La notizia, che da qualche settimana circolava tra gli addetti ai lavori, ora trova una conferma: il nuovo regime Iva per gli enti del Terzo settore e per lo sport dilettantistico, previsto a partire dal prossimo 1.01.2026, verrà rinviato, probabilmente, di 10 anni. La proroga non sarà quindi un semplice rinvio “tecnico” di pochi mesi, ma un differimento di lungo periodo, destinato a congelare fino al 1.01.2036 il passaggio dal sistema di esclusione al regime di esenzione Iva per una larga parte delle attività svolte dagli enti non profit.
A chiarire la direzione ormai tracciata è stato Andrea Giannone, dirigente del Ministero dell’Economia e delle Finanze, intervenuto nel corso dell’evento conclusivo della settima edizione di Cantieri Viceversa, iniziativa promossa da Forum Terzo settore e Forum per la finanza sostenibile. Giannone ha spiegato che gli uffici del Mef stanno lavorando per recepire le richieste provenienti sia dalle reti associative sia dalle commissioni parlamentari, con l’obiettivo di inserire la proroga all’interno del decreto legislativo attuativo della legge delega 111/2023 già licenziato in prima lettura a luglio oppure, se i tempi tecnici lo imponessero, nel “primo veicolo utile”. Secondo quanto trapela da fonti ministeriali, la scelta della proroga decennale sarebbe ormai definita nella sua architettura essenziale, proprio per concedere agli enti un orizzonte temporale sufficientemente ampio e non costringerli a continui aggiustamenti a ridosso delle scadenze.
Il nuovo assetto Iva, come è noto, nasce dalla procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea nel 2008 nei confronti dell’Italia in relazione al trattamento delle attività non commerciali degli enti non profit. La normativa interna, facendo leva sull’articolazione dell’art. 4 D.P.R. 633/1972, aveva storicamente collocato molte prestazioni svolte dagli enti associativi in un’area di totale esclusione dall’imposta, con la conseguenza che né l’ente né l’erario trattavano tali operazioni come rilevanti ai fini Iva. È opportuno notare che si tratta di un passaggio solo in apparenza neutro: l’esenzione, a differenza dell’esclusione, comporta comunque l’assoggettamento formale all’imposta, con tutti i correlati obblighi dichiarativi e contabili.
Secondo la scansione originaria, il nuovo regime sarebbe dovuto entrare in vigore il 1.01.2022. La realtà è stata diversa. Di fronte alle difficoltà organizzative degli enti, in larga parte di piccole dimensioni e con strutture amministrative ridotte, il legislatore è intervenuto più volte rinviando l’operatività. La decorrenza è stata spostata dapprima al 1.01.2024, poi al 1.07.2024, successivamente al 1.01.2025 e infine al 1.01.2026. Con la scelta, ormai annunciata, di una proroga di 10 anni, si arriverebbe così alla quinta modifica del calendario, ma con un impianto più stabile, che evita di riproporre ogni anno la stessa incertezza. Nella prassi, molti enti avevano già iniziato a interrogarsi su come riorganizzare la propria operatività, valutando l’apertura della partita Iva, l’adeguamento dei sistemi informativi, l’eventuale esternalizzazione della contabilità.
Sul piano concreto, l’entrata in vigore del nuovo regime Iva significherebbe per gli enti del Terzo settore l’obbligo di gestire registri Iva, liquidazioni periodiche, dichiarazioni annuali, oltre alla corretta qualificazione delle attività tra operazioni esenti, imponibili o escluse. È anche per questo che le reti del terzo settore hanno chiesto una moratoria lunga, ritenendo che sia necessario più tempo per completare la riforma del quadro civilistico e fiscale, incluso il pieno dispiegarsi degli effetti del Codice del Terzo settore (D.Lgs. 117/2017) e delle sue disposizioni attuative.
In linea con le pronunce passate, la Corte di Cassazione, con l’ordinanza 24.06.2025, n. 16904, ha ribadito che una gestione non accurata dei finanziamenti soci legittima un accertamento induttivo puro ex art. 39, c. 2, D.P.R. 600/1973.
Una gestione non accurata si traduce nei seguenti elementi indiziari sintomatici di inattendibilità contabile e possibile occultamento di utili:
– la mancanza della capacità finanziaria dei soci a supportare il versamento a titolo di finanziamento di ingenti importi in favore della società;
– la mancanza di una delibera assembleare che legittimi formalmente il finanziamento;
– il versamento dei finanziamenti eseguito in contanti.
Nel caso di specie si riteneva che l’utile in nero conseguito dalla società fosse stato in prima istanza distribuito ai soci i quali, successivamente, lo hanno reinserito nel patrimonio sociale sotto forma di “finanziamenti soci”.
L’Amministrazione Finanziaria ha infatti dato atto che, non avendo la ricorrente giustificato, in considerazione dei loro ingente ammontare, la provenienza delle somme risultanti dalla documentazione contabile e versate a titolo di finanziamento e di apporto di capitale di rischio, correttamente è stato fatto ricorso, in presenza di una contabilità formalmente regolare ma inattendibile, all’accertamento induttivo.
Il Tribunale di Roma, con provvedimento del 23.09.2025, ha stabilito che, in via di prima approssimazione, può ritenersi che le misure cautelari:
– devono avere contenuto diverso rispetto alla tutela già accordata dalle misure protettive;
– devono essere funzionali ad assicurare “provvisoriamente il buon esito delle trattative” (art. 2, lett. q) del Codice della crisi) ovvero (con formula simile) “necessari per condurre a termine le trattative” (art. 19, c. 1 del Codice della crisi) e non, quindi, ad attuare il piano (che in tanto potrà essere attuato solo in quanto vi sia l’adesione finale dei creditori).
Più nello specifico, la finalizzazione delle misure al “buon esito” delle trattative e, ancor di più, il fatto che trattasi pur sempre di strumento rientrante nell’ampio genus delle misure cautelari permette di individuare una serie di limiti all’adozione che possono essere così compendiati:
– non possono produrre effetti, come quelli di accertamento o costitutivi, che sono ordinariamente dipendenti esclusivamente da una pronuncia di merito (cfr. in argomento Cass. n. 10986/2021);
– non possono produrre effetti che non potrebbero essere conseguiti neppure in un giudizio di merito. In altre parole, le misure cautelari hanno quale, implicito ma ineludibile, presupposto la legittimità della misura richiesta, ossia il c.d. fumus boni iuris, il buon diritto in capo al ricorrente a ottenere quella misura secondo la disciplina sostanziale di settore, cui si aggiunge, in questa sede, il vantaggio di poterla ottenere dando prova semplicemente che sia necessaria per il buon esito delle trattative;
– non possono neppure avere quale effetto la disapplicazione di norme di legge (a mero titolo di esempio, non potrebbe ordinarsi di non tener conto di un pignoramento di conto corrente anteriore alla efficacia delle misure protettive al fine di “sbloccare” somme vincolate perché necessarie alla continuità aziendale; ordinarsi l’ammissione della ricorrente ad una gara per l’assegnazione di un appalto in assenza dei requisiti previsti dalla legge o dal bando per parteciparvi). Trattasi di profilo insito nella già predicata necessità della sussistenza del requisito del fumus boni iuris, ma che merita di essere sottolineato, nel senso che nulla autorizza a ritenere che le misure cautelari possano essere un mezzo per eludere l’applicazione di norme di legge solo perché quella elusione sia oggettivamente funzionale al buon esito delle trattative: del resto, accedendo a una diversa linea interpretativa secondo la quale la semplice funzionalità al buon esito delle trattative permetterebbe il superamento di qualsiasi norma (primaria o secondaria che sia) le misure cautelari assumerebbero una valenza unica nel nostro ordinamento, ossia quella di possedere una sorta di generale “licenza di deroga” che, tuttavia, proprio per la natura dirompente che le connoterebbero, avrebbe potuto e dovuto essere espressamente prevista;
– pur potendo astrattamente avere quali destinatari anche terzi, hanno quale naturale ambito di riferimento i rapporti contrattuali preesistenti;
– non possono in ogni caso imporre un sacrificio che appaia sproporzionato o eccessivo al destinatario.
Così ricostruito il quadro normativo, diviene obbligato il diniego della misura con riferimento all’accertamento dei presupposti per il rilascio del DURC.
Preliminarmente si sottolinea come all’Amministrazione Finanziaria in ordine ai poteri di verifica venga precluso il solo ricorso alle presunzioni semplici, rimanendo per il resto integre le ordinarie facoltà di accertamento nei confronti dei contribuenti tenuti all’obbligo delle scritture contabili. Le presunzioni, come noto, si risolvono in giudizi inferenziali tra fatti noti e fatti indotti e non ricalcano le prerogative dei giudizi interpretativi sulle norme di legge che presidiano attraverso la previsione di principi generali (inerenza, certezza, oggettiva determinazione, competenza, cassa) la determinazione del reddito d’impresa o del lavoro autonomo.
L’interpretazione di tali presupposti di governo dei redditi concordatari si presta, al pari di ogni scrutinio esegetico, a giudizi di scienza e di merito che possono divergere sul piano dell’esito. Peraltro, l’ermeneutica di un diritto così specialistico come il diritto tributario richiede la ricerca di una tenuta a sistema che procuri coesione a livello d’intersezione delle norme, necessario in primis a evitare forme distorsive di doppie imposizioni e anche di ammanchi impositivi.
Il riscatto del corso di studi universitario, per i genitori dei neolaureati, può portare a importanti benefici fiscali: se i figli risultano a carico e non hanno mai lavorato, difatti, il 19% di quanto versato per rendere utili gli anni di laurea ai fini della pensione può essere detratto dalle imposte. Inoltre, il costo del riscatto è determinato in maniera analoga a quanto previsto per il riscatto “forfettario-agevolato” (art. 20, c. 6 D.L. 4/2019). Per di più, i contributi accreditati per il riscatto possono essere trasferiti, a domanda e gratuitamente, presso una qualsiasi gestione previdenziale, comprese le casse dei liberi professionisti o estere (circ. Inps n. 14/2024).
Ma procediamo con ordine e analizziamo, nel dettaglio, i vantaggi del riscatto della laurea per figli inoccupati.
Che cos’è il riscatto della laurea per gli inoccupati? Il riscatto della laurea per gli inoccupati consiste nella possibilità, prevista dall’art. 1, c. 77 L. 247/2007, di riscattare gli anni di laurea da parte di chi ancora non abbia iniziato l’attività lavorativa, che dunque non risulta iscritto, al momento della domanda, ad alcuna gestione previdenziale obbligatoria.
Nelle cessioni intracomunitarie, ai sensi degli artt. 41 D.L. 331/1993 e 138 Dir. 2006/112/CE, il trasferimento fisico dei beni in altro Stato membro è condizione necessaria ai fini della non imponibilità Iva e deve essere provato dal cedente, eventualmente utilizzando gli elementi indicati nell’art. 45-bis Reg. 282/2011 oppure qualsiasi altro mezzo sostanzialmente atto allo scopo.
La Corte di Giustizia Europea è stata investita della causa C-639/24, FLO VENEER verso il Ministero delle Finanze croato, e le conclusioni sono state pubblicate il 13.11.2025.
La FLO VENEER è una società commerciale con sede in Croazia che vende tronchi di quercia. Tale società è stata oggetto di una verifica fiscale nel corso della quale è stato constatato che aveva emesso fatture relative alla cessione di tronchi di quercia a un acquirente in Slovenia nel 2020.
La società aveva prodotto dichiarazioni scritte dell’acquirente, come quelle previste all’art. 45-bis, par. 1, lett. b), p. i) Reg UE 282/2011, nonché fatture, attestazioni di spedizione dei beni e lettere di vettura (CMR).
Il Ministero sosteneva però che le condizioni previste dall’art. 45-bis non fossero pienamente soddisfatte.
Il 31.12.2025 rappresenta uno spartiacque per il sistema degli incentivi alle assunzioni. In tale data infatti scadrà il periodo agevolabile di molti degli esoneri contributivi introdotti dal decreto Coesione, sostituiti dal nuovo impianto previsto dalla legge di Bilancio 2026.
Tra i bonus in scadenza figura anche il Bonus donne. Il Bonus è stato introdotto dall’art. 23 D.L. 7.05.2024, n. 60, convertito con modificazioni dalla L. 4.07.2024, n. 95, attuato dal D.M. 11.04.2025. L’Inps ha emanato le indicazioni operative con la circolare 12.05.2025, n. 91.
È riconosciuto un esonero totale, del 100% dei contributi previdenziali ed assistenziali esonerabili a proprio carico, ai datori di lavoro privati, anche del settore agricolo, che assumono a tempo indeterminato (anche part time o a scopo di somministrazione) lavoratrici svantaggiate che si trovano, alla data di assunzione, in una delle seguenti situazioni:
– donne molto svantaggiate ovunque residenti prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 24 mesi;
– donne residenti nella ZES unica Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia, Sardegna), prive di impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi.
Come procedere alla compilazione della domanda per l’agevolazione Nuova Sabatini in caso di acquisto tramite finanziamento di un bene strumentale?
Occorre accedere al sito del Ministero delle Imprese e del Made in Italy nella sezione Beni Strumentali – Nuova Sabatini, accedere alla sezione riservata alle imprese “Accesso imprese” ed entrare con le credenziali SPID.
Si procede quindi alla “Gestione nuove domande” per creare una nuova domanda. Se si desidera fruire della Nuova Sabatini per l’acquisto di un bene strumentale si seleziona “Nuova domanda”. In fase di compilazione è sempre possibile salvare la bozza cliccando sul pulsante “Salva bozza” ed eventualmente chiudendo la domanda se non si possiedono tutte le informazioni richieste, altrimenti è possibile terminarla e quindi utilizzare il pulsante “Valida e chiude” per finalizzare la procedura.
Il governo italiano ha deciso di interrompere il contratto con Paragon, la società israeliana produttrice dello spyware Graphite, al centro di un caso che ha sollevato forte preoccupazione per la tutela della privacy e dei diritti civili. La scelta arriva dopo le rivelazioni secondo cui il software sarebbe stato utilizzato per monitorare giornalisti, attivisti e oppositori politici, generando un ampio dibattito su limiti e responsabilità nell’uso delle tecnologie di sorveglianza.
Lo spyware Graphite consente di penetrare negli smartphone, accedere a messaggi, email, immagini e perfino attivare microfono e fotocamera senza che l’utente se ne accorga. Strumenti di questo tipo sono ufficialmente progettati per supportare attività di sicurezza nazionale, ma in diversi Paesi sono stati denunciati abusi contro figure della società civile.
Il diritto alla riduzione dell’aliquota del contributo addizionale in misura ridotta non può esaurirsi con la fruizione di un unico periodo di integrazione salariale. Lo precisa la Direzione Centrale Entrate dell’Inps in una comunicazione del 4.11.2025 inviata alle sedi territoriali, con la quale fornisce dei chiarimenti sull’esatta applicazione dell’aliquota ridotta per la cassa integrazione, evidenziando che ancorché lo stesso periodo non raggiunga le 52 settimane nel quinquennio mobile, ovvero le 104 settimane nel caso dell’aliquota ridotta al 9% nella fattispecie di cui alla lettera b) dell’art. 5, c. 1-ter D.Lgs. 148/2015, spetta la riduzione.
Viene ricordato che l’art. 1, c. 195, lett. b) L. 234/2021, ha inserito il c. 1-ter all’art. 5 D.Lgs. 148/2015, con il quale viene introdotta dal 1.01.2025, una riduzione del contributo addizionale, posto a carico delle aziende che presentano domanda di integrazione salariale che non abbiano fruito di trattamenti di integrazione salariale ordinaria, straordinaria, ovvero in deroga, per almeno 24 mesi, decorrenti dal giorno successivo al termine dell’ultimo periodo di fruizione di un trattamento di integrazione salariale.
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