Acquisti intraUE di beni: regole Iva e adempimenti collegati

Ai sensi dell’art. 20 della Direttiva 2006/112/CE, si configura un acquisto intracomunitario quando un soggetto passivo acquisisce il potere di disporre come proprietario di un bene mobile materiale spedito o trasportato dal venditore, dall’acquirente o per loro conto, a destinazione dell’acquirente in uno Stato membro diverso dallo Stato UE di partenza. In Italia, la disciplina di riferimento è contenuta nell’art. 38 e ss. D.L. 30.08.1993, n. 331. L’art. 38, c. 1, qualifica come acquisti intracomunitari quelli effettuati da soggetti passivi nazionali presso fornitori stabiliti in altri Stati membri, con effettivo trasferimento fisico dei beni sul territorio italiano. L’art. 17, c. 2 D.P.R. 633/1972 stabilisce che l’imposta è assolta dall’acquirente mediante il meccanismo dell’inversione contabile: il soggetto italiano integra con Iva la fattura estera ricevuta senza applicazione dell’imposta e la registra a debito e a credito. Gli acquisti intra-UE devono essere trasmessi al Sistema di Interscambio (SdI) in formato XML, valorizzando il campo“Tipo documento” con TD18, per assolvere alla comunicazione delle operazioni transfrontaliere.

Il corretto assolvimento dell’imposta richiede la verifica preliminare dell’iscrizione del cessionario e del cedente nel sistema VIES (VAT Information Exchange System), ai sensi dell’art. 35 D.P.R. 633/1972. In mancanza di tale iscrizione può venir meno la non imponibilità Iva dell’operazione, con conseguente applicazione dell’imposta del Paese d’origine. L’acquirente italiano, una volta integrata la fattura, deve procedere alla doppia annotazione nei registri Iva acquisti e vendite, secondo i termini ordinari previsti dagli artt. 23 e 25 D.P.R. 633/1972, assicurando la corretta imputazione dell’imposta nel periodo di competenza.

Recentemente nella causa T-638/24 (conclusioni del 29.10.2025 dell’avvocato Generale dell’Unione Europea) è stato esaminato l’effetto di un’errata fatturazione da parte del cedente comunitario. Sul punto, è stato chiarito che un errore formale nella fattura, come l’indebito addebito dell’Iva in luogo della non imponibilità per una cessione intracomunitaria, non esonera l’acquirente dall’assolvere l’imposta nel proprio Stato membro di destinazione. L’Avvocato Generale ha richiamato i principi generali sanciti dalla Direttiva 2006/112/CE, sottolineando che la qualificazione dell’operazione non può dipendere esclusivamente da elementi formali, ma dal contenuto economico e territoriale della transazione.

La riflessione offerta dalla causa T-638/24 rafforza l’esigenza per gli operatori di garantire un presidio documentale rigoroso. L’acquirente italiano, pertanto, deve assicurare la corretta applicazione del meccanismo dell’inversione contabile, la tempestiva comunicazione dei dati allo SdI e la disponibilità delle prove materiali del trasferimento fisico della merce.

Si ricorda infine che, parallelamente agli adempimenti fiscali, l’acquisto intracomunitario comporta l’onere di presentare gli elenchi riepilogativi Intrastat. Le istruzioni precisano che le informazioni contenute nei modelli INTRA 2-bis per gli acquisti di beni sono rese per finalità statistiche. Sul punto, si ricorda che dal 2022 la presentazione è obbligatoria, su base mensile, qualora l’ammontare totale trimestrale di detti acquisti sia, per almeno uno dei 4 trimestri precedenti, uguale o superiore a 350.000 euro.

Retribuzione ferie: Cassazione conferma l’inclusione delle indennità

Attraverso l’ordinanza 12.10.2025 n. 27250, la Corte di Cassazione è tornata su un tema di grande rilievo pratico: la composizione della retribuzione dovuta durante il periodo di ferie.

La vicenda trae origine dal ricorso di un capo treno dipendente di un’azienda di trasporti, che aveva chiesto il riconoscimento di differenze retributive derivanti dall’esclusione, nella base di calcolo delle ferie, di alcune indennità accessorie: quelle di permanenza a bordo, di riserva, di efficienza, di servizio fuori distretto e le provvigioni.

Il Tribunale di Milano aveva dichiarato nullo il ricorso per difetto di specificità, ma la Corte d’Appello aveva riformato la decisione, accogliendo integralmente la domanda del lavoratore. Secondo i giudici di secondo grado, le indennità in questione erano strettamente collegate alle mansioni di capo treno e, pertanto, dovevano essere ricomprese nella retribuzione feriale.

La società ha impugnato la sentenza dinanzi alla Suprema Corte, sollevando 3 motivi di ricorso: la nullità del ricorso introduttivo per carenza di oggetto, l’errata interpretazione delle norme interne e comunitarie in materia di ferie retribuite e, infine, la decorrenza della prescrizione dei crediti.

Livigno extra-UE, Monaco Francia. Regole operative a confronto

Livigno è fuori dal territorio Iva italiano e unionale ai fini del D.P.R. 633/1972, mentre il Principato di Monaco si considera territorio francese: questa distinzione cambia radicalmente qualificazione e adempimenti delle operazioni per beni e servizi (art. 7, c. 1, lett. c) D.P.R. 633/1972 e circ. Ag. Entrate 16.02.2009, n. 3/E).

Cessioni di beni “situati e ubicati” a Livigno – Ai sensi dell’art. 7-bis D.P.R. 633/1972, sono fuori campo per territorialità. Se i beni sono spediti “dall’Italia” a Livigno l’operazione è esportazione “non imponibile”, con obbligo di fattura e annotazione della norma di non imponibilità, ai sensi degli artt. 8 e 21, c. 6, lett. b) D.P.R. 633/1972, e gestione probatoria secondo la disciplina dell’export. L’introduzione in Italia di beni provenienti da Livigno integra “un’importazione ai fini Iva al superamento del confine comunale”, con assolvimento dell’imposta in dogana e possibili regimi particolari ove ricorrano i presupposti.

Per i servizi, il criterio generale B2B individua il “luogo nel committente”, salvo deroghe specifiche: alloggio e servizi connessi a immobili nel luogo dell’immobile, ristorazione/catering nel luogo di esecuzione. Una prestazione resa a Livigno non è territorialmente rilevante in Italia quando ricadente nelle deroghe (artt. 7-ter e 7-quater D.P.R. 633/1972). Quando interviene una stabile organizzazione, rileva se la stessa partecipa effettivamente alla prestazione con mezzi umani/tecnici, altrimenti il prestatore è considerato non stabilito e l’Iva si assolve con reverse charge in capo “al committente italiano”.

Fatture e comunicazioni: per operazioni verso soggetti di Livigno è possibile emettere e-fattura via SdI con codice destinatario “0000000” e natura N3.1 se esportazione; l’invio via SdI assorbe l’esterometro per la stessa operazione. Per acquisti “non territorialmente rilevanti in Italia” si applica l’esterometro se l’importo per singola operazione supera 5.000 euro; in alternativa, in molti casi, l’invio del file XML via SdI soddisfa anche l’adempimento comunicativo.

Cessioni a clienti di Monaco – Le cessioni si trattano “come operazioni con la Francia”; ricorrendone i presupposti, sono “cessioni intracomunitarie non imponibili” e richiedono numero Iva UE valido del cessionario (verificabile in VIES), movimentazione e adempimenti Intra. La mancanza del VIES rende l’operazione imponibile in Italia.

Come prova di operazioni estere, per export e cessioni intra, è necessario conservare documentazione idonea (tra cui fattura, elenchi INTRA e prova del trasporto, es. CMR/polizza/carico).

Si analizzano alcuni esempi operativi:

– esportazione Italia verso Livigno: vendita macchinario con resa FCA. Emissione FE TD01, causale “Esportazione art. 8 DPR 633/1972 – Livigno”, natura N3.1; CodiceDestinatario 0000000; prova di uscita con documenti doganali/CMR; niente esterometro poiché transitata via SdI;

– import Livigno verso Italia: acquisto merce con sdoganamento a Tirano. Iva in dogana all’atto d’ingresso per importazione, con eventuale utilizzo di regimi disponibili ove spettanti;

– servizio alberghiero a Livigno per impresa italiana: “fuori campo in Italia” per regola specifica; se la fattura estera supera 5.000 euro e non transita via SdI, invio dati in esterometro entro i termini previsti;

– cessione a impresa di Monaco: in presenza di numero Iva FR valido (VIES) e movimentazione, fattura non imponibile ex art. 41 con elenchi Intra (N3.2 – operazioni non imponibili – cessioni intracomunitarie.); se il numero VIES non è valido al momento della cessione, l’operazione è imponibile in Italia.

Enpaia: nuovo Manuale per azienda, consulenti e iscritti

È online, sul sito della Fondazione Enpaia, il nuovo “Manuale Per Azienda, Consulenti e Iscritti” relativo alla gestione degli aspetti contributivi, utile per gli stakeholders. In quella sede, tra le cose più rilevanti, sono dettagliati i seguenti aspetti:

– accesso ai servizi online;

– apertura nuova posizione assicurativa;

– riattivazione posizione assicurativa già esistente;

– gestione dei rapporti di lavoro, anche con riferimento a variazioni e sospensioni (ad esempio, per malattia e/o infortunio);

– gestione delle denunce mensili, ma anche di quelle integrative e per arretrati;

– richiesta rateizzazioni ed estratti conto contabili;

– rilascio certificazioni;

– variazioni di inquadramento previdenziale;

– conferimento Tfr e conto individuale a fondi complementari.

Si ricorda che la Fondazione Enpaia, ai sensi della L. 1655/1962, in veste privatistica ancorché vigilata ex D.Lgs. 509/1994, gestisce le forme di previdenza obbligatoria per gli addetti e per gli impiegati e dirigenti in agricoltura: ossia il Fondo Tfr, il Fondo di previdenza e l’assicurazione infortuni.

Forza maggiore e sanzioni tributarie: un nuovo orientamento

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza 27.10.2025, n. 28509, ha ritenuto che non si renda raccordabile alle prerogative della forza maggiore lo stato di latitanza e di arresto di un contribuente incorso nell’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno 2004, presentata solo dopo alcuni anni. La Cassazione riforma la sentenza della C.T.R. della Puglia che uniformandosi alla sentenza della C.T.P. di Foggia aveva accolto il ricorso del contribuente.

Per la Cassazione la nozione di forza maggiore, quale causa di non punibilità di cui all’art. 6, c. 5 D.Lgs. 472/1997 richiede la sussistenza di un elemento oggettivo, costituito da circostanze anormali ed estranee al contribuente, e di un elemento soggettivo, correlato al dovere dello stesso contribuente di premunirsi contro le conseguenze dell’evento anormale, mediante l’adozione di misure appropriate, pur senza incorrere in sacrifici eccessivi. La forza maggiore è stata ancor di recente ricostruita dalla Cassazione alla stregua di una situazione di “impedimento oggettivo caratterizzato dalla non imputabilità (nel senso dell’indipendenza dalla volontà del contribuente), anche a titolo di colpa, inevitabilità e imprevedibilità dell’evento” (Cass. n. 3699/2025).

Nel caso in esame per il Giudice di legittimità “il contribuente per un verso ha scelto la via della latitanza, per altro verso non si è minimamente premunito rispetto all’impatto sulla propria capacità di manovra e rapidità d’azione della detenzione in carcere, che comunque è situazione tutt’altro che estranea e avulsa rispetto al contribuente medesimo”.

Qualificazione della spesa per l’organizzazione di un evento a premi

Le aziende in questo periodo, dato l’avvicinarsi delle festività, stanno investendo in costi per eventi, omaggi e attività promozionali. La corretta classificazione fiscale di queste spese diventa un elemento cruciale per la gestione dell’Iva e della deducibilità del costo. La linea di demarcazione tra “spese di pubblicità” e “spese di rappresentanza” è sottile quanto fondamentale e la Corte di Cassazione, con l’ordinanza 13.09.2025, n. 25144, ha fornito ulteriore chiarezza.

La vicenda esaminata traeva origine da un atto di accertamento riguardante fatture relative all’organizzazione di manifestazioni a premi. La società riteneva che le spese sostenute fossero da qualificarsi come spese di pubblicità, mentre l’Agenzia delle Entrata le considerava spese di rappresentanza. Quest’ultima qualificazione, è bene ricordare, comporta l’indetraibilità dell’Iva ai sensi dell’art. 19-bis 1, lett. h) del D.P.R. 633/1972.

Nell’esaminare la questione, i giudici della Cassazione hanno richiamato il Decreto del Ministro dell’Economia e Finanze del 19.11.2008, che definisce inerenti alle spese sostenute per finalità promozionali o di pubbliche relazioni, volte a generare (anche potenzialmente) benefici economici per l’impresa.

Sequestro e confisca dell’unica casa nei reati tributari

La recente giurisprudenza di legittimità ha offerto una chiarificazione essenziale, sebbene severa, che impone ai professionisti di ricalibrare l’analisi del rischio patrimoniale connesso ai reati tributari. Con la sentenza n. 34484/2025 (e la coeva n. 34485/2025), la Cassazione, Sez. Pen., ha ribadito e consolidato un principio rigoroso: il divieto di pignorabilità dell’unico immobile del debitore, previsto dalla normativa sulla riscossione fiscale (art. 76, c. 1, lett. a) D.P.R. 602/1973), non trova applicazione quando si agisce in sede penale per reati fiscali.

Limite fiscale: l’impignorabilità della “unica casa” – Per comprendere appieno la portata della pronuncia penale, è necessario fissare i paletti della protezione in ambito tributario. La norma sull’espropriazione esattoriale tutela il contribuente solo nei confronti dell’Agenzia delle Entrate-Riscossione (ex Equitalia) per debiti tributari. In tale contesto, l’esattore non può procedere al pignoramento se sussistono congiuntamente 3 condizioni, che il professionista deve accertare con meticolosità nel caso concreto: l’immobile deve essere l’unico di proprietà del debitore (anche una quota di garage o terreno fa cadere la protezione); deve essere adibito a uso abitativo civile e non rientrare nelle categorie catastali di lusso (A/8 o A/9); deve essere la residenza anagrafica del debitore.

Trasferimento crediti edilizi nel conferimento d’azienda

Un’importante precisazione dell’Agenzia delle Entrate arriva proprio quando aumentano i casi di imprenditori che trasformano la loro attività in società di capitali. Quando si trasferisce un’azienda individuale in una società a responsabilità limitata mediante conferimento, i crediti d’imposta generati dalle agevolazioni edilizie non seguono automaticamente il percorso che molti credono. La risposta interpretativa dell’Agenzia delle Entrate all’interpello 4.11.2025, n. 281 dissipa definitivamente i dubbi rimasti irrisolti.

Innanzitutto, bisogna sgombrare il terreno da un equivoco diffusissimo. Il conferimento di azienda, a differenza di fusioni o scissioni, non determina quella che si definisce “successione universale” degli elementi attivi e passivi. Secondo l’art. 176 del Testo Unico delle Imposte sul Reddito, l’operazione gode sì di neutralità fiscale; tuttavia, questo beneficio non produce automaticamente il trasferimento integrale dei diritti e degli obblighi fiscali verso la società che riceve il conferimento. È una distinzione sottile, ma decisiva sul piano operativo. Cosa significa concretamente? I crediti derivanti dai bonus edilizi vengono effettivamente trasferiti unitamente al complesso aziendale, ma il loro passaggio non avviene “per inerzia amministrativa”. Piuttosto, la norma qualifica questo trasferimento come una vera e propria cessione del credito, soggetta quindi ai vincoli disciplinati dall’art. 121 D.L. 34/2020. Questo è il punto nevralgico che spesso sfugge: il conferimento di crediti edilizi, sebbene tecnicamente possibile, incide significativamente sulla disponibilità residua di cessioni libere consentite dalla normativa vigente.

Perdite fiscali residue nel consolidato fiscale

La modifica del criterio di attribuzione delle perdite fiscali residue, comunicata in sede di rinnovo tacito dell’opzione per il regime di consolidato fiscale, è efficace anche in caso di interruzione del regime nel primo esercizio del nuovo triennio, a condizione che tale modifica sia stata espressamente comunicata all’Agenzia delle Entrate e recepita nella dichiarazione dei redditi del consolidante. Lo ha precisato l’Agenzia delle Entrate nella risposta all’interpello 4.11.2025, n. 282.

Nel caso esaminato Alfa Srl (società consolidante, operativa da decenni in ambito industriale e poi divenuta holding a seguito della cessazione delle attività produttive) aveva in essere un consolidato fiscale con la controllata Beta Spa sin dal 2016. Alla scadenza naturale del triennio 2022-2024, in assenza di revoca, il regime di consolidato si è rinnovato tacitamente per il triennio 2025-2027, come previsto dall’art. 117, c. 3 del Tuir. Tuttavia, nel febbraio 2025, Beta è stata ceduta a Gamma Spa, determinando l’interruzione del regime per perdita del controllo. In vista della cessione, Alfa e Beta avevano convenuto, con decorrenza 1.01.2025, la modifica del criterio di attribuzione delle perdite fiscali residue, prevedendo l’attribuzione delle stesse alle società che le avevano effettivamente prodotte, anziché la conservazione in capo alla consolidante.

La Nuova Sabatini: come richiederla

Se il contribuente decidesse di acquistare o acquistare in leasing un macchinario, al ricorrere delle condizioni più sotto descritte, potrebbe fruire dell’agevolazione “Beni strumentali – Nuova Sabatini”.

La Nuova Sabatini è stata rifinanziata dalla legge di Bilancio 2025 con 1,7 miliardi di euro per il periodo 2025-2029. Questa agevolazione nasce per facilitare l’accesso al credito delle imprese e viene gestita dal Ministero delle Imprese e del Made in Italy.

Si tratta di un contributo in conto impianti (non in regime de minimis) che va a coprire parte degli interessi pagati dall’impresa su finanziamenti che devono andare da un minimo di 20.000 euro a un massimo di 4.000.000 per l’acquisto in proprietà o in leasing di macchinari, attrezzature, impianti, hardware, software e tecnologie digitali. Non sono ammissibili spese relative a terreni e fabbricati e gli investimenti devono avere le seguenti caratteristiche:

– autonomia funzionale dei beni;

– correlazione dei beni all’attività produttiva svolta dall’impresa.

C.F e P.IVA: 01392340202 · Reg.Imp. di Mantova: n. 01392340202 · Capitale sociale € 210.400 i.v. · Codice destinatario: M5UXCR1

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