumenti di tutela giuridica. Il datore di lavoro è tenuto a fornire, già in fase di selezione, indicazioni sulla fascia retributiva applicabile alla posizione offerta. Durante il rapporto di lavoro, i dipendenti potranno accedere a dati salariali medi, disaggregati per genere e riferiti a mansioni equivalenti.

Per le aziende con almeno 100 dipendenti, la direttiva introduce l’obbligo di rendicontazione periodica sui divari retributivi di genere. Se la differenza supera il 5%, è prevista una valutazione congiunta, con la partecipazione delle rappresentanze dei lavoratori, finalizzata all’individuazione delle cause e all’adozione di misure correttive.

LinkedIn: i nostri dati usati per addestrare l’AI

LinkedIn ha annunciato un cambiamento importante nei suoi termini di servizio: dal 3.11.2025, la piattaforma ha iniziato a utilizzare dati degli utenti per addestrare modelli generativi di AI e migliorare la personalizzazione delle inserzioni pubblicitarie, in collaborazione con Microsoft e le sue affiliate.

I dati coinvolti includono profili (nome, posizione, esperienze lavorative), post, articoli, commenti e attività nel feed. È importante notare che i messaggi privati non saranno usati. L’impostazione è attiva di default: chi non vuole che i propri contenuti siano utilizzati deve modificare le impostazioni di privacy attive nel pannello “Data for Generative AI Improvement”.

La novità riguarda varie regioni, tra cui l’Europa (UE, EEA, Regno Unito), la Svizzera, il Canada e Hong Kong, dove LinkedIn metterà a disposizione l’opzione di esclusione (opt-out).

Nuovo Bonus mamme: fino a 480 euro per il 2025

L’Inps, con la circolare 28.10.2025, n. 139 e col comunicato stampa della medesima data, ha fornito le istruzioni per la spettanza e l’erogazione del nuovo Bonus mamme (art. 6 D.L. 30.06.2025, n. 95).

Trattasi di un contributo mensile non imponibile ai fini reddituali, che viene erogato nella misura di 40 euro mensili (fino a massimo 480 euro per 12 mensilità) alle madri con almeno 2 figli previa presentazione dell’apposita domanda telematica.

Beneficiarie:

– madri con 2 figli di cui il più piccolo di età inferiore a 10 anni;

– madri con 3 o più figli di cui il più piccolo di età inferiore 18 anni. Sono escluse le lavoratrici a tempo indeterminato già beneficiarie dell’esonero contributivo totale fino al 31.12.2026 (ex art. 1, c. 180 della legge di Bilancio 2024).

C.F e P.IVA: 01392340202 · Reg.Imp. di Mantova: n. 01392340202 · Capitale sociale € 210.400 i.v. · Codice destinatario: M5UXCR1

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