Approvato l’atteso decreto legge in materia di sicurezza

Il nuovo decreto per la sicurezza sul lavoro, approvato dal Consiglio dei ministri, segna un cambio di passo nell’approccio alla tutela dei lavoratori.

L’obiettivo dichiarato è ambizioso: ridurre drasticamente gli infortuni e, soprattutto, le morti sul lavoro, che l’Anmil quantifica in un decesso ogni 8 ore. Un numero definito “tragicamente alto” dal Presidente della Repubblica, che richiama la necessità di un impegno corale dello Stato, delle imprese e delle parti sociali.

Il provvedimento, frutto di un confronto a più riprese con sindacati e associazioni datoriali, agisce su 3 direttrici: premiare la prevenzione, rafforzare i controlli e diffondere la cultura della sicurezza fin dai percorsi scolastici.

Premi alle imprese virtuose e nuovi ispettori – Tra le principali novità spicca l’introduzione di premi e incentivi alle aziende che dimostrano elevati standard di sicurezza, riduzione del tasso di infortuni e rispetto sistematico della normativa prevenzionistica. L’obiettivo è quello di orientare il comportamento organizzativo verso modelli virtuosi, favorendo l’adozione di sistemi di gestione certificati e investimenti strutturali in prevenzione.

Parallelamente, viene potenziato l’organico dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro: nuove assunzioni di ispettori consentiranno di incrementare la capacità di vigilanza sul territorio, garantendo controlli più capillari e tempestivi, soprattutto nei comparti ad alto rischio come l’edilizia e la logistica.

Badge digitale di cantiere – Elemento centrale del decreto è l’introduzione del badge digitale di cantiere, obbligatorio per tutte le imprese in appalto e subappalto, pubbliche e private. Si tratta di una tessera di riconoscimento personale dotata di codice univoco anticontraffazione, in grado di registrare automaticamente la presenza dei lavoratori nei cantieri.

Lo strumento, già sperimentato a Roma e nelle aree della ricostruzione post-sisma, rappresenta un innovativo sistema di tracciabilità che consente di verificare in tempo reale la regolarità contributiva, la formazione e il rispetto delle norme di sicurezza. La digitalizzazione, in questo contesto, diventa alleata della legalità e della prevenzione.

Formazione e cultura della sicurezza – Il decreto rafforza inoltre la dimensione formativa. Come ricordato dal Ministero del Lavoro, il tema della sicurezza non riguarda solo i luoghi di lavoro, ma deve essere affrontato come valore sociale e culturale, a partire dalla scuola.

All’Inail viene affidato un ruolo strategico: promuovere campagne informative e percorsi formativi destinati agli istituti scolastici, con particolare attenzione alla sicurezza stradale, da integrare nell’insegnamento dell’educazione civica. L’obiettivo è quello di costruire una consapevolezza diffusa, capace di prevenire gli incidenti anche in itinere, oggi statisticamente rilevanti ma spesso trascurati.

Cambio di paradigma – Con questo provvedimento, il Governo intende porre le basi per un nuovo modello di governance della sicurezza, fondato su prevenzione, tecnologia e responsabilità condivisa. Non si tratta solo di irrigidire le sanzioni, ma di costruire un ecosistema che renda la sicurezza parte integrante della competitività e della reputazione aziendale.

In un Paese in cui ogni 8 ore un lavoratore perde la vita, la sfida è soprattutto culturale: trasformare la sicurezza da obbligo normativo a valore organizzativo, riconosciuto, misurato e premiato. Solo così il diritto al lavoro potrà coincidere davvero con il diritto alla vita.

Plusvalenza, criteri temporali di ammissione alla rateazione inaspriti

La manovra di bilancio 2026, modificando l’art. 86, c. 4 del Tuir, introduce un inasprimento fiscale in ordine al presupposto temporale per l’ammissione della rateazione e riduce a 3 esercizi (incluso quello del realizzo) i precedenti 5 esercizi (sempre incluso quello del realizzo). Il legislatore, omettendo di considerare il fondamento causale storico della norma, il quale si ricongiunge alla sollecitazione del legislatore delegante che, con l’art. 2, c. 16 L. 825/1971, dispose l’obbligo di introdurre norme idonee a stimolare l’accrescimento dell’efficienza delle strutture produttive, allo scopo non solo di migliorare l’economia nazionale di mercato, ma anche di ampliare le basi imponibili tassabili a vantaggio dell’Erario, arretra i riferimenti temporali per il differimento della tassazione.

A tale proposito, si ricorda che l’originario art. 54, c. 5 D.P.R. 597/1973, da cui dipartono le successive variazioni normative, via via sempre più ristrettive, testualmente disponeva: “Le plusvalenze realizzate ai sensi dei precedenti commi non concorrono a formare il reddito d’impresa se e nella misura in cui siano accantonate in apposito fondo del passivo e siano reinvestite in beni ammortizzabili entro il secondo periodo d’imposta successivo a quello del realizzo. All’atto del reinvestimento l’ammontare reinvestito sarà trasferito al fondo di ammortamento e le quote annue di ammortamento saranno calcolate sulla differenza fra il costo dei beni acquistati o costruiti e l’ammontare reinvestito. L’ammontare non reinvestito entro il secondo periodo d’imposta concorrerà a formare il reddito del periodo stesso”.

Firma digitale: revoca anticipata per alcuni dispositivi

Una scadenza tecnica straordinaria interesserà a breve alcuni specifici modelli di dispositivi di firma digitale, quali token USB wireless o smart card. A causa di un necessario aggiornamento dei requisiti di sicurezza a livello nazionale, uno specifico chip crittografico denominato “Cosmo V9”, presente in alcuni di questi supporti, non sarà più tecnicamente certificato.

La conseguenza è che, dopo il 31.12.2025, il gestore dei certificati InfoCamere sarà obbligato a procedere con la revoca anticipata del certificato di sottoscrizione (la firma digitale) presente su tali dispositivi. Il dispositivo di firma digitale, integrato nella Carta Nazionale dei Servizi (CNS) rilasciata dal sistema camerale, rappresenta uno strumento essenziale per l’operatività di imprese e professionisti.

La CNS è definita come un dispositivo, quale smartcard o token, dotato di microprocessore e contenente i dati personali del titolare. La sua funzione primaria è consentire l’autenticazione certa in rete e l’accesso sicuro ai servizi online erogati dalle Pubbliche Amministrazioni (Agenzia delle Entrate, Inps, ecc.), così come disciplinato dall’art. 64 del CAD. Tale identificazione avviene attraverso il certificato digitale di autenticazione, rilasciato da una PA (come la Camera di Commercio) che si avvale di una Certification Authority.

La peculiarità della CNS delle Camere di Commercio, tuttavia, è l’inclusione del certificato di sottoscrizione, che permette di apporre la firma digitale con pieno valore legale, equiparabile alla firma autografa. La firma digitale apposta su un documento garantisce 3 principi fondamentali: l’autenticità, assicurando l’identità del firmatario; l’integrità, certificando che il contenuto non sia stato modificato o manomesso post-firma; il non ripudio, che impedisce al firmatario di disconoscere la paternità o il contenuto del documento sottoscritto.

Alla luce di quanto sopra, in questa sede è fondamentale sottolineare che la problematica di revoca anticipata impatterà esclusivamente il certificato di sottoscrizione (firma), mentre il certificato di autenticazione (CNS) rimarrà valido e operativo fino alla sua naturale scadenza.

Per garantire la continuità operativa, sono state predisposte 2 soluzioni alternative.

La prima consiste nell’utilizzo di un servizio di firma remota gratuita. Il titolare del dispositivo revocato potrà infatti continuare a firmare digitalmente i documenti attraverso un servizio online “one shot” messo a disposizione gratuitamente da InfoCamere. Questa modalità operativa sfrutta il certificato di autenticazione CNS ancora valido, ma necessita di una connessione Internet e dell’impiego dei software specifici, come firma4ng o l’app DigitalDNA.

La seconda soluzione prevede la sostituzione gratuita del dispositivo, direttamente allo sportello, previa restituzione del dispositivo in scadenza. È stata prevista anche una procedura online: l’utente potrà acquistare il nuovo dispositivo e, successivamente, richiedere il rimborso del diritto di segreteria pagato, a condizione che avvenga la restituzione del dispositivo oggetto di revoca.

Dato che la concentrazione delle richieste di sostituzione a ridosso della scadenza di fine anno potrebbe generare significativi disagi, InfoCamere invierà a breve una comunicazione diretta ai titolari dei dispositivi interessati dalla revoca. Per fornire la necessaria assistenza, gli uffici camerali attiveranno inoltre canali di contatto dedicati, inclusi specifici recapiti telefonici ed e-mail, per la gestione dei chiarimenti. Si raccomanda, pertanto, a tutti i professionisti e agli imprenditori di monitorare con massima attenzione le comunicazioni ricevute, al fine di verificare tempestivamente se il proprio dispositivo rientri tra quelli affetti dal problema e poter quindi valutare in tempo utile la soluzione più adatta alle proprie esigenze operative e, in caso si opti per la sostituzione fisica, prenotare con adeguato anticipo l’appuntamento allo sportello.

Antiriciclaggio, periodicità e incisività dei controlli

Quadro normativo e interpretativo – Il D.Lgs. 21.11.2007, n. 231 disciplina, fra gli altri, gli obblighi di adeguata verifica della clientela (artt. 17-30) nei rapporti professionali, con decorrenze, modalità e sanzioni.

Il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili, in virtù del ruolo di organismo di autoregolamentazione, ha emanato:

– le Regole Tecniche Antiriciclaggio in data 16.01.2019, oggetto di costante aggiornamento;

– le Linee Guida del 22.05.2019 esplicative (non vincolanti nei dettagli tecnici) che forniscono esempi, modulistica, comportamenti consigliati per gli iscritti;

– con deliberazione 16.01.2025, n. 9 le nuove versioni delle regole tecniche che introducono alcune novità e semplificazioni.

I clienti forniscono per iscritto, assumendosi la responsabilità civile, amministrativa e penale per dichiarazioni non veritiere, tutte le informazioni necessarie e aggiornate per consentire ai soggetti obbligati di adempiere agli obblighi di adeguata verifica.

È il modello AV.4, allegato alle Linee Guida del 22.05.2019 come “Dichiarazione del cliente”, il prestampato utilizzato, normalmente, al fine di riportare in forma scritta le notizie previste dalla normativa, ovvero che il professionista ritiene necessarie, ai fini dell’adeguata verifica.

Fine della neutralità fiscale nelle operazioni su azioni proprie

L’art. 32 del disegno alla legge di Bilancio 2026, approvato dal Consiglio dei Ministri in data 17.10.2025, prevede l’introduzione di interventi di rilievo in relazione al trattamento fiscale delle operazioni aventi a oggetto azioni o quote proprie, incidendo in modo diretto sul principio di derivazione rafforzata previsto dall’art. 83 del Tuir.

La disposizione, in attesa della piena attuazione della riforma fiscale stabilita dalla L. 111/2023, prevede che la differenza tra il corrispettivo derivante dalla cessione di azioni o quote proprie e il relativo costo di acquisto debba essere ricompresa tra i ricavi, in deroga al citato principio di derivazione.

L’intervento legislativo comporta un mutamento strutturale della natura fiscale dell’operazione, trasformando un evento finora neutrale in un fatto generatore di reddito imponibile.

Acconti nel CPB 2024-2025 e 2025-2026

I soggetti che hanno aderito alla proposta formulata con il CPB 2025-2026 si trovano a dover versare gli acconti con le modalità e caratteristiche disciplinate dall’art. 20 D.Lgs 13/2024, che resta valido anche per il CPB 2024-2025. L’art. 20 cit. prevede che l’acconto Ires/Irpef e Irap relativo ai periodi d’imposta oggetto del concordato è determinato secondo le regole ordinarie ,tenendo conto dei redditi e del valore della produzione netta concordati. Tuttavia, vi sono peculiarità per il 1° anno di applicazione del concordato, ossia il 2025 per il CPB 2025-2026.

Per il 1° periodo d’imposta di adesione al CPB:

a) se l’acconto Ires/Irpef è determinato con metodo storico, è dovuta una maggiorazione di importo pari al 10% della differenza, se positiva, tra il reddito concordato e quello di impresa/lavoro autonomo dichiarato per il periodo 2024, rettificato secondo quanto previsto dagli articoli 15 e 16;

b) se l’acconto Irap è determinato con metodo storico, è dovuta una maggiorazione di importo pari al 3% della differenza, se positiva, tra il valore della produzione netta concordato e quello dichiarato per il periodo precedente, rettificato secondo quanto previsto dall’art. 17;

c) se, invece, l’acconto è determinato con metodo previsionale (quindi sul 2025), la 2ª rata di acconto è calcolata come differenza tra l’acconto complessivamente dovuto in base al reddito e al valore della produzione netta concordato e quanto versato con la 1ª rata calcolata secondo le regole ordinarie.

Assistenza tecnica e l’ancora dell’art. 182 c.p.c.

Nel mare sempre più agitato del contenzioso tributario, l’assistenza tecnica rappresenta quell’ancora che impedisce al contribuente la deriva. Non parliamo di un requisito formale, ma stiamo discorrendo di una condizione necessaria per far valere le proprie ragioni in modo corretto e consapevole.

L’art. 12 D.Lgs. 546/1992 stabilisce che, oltre una certa soglia di valore, il contribuente non può agire da solo: serve un professionista abilitato. Tuttavia, la Cassazione (Cass. Civ. Sez. V, ord. 6.08.2025, n. 22730) ha chiarito che la mancanza iniziale di difensore non comporta automaticamente l’inammissibilità del ricorso, in quanto prima di chiudere le porte, il giudice deve invitare la parte a regolarizzare la propria posizione, applicando l’art. 182 c.p.c.

Nel contenzioso tributario c’è un obbligo spesso sottovalutato: l’assistenza tecnica oltre una certa soglia di valore (art. 12 D.Lgs. 546/1992). Non siamo al cospetto di un vezzo formale, ma di una sana garanzia, eppure, capita che ricorsi o riassunzioni vengano depositati senza difensore abilitato, oppure davanti al giudice sbagliato. Il rischio è di buttare via il merito per inciampare sulla procedura. Qui fortunatamente entra in scena l’art. 182 c.p.c., la famosa “ancora” che evita naufragi inutili.

Valenza della CU come prova

Con l’ordinanza 7.10.2025 n. 26972 la Suprema Corte pone l’attenzione su una casistica relativa al valore di prova, fornito dalla Certificazione Unica rilasciata dal datore di lavoro, relativamente alla mancata erogazione di retribuzioni.

Un lavoratore aveva proposto ricorso, presso il Tribunale di Foggia, al fine di ottenere la condanna del datore di lavoro al pagamento della somma di 14.295,96 euro a titolo di differenze retributive e di Tfr; seguiva un’ulteriore vertenza, derivante da un decreto ingiuntivo, emesso su istanza del lavoratore. Il problema è legato, per quanto di nostro interesse, alla discrepanza che sarebbe emersa, nel numero delle giornate lavorate, tra la Certificazione Unica e i cedolini paga, quest’ultimi firmati per quietanza dal lavoratore.

Il Giudice di prime cure, su tale aspetto, riteneva irrilevante quanto esposto nella CU “attesa la sua valenza esclusivamente fiscale”, precisando inoltre che l’accertata l’autenticità della sottoscrizione dei cedolini avrebbe reso inconsistente la pretesa del lavoratore.

Nel secondo grado del giudizio di merito, la Corte d’Appello di Bari modifica parzialmente la decisione di primo grado, facendo propri i seguenti insegnamenti:

– in relazione alle sottoscrizioni delle buste paga, viene spiegato che le stesse “sono mere quietanze a saldo e non rinunzie o transazioni, sicché non trova applicazione l’art. 2113 c.c., poiché non risulta in alcun modo dal loro contenuto la consapevolezza del lavoratore di rinunziare o di transigere in ordine ai diritti oggetto di lite”;

Verbale unico degli ispettori del lavoro, è direttamente impugnabile?

L’ordinanza della Cassazione n. 27132/2025 pareva scardinare un criterio certo, vale a dire che il verbale di illecito, notificato direttamente dagli ispettori, divenisse da un giorno all’altro oggetto di possibile impugnazione autonoma, in realtà non è così, se non in una particolare circostanza.

I funzionari di vigilanza dell’Ispettorato contestano le violazioni attraverso un atto che, se vogliamo usare categorie note, ha natura endoprocedimentale e anche premiale, nel senso che si compone di una parte di diffida a regolarizzare aspetti e condotte non lecite, diffida che ove non adempiuta si trasforma in illecito che prevede una sanzione ridotta (il famoso doppio del minimo o terzo del massimo della sanzione edittale ex L. 689/1981).

L’atto che contiene di solito ambedue le fasi si chiama appunto verbale unico di accertamento e notificazione e, notoriamente, essendo un atto interlocutorio e avendo anche la funzione di ammissione al pagamento in misura ridotta, non è direttamente impugnabile da chi lo riceve. 

Verifiche Iva periodiche specifiche eseguite dall’organo di revisione

L’organo di revisione degli enti locali non svolge verifiche Iva periodiche specifiche, ma si occupa principalmente delle verifiche di cassa e di tesoreria trimestrali (art. 223 e 239 del Tuel) per accertare la regolarità e la correttezza delle entrate e delle uscite. L’attività di verifica riguarda quindi la gestione finanziaria e contabile, compresa la corretta tenuta delle scritture contabili e la verifica della regolarità degli adempimenti fiscali in generale ma non una verifica periodica specificamente sull’Iva.

L’ente locale, non avendo per oggetto esclusivo o principale l’esercizio di attività commerciali o agricole, è soggetto all’imposta ai sensi dell’art. 4, c. 4 D.P.R. 633/1972, per le cessioni di beni e le prestazioni di servizi effettuate nell’ambito di attività commerciali svolte abitualmente. Secondo la normativa comunitaria (art. 13 Direttiva 2006/112/CE), non sono considerati soggetti passivi in quanto pubbliche autorità tranne quando il loro non assoggettamento provocherebbe distorsione della concorrenza.

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