Formazione su misura: pubblicato l’Avviso 8/2025 di Fondoprofessioni

Con l’Avviso 8/2025 Fondoprofessioni mira a finanziare piani formativi innovativi e altamente personalizzati, progettati per rispondere in modo preciso alle esigenze specifiche del mercato del lavoro e del comparto professionale.

La finalità principale è realizzare un’analisi approfondita dei fabbisogni del singolo lavoratore o di piccoli gruppi, un passaggio cruciale per apportare un reale valore aggiunto al percorso formativo proposto.

Dotazione finanziaria – Le attività formative ammesse devono prevedere modalità in affiancamento e on the job, escludendo quelle basate esclusivamente sull’aula o la formazione a distanza. L’Avviso mette a disposizione un totale di 600.000 euro suddivisi in 2 sportelli da 300.000 euro ciascuno.

Tali disponibilità potranno essere, eventualmente, integrate in seguito a delibera del C.d.A. di Fondoprofessioni, anche procedendo a scorrimento in base al punteggio qualitativo risultante dalla valutazione.

Contributo massimo per ogni singolo piano formativo – Il contributo massimo per ogni singolo piano formativo è di 4.000 euro con la possibilità di coinvolgere da 1 a 3 discenti e una durata minima di 16 ore, per un costo massimo di 100 euro per ora/allievo. I contributi sono concessi nell’ambito del regime “de minimis”.

Soggetti beneficiari – I piani formativi sono rivolti ai dipendenti (con contratto a tempo determinato/indeterminato o di apprendistato) degli Studi/Aziende che abbiano già aderito a Fondoprofessioni prima della presentazione del piano. I soggetti coinvolti includono l’Ente Proponente (lo Studio/Azienda aderente e beneficiario del finanziamento) e l’Ente Attuatore, una struttura accreditata presso il Fondo, responsabile di tutte le fasi del piano, dalla progettazione alla rendicontazione.

Termine di presentazione dei piani – Sarà possibile presentare i piani formativi a partire dal 15.09.2025.

Per la presentazione del piano formativo a Fondoprofessioni, dovrà essere fornita la seguente documentazione:

– domanda di finanziamento, timbrata e sottoscritta dal rappresentante legale dell’Ente proponente;

– documenti d’identità del rappresentante legale dell’Ente proponente e del/i dipendente/i coinvolto/i;

– accordo di condivisione corredato da tutti gli scambi mail-Pec intercorsi con le parti sociali, con allegata proposta del piano, a comprova dell’avvenuta condivisione;

– certificato di attribuzione della partita Iva (per lo Studio professionale) o visura camerale (per l’azienda) dell’Ente proponente;

– schermata del “cassetto previdenziale” Inps dell’Ente proponente, per attestare l’adesione a Fondoprofessioni;

– eventuale documentazione per provare lo status di neoassunto del/i dipendente/i coinvolto/i.

Ccnl Studi professionali – I datori di lavoro che applicano il Ccnl Studi professionali e aderiscono integralmente alla bilateralità possono chiedere ad Ebipro, Ente bilaterale di settore, il rimborso del 100% della retribuzione sostenuta dei dipendenti in formazione, fino a un massimo di 40 ore annue a dipendente, nel caso di partecipazione ai piani formativi finanziati tramite Fondoprofessioni. Tale domanda di rimborso dovrà essere formulata seguendo quanto previsto dallo specifico Regolamento pubblicato sul sito di Ebipro.

Definizione degli obiettivi di apprendimento – L’individuazione dei fabbisogni e degli obiettivi di apprendimento misurabili dovrà avvenire a partire dall’analisi delle caratteristiche dello Studio/Azienda Proponente e dei destinatari. A tal proposito, sarà necessario effettuare una mappatura delle mansioni e dei saperi/competenze posseduti dal singolo destinatario, propedeutica all’individuazione dei fabbisogni e degli obiettivi di apprendimento, anche attraverso strumenti quali interviste, questionari, ecc. Gli obiettivi di apprendimento misurabili dovranno essere adeguatamente approfonditi e riportati all’interno del formulario di presentazione del piano, declinandoli in funzione dei destinatari.

Impresa sociale: alcuni punti critici della disciplina

Premesso che conditio sine qua non per accedere alla qualifica è l’esercizio in forma stabile e principale di un’attività d’impresa di interesse generale, si evidenziano 2 criticità riscontrate nella pratica, che possono influire sulle scelte da fare in ordine alla riforma del Terzo settore.

La prima criticità riguarda il coinvolgimento dei lavoratori, degli utenti e degli altri soggetti interessati all’attività dell’impresa sociale. La riforma si ispira alla nozione di impresa “comunità” tipica del diritto commerciale tedesco, ma estranea alla nostra tradizione sindacale basata sulla contrapposizione capitale-lavoro.

La norma fornisce una rappresentazione dell’impresa basata sulla condivisione di interessi tra i principali stakeholder coinvolti nella gestione dell’impresa stessa. Per coinvolgimento deve intendersi un meccanismo di consultazione o partecipazione mediante il quale lavoratori, utenti e altri soggetti direttamente interessati all’attività siano posti in grado di esercitare un’influenza sulle decisioni dell’impresa sociale.

Particolarmente impegnativo, tenuto conto della prassi descritta sopra, è l’art. 11, c. 4 D.Lgs. 112/2017, il quale prevede che gli statuti delle imprese sociali devono in ogni caso disciplinare:

– i casi e le modalità di partecipazione dei lavoratori e degli utenti, anche tramite loro rappresentanti all’assemblea degli associati o dei soci;

Corrispettivi: verso l’addio progressivo al supporto cartaceo

L’approvazione della risoluzione parlamentare n. 7-00286 ha dato il via libera formale a un processo di digitalizzazione che potrebbe ridisegnare completamente le modalità di documentazione delle transazioni commerciali. La risoluzione, approvata il 17.06.2025, delinea un percorso temporale articolato in fasi successive.

Dal 1.01.2026, in applicazione dell’art. 1, c. 74 della legge di Bilancio 2025 che ha introdotto il collegamento obbligatorio tra sistemi di pagamento elettronici (POS) e registratori telematici (RT), l’Esecutivo si impegna ad adottare iniziative normative volte a limitare l’obbligo di emissione del documento commerciale su supporto cartaceo esclusivamente alle transazioni effettuate mediante contanti.

Per le transazioni regolate attraverso strumenti di pagamento elettronici, viene prevista l’emissione del documento commerciale secondo modalità alternative: prioritariamente in forma elettronica, nel rispetto della normativa sulla privacy e con l’impiego di mezzi idonei e immediati per fornire al cliente la certezza dell’avvenuta memorizzazione del corrispettivo da parte dell’esercente – come, ad esempio, un messaggio visualizzato sul display del registratore telematico. Alternativamente, resta garantita la possibilità per il cliente di richiedere il documento in forma cartacea quale facoltà espressamente riconosciuta dalla disciplina in via di definizione. Il legislatore ha evidenziato come “la natura meramente commerciale di gran parte dei documenti citati appare irragionevole sotto il profilo ambientale”, sottolineando l’opportunità di superare la produzione di documenti “sostanzialmente inutili, non riciclabili e con un significativo impatto ambientale sia in riferimento alla produzione sia allo smaltimento dei medesimi”. Tale considerazione, che trova riscontro nelle politiche europee di sostenibilità ambientale, costituisce il fondamento teorico dell’intera riforma.

La fase conclusiva del processo è fissata per il 1.01.2027, quando tutti gli strumenti tecnologici per la memorizzazione elettronica e la trasmissione telematica dei corrispettivi all’Agenzia delle Entrate dovranno essere predisposti per la generazione e trasmissione all’acquirente del documento commerciale anche in formato digitale.

Nella prassi applicativa, tuttavia, emergono questioni di non secondaria importanza. L’obbligo di dotare i registratori telematici di funzionalità per la trasmissione digitale dei documenti commerciali comporterà inevitabilmente costi di adeguamento tecnologico a carico degli esercenti. La risoluzione non affronta espressamente la questione della prova dell’acquisto in caso di dematerializzazione. Nell’esperienza comune, lo scontrino cartaceo costituisce spesso l’unico elemento probatorio per il consumatore in caso di resi, garanzie o contestazioni. La gestione di tale aspetto richiederà probabilmente l’implementazione di sistemi di identificazione univoca delle transazioni, con conseguenti implicazioni in termini di privacy e protezione dei dati personali. Occorrerà definire con precisione le modalità attraverso cui sarà garantita la “certezza dell’avvenuta memorizzazione del corrispettivo” e stabilire procedure standardizzate per la gestione delle eventuali contestazioni. La semplice visualizzazione di un messaggio sul display del registratore telematico potrebbe non risultare sufficiente in caso di malfunzionamenti o errori di sistema.

La transizione verso la dematerializzazione presenta anche profili di interesse dal punto di vista dell’efficienza amministrativa. L’eliminazione del supporto cartaceo comporterà una significativa riduzione dei costi operativi per gli esercenti e consentirà all’Amministrazione Finanziaria di disporre di un flusso informativo completamente digitalizzato, con evidenti vantaggi in termini di controllo e monitoraggio dei corrispettivi. Il cronogramma stabilito dalla risoluzione appare ragionevolmente graduale, consentendo agli operatori economici di adeguarsi progressivamente alle nuove modalità operative. Tuttavia, sarà fondamentale che i decreti attuativi forniscano indicazioni tecniche precise sulle caratteristiche che dovranno possedere i sistemi di memorizzazione e trasmissione digitale, al fine di garantire uniformità di comportamenti e compatibilità tra i diversi dispositivi presenti sul mercato.

Quando il marketing ci fa lo sgambetto

Sappiamo tutti che la pubblicità spesso esagera, racconta bugie e utilizza video, immagini e parole per colpire la nostra emotività e spingerci all’acquisto. Tuttavia, fa parte di questa società e, volenti o nolenti, dobbiamo conviverci. Il potere influenzante ha come fulcro il funzionamento della mente umana che sottoposta a certi stimoli produce azioni, a volte razionali, a volte istintive, inconsce.

È proprio su questo fattore che lavorano alcuni stimoli: l’azione nasce da un desiderio, da un’emozione; l’emozione spesso è generato da un’immagine, tipo foto o video. E se non ci sono foto o video? Non importa, l’immagine si genera anche in seguito ad una frase o una parola detta dal venditore: parliamo di “immagini mentali”.

E la visualizzazione mentale predilige immagini concrete, facilmente visualizzabili.

Se vi dicessi “Non pensate alle scimmie”, probabilmente nella mente vi apparirà proprio una scimmia, anche se la mia indicazione voleva l’opposto.

Perché? Le parole “non” “pensate” “alle” non danno immagini. La parola “scimmie”, invece, sì. Se poi, per esempio, voi aveste repulsione verso le scimmie, oltre all’immagine avvertireste anche un senso di fastidio: ecco l’emozione.

Società di comodo, test d’operatività senza rivalutazioni civilistiche

La Cassazione, con l’ordinanza 17.06.2025, n. 16359, accoglie le doglianze della ricorrente che aveva escluso nel test di operatività le rivalutazioni civilistiche degli asset sottolineando come l’art. 30, c. 2 L. 794/1994 stabilisca che “Ai fini dell’applicazione del c. 1, i ricavi e i proventi nonché i valori dei beni e delle immobilizzazioni vanno assunti in base alle risultanze medie dell’esercizio e dei 2 precedenti. Per la determinazione del valore dei beni si applica l’art. 110, c. 1, del Tuir”.

Tale ultima norma prevede che “Agli effetti delle norme del presente capo che fanno riferimento al costo dei beni senza disporre diversamente… c) il costo dei beni rivalutati, diversi da quelli di cui all’art. 85, c. 1, lett. a), b) ed e), non si intende comprensivo delle plusvalenze iscritte ad esclusione di quelle che per disposizione di legge non concorrono a formare il reddito”. Ai fini del test di operatività non rilevano, quindi, le prescrizioni dell’art. 2500-ter c.c. a mente del quale: “il capitale della società risultante dalla trasformazione deve essere determinato sulla base dei valori attuali degli elementi dell’attivo e del passivo e deve risultare da relazione di stima” redatta a norma di legge”.

Sul piano civilistico la trasformazione è regolata dagli artt. 2498-2500 c.c. e si sostanzia in un mutamento del regime ordinamentale della società e comporta la modificazione dell’atto costitutivo della società trasformata, ma non la nascita di un nuovo soggetto in sostituzione di quello precedente.

Organismo di vigilanza e collegio sindacale: compiti e responsabilità

Nell’ambito del giudizio sull’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili, previsto dall’art. 2403 c.c. a carico del collegio sindacale, un ruolo molto importante riveste la presenza o meno dell’Organismo di Vigilanza, adottato dall’azienda a presidio del c.d. MOG, il modello organizzativo e di gestione tendente alla prevenzione dei reati presupposto previsti dal D.Lgs. 231/2001. Deve infatti essere ricordato che ormai parecchie normative con risvolti di carattere penale sono richiamate e periodicamente introdotte e aggiornate nel contesto del citato D.Lgs. 231/2001 che prevede, a determinate condizioni, la possibilità di condannare per responsabilità oggettiva anche la persona giuridica. Le conseguenze della condanna potrebbero essere molto invasive sino a minacciare la stessa continuità aziendale e la prevenzione di tali fattispecie risulta quindi opportuna e anzi doverosa in assetti organizzativi definibili come “adeguati”.

La prevenzione e un modello organizzativo adeguato, funzionante e ben presidiato evitano infatti (o comunque costituiscono un esimente o un’attenuante in senso atecnico del termine) la condanna per responsabilità oggettiva della società. Infatti, citando da una risposta riportata dal comando generale della Guardia di Finanza, durante Telefisco di gennaio 2023 “I modelli organizzativi svolgono, come noto, all’interno dell’ente, il ruolo di veri e propri “sensori” dei rischi di reato, assolvendo contemporaneamente a un’attività di monitoraggio e prevenzione. In tale ambito, il D.Lgs. 231/2001, in chiave di protezione da eventuali responsabilità, prevede non solo che gli stessi siano adottati, ma che siano idonei, ossia adeguati alla specifica struttura e alla concreta attività dell’ente nei rapporti interni e nelle relazioni esterne, ed efficacemente attuati”. 

Attività d’ufficio assicurabili alla voce di tariffa Inail 0722

Con la circolare 24.06.2025, n. 38 l’Inail, in aggiunta alle istruzioni tecniche delle Tariffe dei premi, chiarisce e approfondisce il corretto ambito di applicazione della voce di tariffa 0722 e la natura delle attività assicurabili. La voce di tariffa 0722, indipendentemente dalla gestione tariffaria, afferisce alle cosiddette “attività d’ufficio”, ovvero a tutte quelle che, nell’ambito del rapporto di lavoro impiegatizio, siano stabilmente accessorie e strumentali all’attività “intellettuale”.

Come ricordato nella circolare, la voce di tariffa 0722 trae origine dall’emanazione delle tariffe dei premi 2000, sostituendo, con medesima declaratoria uguale per tutte le gestioni tariffarie (ma con tassi diversi), la previgente voce 0813. Il suddetto passaggio non cambia il perimetro delle attività sostanzialmente assicurabili, ma ne risalta meglio il concetto di accessorietà e strumentalità a quella strettamente intellettuale, riferendole espressamente alle “Attività d’ufficio, Attività di “call center” e di sportelli informatizzati, Compreso l’uso del veicolo personalmente condotto per l’accesso ad altri uffici”.

Sulla base del summenzionato concetto, l’Inail intende riferirsi, ad esempio, alle attività:

– svolte normalmente in ambito amministrativo con uso diretto di computer e altre macchine elettriche da ufficio presso imprese, enti e studi professionali che assicurano la corretta gestione amministrativa e contabile, i rapporti con la clientela, l’amministrazione del personale, nonché il personale tecnico degli uffici (per esempio, i progettisti) e simili;

MLBO non elusivo in presenza di un effettivo cambio di controllo

Con le sentenze gemelle 20.06.2025, nn. 16559 e 16567, la Corte di Cassazione ha consolidato l’orientamento secondo cui le operazioni di merger leveraged buy out (MLBO) non sono da ritenersi automaticamente elusive, purché sorrette da valide ragioni economiche e accompagnate da un effettivo mutamento dell’assetto di controllo della società target.

Le decisioni riguardano un’operazione straordinaria del 2007, strutturata secondo lo schema civilistico dell’art. 2501-bis c.c., nella quale 2 soci paritetici della società Alfa (ciascuno titolare del 50%) avevano ceduto le proprie partecipazioni a una newco (Epsilon), dagli stessi partecipata ciascuno per il 25%, mentre il restante 50% era detenuto da un nuovo investitore terzo, Zeta. Quest’ultima era una sub-holding appartenente a un primario gruppo industriale nel settore energetico, settore in cui operava la società target. La newco aveva finanziato l’operazione con un prestito bancario e, successivamente, si era fusa per incorporazione nella società acquisita, trasferendo così l’onere del debito su Alfa, con la finalità di consentire la deducibilità degli interessi passivi alla target, dotata di elevato ROL.

L’Agenzia delle Entrate aveva inizialmente qualificato l’operazione come elusiva (ex art. 37-bis D.P.R. 600/1973), contestando la deduzione degli interessi da parte di Alfa e sostenendo che l’operazione era priva di valide ragioni extrafiscali.

Controllo delle E-mail e della navigazione web dei dipendenti

Il provvedimento giunge al termine di un ciclo ispettivo dell’Autorità per verificare l’osservanza della normativa privacy da parte della Regione nell’ambito dei trattamenti dei dati dei dipendenti, anche nel caso dello svolgimento del lavoro agile. Numerose le violazioni riscontrate.

Dall’istruttoria del Garante è emerso che la Regione raccoglieva e conservava i log di navigazione in Internet – consistenti in informazioni inerenti ai siti web visitati dai dipendenti, inclusi quelli relativi ai tentativi falliti di accesso ai siti censiti in una apposita black list – senza aver stipulato un accordo collettivo con le rappresentanze sindacali e aver adottato adeguate garanzie a tutela dei lavoratori. Tale trattamento consentiva tra l’altro al datore di lavoro di entrare in possesso di informazioni non attinenti all’attività lavorativa e relative alla sfera privata dei dipendenti.

In particolare, l’Autorità ha evidenziato:

– l’inosservanza della disciplina di settore in materia di controlli a distanza, in riferimento alla conservazione dei metadati generati dall’attività del personale dipendente relativamente sia all’utilizzo del servizio di posta elettronica che alla navigazione in Internet;

– il mancato rispetto delle condizioni previste dalla disciplina di settore con riguardo all’utilizzo dei metadati raccolti per altri fini connessi alla gestione del rapporto di lavoro;

Ccnl Lapidei aziende industriali: elemento di garanzia a giugno

Con il prossimo cedolino paga di giugno 2025 spetta ai lavoratori aventi diritto, cui viene applicato il contratto collettivo nazionale di lavoro Lapidei aziende industriali (contratto collettivo nazionale di lavoro per i lavoratori dipendenti da aziende esercenti le attività di escavazione e lavorazione dei materiali lapidei) un elemento di garanzia retributiva (E.G.R.).

Ai dipendenti a tempo indeterminato, ai lavoratori a tempo determinato di durata superiore a 6 mesi e alle altre tipologie di lavoro subordinato in forza al 1.01 di ogni anno, nelle aziende prive di contrattazione di 2° livello concernente il premio di risultato o altri istituti retributivi comunque soggetti a contribuzione e che nel corso dell’anno precedente (1.01-31.12) non abbiano percepito altri trattamenti economici individuali o collettivi comunque soggetti a contribuzione oltre a quanto spettante dal Ccnl, è riconosciuto un importo a titolo di elemento economico di garanzia (E.G.R.) pari a 210 euro ovvero una cifra inferiore fino a concorrenza in caso di presenza di un trattamento economico aggiuntivo a quello fissato dal Ccnl. Si ricorda, tra l’altro, che tale importo:

– viene erogato in unica soluzione con le competenze del mese di giugno ed è corrisposto pro-quota con riferimento a tanti dodicesimi quanti sono stati i mesi di servizio prestati dal lavoratore, anche in modo non consecutivo, nell’anno precedente (la prestazione di lavoro superiore a 15 giorni va considerata, a questi effetti, come mese intero);

C.F e P.IVA: 01392340202 · Reg.Imp. di Mantova: n. 01392340202 · Capitale sociale € 210.400 i.v. · Codice destinatario: M5UXCR1

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