DURC e scostamento ragionevole: i chiarimenti del Ministero del Lavoro

Con risposta all’interpello n. 3/2025, il Ministero del Lavoro ha fornito risposte ad ANPIT, ossia l’Associazione Nazionale per Industria e Terziario, sul tema del rilascio del DURC (Documento Unico di Regolarità Contributiva), strumento fondamentale per le imprese sotto diversi profili, basti pensare al settore degli appalti, oltre a costituire un requisito essenziale per l’accesso alle agevolazioni.

In via preliminare, occorre precisare che il DURC consiste in una verifica, effettuabile con modalità esclusivamente telematiche e in tempo reale, avente a oggetto la regolarità contributiva di imprese e lavoratori autonomi nei confronti di Inps, Inail e, se del caso, anche Casse Edili. Il controllo si estende ai pagamenti dovuti fino all’ultimo giorno del secondo mese antecedente a quello in cui la verifica è effettuata.

In caso sia attestata la regolarità dei versamenti, il DURC regolare avrà validità per 120 giorni dalla data di richiesta; in caso contrario, le autorità competenti emetteranno un invito a regolarizzare e il richiedente avrà 15 giorni di tempo per aderirvi e ottenere il rilascio del documento. In mancanza, saranno avviate le procedure di accertamento e sanzione.

Con l’interpello, l’Associazione chiedeva se sia possibile interpretare la nozione di “scostamento non grave”di cui all’art. 3, c. 3, D.M. 30.01.2015 nel senso che, ove le situazioni debitorie nei confronti degli enti previdenziali siano costituite esclusivamente da accessori di legge (sanzioni/interessi), e, dunque, prive di un’effettiva omissione contributiva (perché già sanata), l’ente previdenziale sia tenuto a rilasciare comunque un DURC attestante la regolarità contributiva.

Il predetto art. 3 specifica che le autorità sono comunque tenute al rilascio del DURC regolare in caso di:

– rateizzazioni concesse dall’Inps, dall’Inail o dalle Casse edili ovvero dagli Agenti della riscossione;

– sospensione dei pagamenti in forza di disposizioni legislative;

– crediti in fase amministrativa oggetto di compensazione per la quale sia stato verificato il credito dagli Enti preposti alla verifica e che sia stata accettata dai medesimi Enti;

– crediti in fase amministrativa in pendenza di contenzioso amministrativo sino alla decisione che respinge il ricorso;

– crediti in fase amministrativa in pendenza di contenzioso giudiziario sino al passaggio in giudicato della sentenza;

– crediti affidati per il recupero agli Agenti della riscossione per i quali sia stata disposta la sospensione della cartella di pagamento o dell’avviso di addebito a seguito di ricorso giudiziario.

Infine, la regolarità sussiste in presenza di uno scostamento non grave tra le somme dovute e quelle versate, con riferimento a ciascun Istituto previdenziale e a ciascuna Cassa edile; in particolare, l’omissione deve essere pari o inferiore a 150,00 euro comprensivi di eventuali accessori di legge.

Secondo il Ministero del Lavoro, l’interpretazione prospettata da ANPIT non è condivisibile in quanto le sanzioni civili costituiscono un accessorio delle omissioni contributive e, come tali, le presuppongono. Inoltre, la normativa quantifica in maniera esatta lo scostamento non grave e, a prescindere che si tratti del contributo omesso o della relativa sanzione, le autorità competenti dovranno attenersi esclusivamente alla verifica del superamento o meno della cifra indicata dalla legge. Quindi, anche nel caso in cui lo scostamento riguardi esclusivamente sanzioni non pagate, se il relativo importo dovesse essere superiore a 150,00 euro, si sarebbe in presenza di una causa ostativa al rilascio del DURC regolare.

Come strutturare procedure di lavoro efficaci

Una procedura ben congegnata non è solo un documento formale, ma uno strumento operativo che trasforma la conoscenza dei singoli in prassi condivisa, riducendo errori, tempi morti e dispersione di competenze. Vediamo, dunque, quali sono i passaggi fondamentali e le caratteristiche per realizzare procedure davvero efficaci.

Pilastri di una procedura efficace – Una procedura di lavoro efficace si fonda su 3 elementi cardine: chiarezza, misurabilità e sostenibilità.

La chiarezza implica che ogni passaggio sia descritto in modo univoco, senza spazio per interpretazioni ambigue. Nelle professioni giuridico-economiche, dove la precisione è fondamentale, un’istruzione vaga può tradursi in errori costosi: una scadenza fiscale non rispettata o un calcolo contributivo errato possono compromettere la reputazione dello studio.

La misurabilità richiede l’inserimento di indicatori di performance (KPI) che permettano di verificare l’efficacia della procedura. Quanto tempo richiede mediamente l’elaborazione di una busta paga? Quante revisioni necessita un bilancio prima dell’approvazione? Questi dati consentono di identificare colli di bottiglia e aree di miglioramento.

Anche le aree urbane sono soggette a Imu

Secondo la Cassazione (sentenza n. 26673/2025), anche le aree urbane classificate catastalmente in categoria catastale F/1 (come i giardini e cortili attigui alle abitazioni) sono soggette a imposta e da considerarsi come aree fabbricabili. Quanto affrontato dai Giudici della Suprema Corte rappresenta una annosa questione, che vede da una parte chi considera tassabile questa categoria catastale come F/1 e chi, al contrario, la considera pertinenza di fabbricati e quindi esente da tassazione.

Il caso di specie trae origine dall’impugnazione di un diniego al rimborso presentata da un contribuente per un versamento di imposta relativo ad un’area classificata come F/1 e che vedeva accolte le sue doglianze, seppur parzialmente, nei primi 2 Gradi di Giudizio: da qui il ricorso per Cassazione dell’Ente Impositore.

Il Comune contestava la decisione dei Giudici per essere stata affermata la spettanza del rimborso sulla base della sola carenza di rendita per l’immobile classificato in categoria F/1, senza aver minimamente considerato la destinazione urbanistica dei terreni oggetto del contendere, individuati dal Piano Regolatore come edificabili.

I Giudici di Ultimo Grado hanno anzitutto ricordato che, per costante orientamento della Corte “l’edificabilità di un’area, ai fini dell’applicabilità del criterio di determinazione della base imponibile fondato sul valore venale, deve essere desunta dalla qualificazione ad essa attribuita nel piano regolatore generale adottato dal Comune, indipendentemente dall’approvazione dello stesso da parte della Regione e dall’adozione di strumenti urbanistici attuativi, fermo restando che l’inapplicabilità del criterio fondato sul valore catastale dell’immobile impone di tener conto, in concreto, della maggiore o minore attualità delle sue potenzialità edificatorie, nonché della possibile incidenza degli ulteriori oneri di urbanizzazione sul valore dello stesso in comune commercio”.

Il principio appena esposto è stato specificamente ribadito dalla giurisprudenza di legittimità anche per le aree classificate in categoria F/1, ritenendosi che l’edificabilità debba essere desunta dalle previsioni della pianificazione urbanistica.

Proseguendo nel ragionamento, secondo i Giudici della Suprema Corte “Le “aree urbane” F/1 non possono per loro natura essere assimilate ai terreni agricoli poiché esse sono, comunque, il prodotto di una manipolazione dello stato naturale del suolo, che viene ad essere trasformato dall’intervento dell’uomo e non è più suscettibile di sfruttamento agricolo, ma conserva ancora le potenzialità edificatorie secondo i dettami della pianificazione urbanistica. Ne consegue che, non essendo classificabili come terreni agricoli, né tantomeno come fabbricati, le “aree urbane” devono essere qualificate ai fini dell’Imu come “aree fabbricabili” così come definito dall’art. 5, comma 5, del D.Lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 e successive modificazioni”.

Per ultimo “la difesa non ha mai sollevato la condizione di pertinenzialità delle aree ai fabbricati, limitandosi ad evidenziare la non tassabilità delle stesse a causa della mancanza di rendita e dell’inquadramento catastale nella categoria F/1”.

In merito a quest’ultima osservazione, ricordiamo che l’art. 1, c. 741 L. 160/2019, in tema di pertinenzialità impone che l’area sia catastalmente unita al fabbricato, ossia “graffata”.

Giovanni Chittolina e Paolo Salzano

LinkedIn e addestramento dell’IA: cosa devono sapere gli utenti

A partire dal 3.11.2025, LinkedIn ha avviato l’utilizzo dei dati personali degli utenti europei per addestrare i propri sistemi di intelligenza artificiale generativa. L’iniziativa, già oggetto di attenzione da parte del Garante per la protezione dei dati personali italiano e delle autorità europee, solleva importanti questioni in materia di privacy e tutela dei dati.

È utile ricordare che la piattaforma LinkedIn rappresenta oggi il principale spazio di networking professionale, contando più di 160 milioni di iscritti sul territorio europeo e registrando un incremento del 14% nei primi 6 mesi dell’anno. Nonostante soltanto il 36% degli utenti si colleghi con frequenza mensile, si tratta comunque di una platea superiore ai 50 milioni di professionisti attivi: una dimensione che nessun altro canale orientato al business è in grado di garantire.

In merito alla portata del trattamento si segnala che LinkedIn intende processare un’ampia gamma di informazioni degli utenti maggiorenni: dati del profilo professionale, contenuti pubblicati (post, articoli, commenti), attività nei gruppi, risposte alle offerte di lavoro e interazioni con le funzionalità di IA già presenti sulla piattaforma. Restano esclusi messaggi privati, credenziali di accesso, dati di pagamento e informazioni sulla retribuzione.

Prelazione agraria e imprese agricole giovanili: alcune incertezze

Quadro normativo di riferimento – La prelazione agraria è disciplinata dagli artt. 8 L. 590/1965 e 7 L. 817/1971, che riconoscono al coltivatore diretto e al confinante la possibilità di acquistare, con priorità rispetto a terzi, i fondi agricoli messi in vendita. Si tratta di uno strumento volto a favorire la continuità della conduzione agricola, evitando la frammentazione del patrimonio fondiario e sostenendo l’agricoltura familiare.

Con la L. 36/2024, il legislatore ha voluto estendere parte delle tutele anche alle nuove generazioni di agricoltori e alle forme societarie giovanili, introducendo un elemento di modernità in un istituto concepito oltre mezzo secolo fa.

Novità per le imprese agricole giovanili – La legge riconosce la possibilità di esercitare la prelazione anche a favore delle imprese agricole costituite prevalentemente da giovani, purché ricorrano alcune condizioni. In particolare: almeno la metà dei soci o del capitale deve essere detenuta da soggetti con età inferiore ai 41 anni; deve risultare attiva nella conduzione diretta del fondo o in possesso di un titolo legittimo di godimento sullo stesso; la società deve essere iscritta nella sezione speciale del Registro delle Imprese agricole come “impresa agricola giovanile”.

Licenziamento per mancata corretta comunicazione dell’assenza

Un passaggio rilevante, in relazione alla liceità di un licenziamento per assenza ingiustificata, è legato non solo alla concreta giustificazione dell’assenza dal lavoro, ma anche alla corretta comunicazione al datore di lavoro di tale assenza, onere che grava direttamente sul lavoratore.

Un caso interessante, trattato dal Tribunale di Latina con la sentenza 6.10.2025, n. 1105, ci propone la delicata distinzione tra giustificazione dell’assenza contestata e corretta comunicazione della stessa da parte dal lavoratore. Un onere, quest’ultimo, che spetta al dipendente nel rispetto dei concetti civilistici di correttezza e buona fede (ex artt. 1175 e 1375 c.c.) ed è ordinariamente previsto da norme del Ccnl.

La fattispecie in esame riguarda un lavoratore arrestato per circa un mese, il quale si era limitato a riferire l’accaduto ad alcuni colleghi, con ciò ritenendo di aver ottemperato ai suoi obblighi comunicativi verso il proprio datore. Al dipendente, dopo regolare contestazione disciplinare per assenza ingiustificata di 15 giorni ex art. 7 L. 300/1970, era stata comminata la sanzione espulsiva, tenendo conto che il Ccnl applicato prevedeva tale penalità per un’assenza non giustificata protrattasi per 5 giorni.

Il superamento delle soglie non trova giustificazione

Con la sentenza 28.07.2025, n. 27644, la Corte di Cassazione ha nuovamente affrontato il delicato tema dell’omesso versamento dell’Iva e della possibilità di invocare la nuova causa di non punibilità prevista dall’art. 13, c. 3-ter D.Lgs. 74/2000.

Il caso riguardava un amministratore subentrato in una società già in forte sofferenza economica, con un ingente debito Iva maturato a partire dall’anno d’imposta 2015 e non estinto neppure nel 2016, quando il nuovo rappresentante aveva assunto la carica.

Nonostante i molteplici tentativi adottati per risanare la situazione, tra cui si collocava la vendita di immobili aziendali e la ricerca di partner operativi, la Corte ha escluso ogni valenza scriminante, fondando il rigetto del ricorso su un elemento centrale, stante nell’entità del debito Iva, che si stimava troppo elevata rispetto a quella che rappresentava la soglia penale.

Tale questione offre un interessante spunto di riflessione vertente sul significato della “tenuità” dopo la riforma del 2024. Il citato intervento legislativo ha previsto che, per i reati di omesso versamento (tra cui l’Iva), possa trovare applicazione la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. In pratica, il nuovo c. 3-ter impone al giudice una valutazione articolata, fondata non solo sull’entità dello scostamento dalla soglia, ma anche sull’avvenuto adempimento parziale o rateale del debito, sull’esistenza di un residuo in fase di estinzione, sull’eventuale stato di crisi ai sensi del Codice della crisi d’impresa.

Riaperto l’affrancamento delle riserve in sospensione d’imposta

L’art. 16 del disegno alla legge di Bilancio 2026 approvato dal Consiglio dei Ministri in data 17.10.2025 consente ai soggetti economici (sia Ires che Irpef) di “liberare” le riserve in sospensione d’imposta mediante il pagamento di un’imposta sostitutiva del 10% (operativamente è prevista l’applicazione delle disposizioni previste dal D.M. Economia 27.06.2025). Così operando: da un lato, viene incentivato l’allineamento tra valori civilistici e fiscali; dall’altro, di conseguenza, queste riserve possono essere utilizzate senza implicazioni fiscali in sede di distribuzione o impiego.

Il presupposto per accedere all’affrancamento è che la riserva esista nel bilancio chiuso al 31.12.2024 e risulti ancora esistente, almeno in parte, nel bilancio chiuso al 31.12.2025.

L’affrancamento può riguardare singole riserve, porzioni di esse, oppure l’intero ammontare complessivo. A titolo esemplificativo sono considerate affrancabili:

– le riserve da rivalutazioni fiscali (ex art. 15 D.L. 185/2008, art. 110 D.L. 104/2020);

– i saldi attivi di rivalutazione monetaria (L. 74/1952, L. 576/1975, L. 72/1983);

– le riserve da rivalutazioni “storiche” (L. 408/1990, L. 413/1991, L. 342/2000, L. 350/2003);

Corsi di formazione: attestati sempre accessibili all’ex dipendente

Con il provvedimento dell’11.09.2025, n. 571, il Garante per la protezione dei dati personali affronta una questione di rilevante interesse: l’obbligo di consegna degli attestati dei corsi di formazione effettuati e del certificato medico di idoneità rilasciato all’ex dipendente dal medico competente all’esito della visita medica periodica.

Il procedimento dinanzi all’Autorità prende le mosse dal reclamo presentato da una lavoratrice dipendente e dimissionaria nei confronti della ex datrice di lavoro, una società operante nel settore della ristorazione, per l’asserito mancato rispetto del diritto di accesso ai propri dati personali, in particolare agli attestati di formazione professionale e al certificato medico di idoneità.

La reclamante aveva presentato le proprie richieste, a voce e via e-mail, senza ricevere tempestivo e idoneo riscontro da parte della ex datrice di lavoro che aveva addotto, a sua discolpa, di essersi “trovata in difficoltà” data la circostanza che l’attestato riguardava i corsi di formazione erogati dal precedente datore di lavoro. Solo dopo aver ricevuto l’invito da parte del Garante privacy, la società, a mezzo PEC, aveva inviato, alla lavoratrice reclamante, la documentazione richiesta.

In via generale, evidenzia il Garante, gli attestati dei corsi di formazione del lavoratore contengono dati personali riferiti allo stesso, ai quali l’interessato ha diritto di accedere ai sensi dell’art. 15 del Regolamento (Ue) 2016/679.

La società ex datrice di lavoro:

Contributo in conto impianti tardivo ai professionisti

L’Agenzia delle Entrate ha fornito importanti chiarimenti sul trattamento fiscale dei contributi in conto impianti incassati dopo anni dall’acquisizione dei beni strumentali a cui essi si riferiscono. La risposta n. 277/2025 affronta la fattispecie di un professionista che, avendo acquistato attrezzature nel 2022 e regolarmente dedotto le quote di ammortamento, riceve l’agevolazione (regionale) solo nel 2025. La domanda sorge naturale: come deve tassare tutto questo?

Il D.Lgs. 192/2024 ha introdotto, a partire del periodo di imposta 2024, il principio di onnicomprensività nel calcolo del reddito di lavoro autonomo. Esso stabilisce che il reddito derivante dall’esercizio di arti e professioni è costituito dalla differenza tra tutte le somme e i valori in genere percepiti in relazione all’attività e l’ammontare complessivo delle spese sostenute nel medesimo periodo. Questa formulazione segna un cambiamento rilevante rispetto alla disciplina precedente, introducendo nel regime professionale un principio sino ad allora presente solo per i redditi da lavoro dipendente. Ciò comporta che componenti reddituali ordinariamente estranee alla base imponibile, come le sopravvenienze attive, acquisiscono rilevanza fiscale anche per i professionisti.

Nel caso sottoposto all’attenzione delle Entrate, il professionista ha percepito il contributo nel 2025 mentre l’acquisizione delle attrezzature risale al 2022, con conseguente deduzione di quote di ammortamento negli anni 2022, 2023 e 2024.

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