Transfer pricing e penalty protection: tutela del contribuente

In Italia, la normativa relativa ai prezzi di trasferimento (transfer pricing) si fonda sull’art. 110, c. 7 del Tuir, che impone di determinare i corrispettivi delle operazioni infragruppo secondo condizioni di libera concorrenza, in conformità ai principi OCSE. Elemento chiave per la difesa del contribuente in caso di controlli fiscali è la predisposizione della documentazione sui prezzi di trasferimento (ovvero il Master file e la Documentazione nazionale), la cui idoneità consente l’accesso al regime di penalty protection previsto dall’art. 1, c. 6 D.Lgs. 471/1997.

La norma prevede l’esclusione delle sanzioni per infedele dichiarazione, qualora la documentazione sia conforme ai requisiti formali e sostanziali stabiliti dal provvedimento dell’Agenzia delle Entrate 23.11.2020, n. 360494. In particolare, la penalty protection opera a condizione che: la documentazione sia debitamente predisposta; il contribuente ne comunichi il possesso in sede di dichiarazione dei redditi; la documentazione sia esibita all’Amministrazione Finanziaria, in sede di accessi, ispezioni, verifiche o altra attività istruttoria.

La presentazione della documentazione nel corso delle attività di controllo non vincola l’Amministrazione Finanziaria ad applicare il regime premiale allorché, pur rispettando le indicazioni formali stabilite dal provvedimento, la documentazione non presenti, nel complesso, contenuti informativi completi e conformi alle disposizioni del provvedimento, compresa la firma elettronica con marca temporale. Lo stesso può accadere qualora le informazioni ivi indicate non corrispondano in tutto o in parte al vero. Tuttavia, in deroga a queste previsioni, deve considerarsi idonea la documentazione in tutti i casi in cui fornisca agli organi di controllo i dati e gli elementi conoscitivi necessari a effettuare un’analisi delle condizioni e dei prezzi di trasferimento praticati, con specifico riguardo alla accurata delineazione delle transazioni e all’analisi di comparabilità, compresa l’analisi funzionale.

Nella circolare 26.11.2021 n. 15/E l’Amministrazione Finanziaria ha chiarito che il concetto di “idoneità” non deve essere letto in chiave formalistica, ma sostanziale. Pertanto, la documentazione deve essere strutturata in modo da offrire una rappresentazione coerente e verificabile della politica di transfer pricing adottata, anche se non perfetta sotto ogni profilo. La giurisprudenza di merito ha rafforzato questa lettura, affermando che la funzione della documentazione non è quella di fornire una verità assoluta o insindacabile, ma di rendere possibile una verifica consapevole da parte del Fisco. Si citano i principi espressi dalle principali sentenze di merito:

– C.T.R. Lombardia 1.06.2017, n. 2454. Ciò che rileva non è la correttezza dei prezzi di trasferimento indicati, ma il fatto che la società mette a disposizione dell’ufficio la documentazione utilizzata;

– C.T.R. Lombardia 28.11.2018, n. 5225. Il manuale di transfer pricing, anche se unico per più società, è da considerarsi adeguato quando contiene tutte le informazioni previste dalla normativa. L’Ufficio può non condividerne la valutazione, ma ciò non esclude l’idoneità della documentazione ai fini della penalty protection;

– C.T.P. Milano 13.05.2021, n. 2099. L’importanza della documentazione non risiede nella perfetta esattezza dell’analisi, quanto piuttosto nella sua disponibilità, chiarezza e tempestività, quale espressione del principio di leale collaborazione sancito dallo Statuto del contribuente;

– C.G.T. Lombardia 10.01.2024, n. 85. Esclusa la penalty protection con una documentazione sostanzialmente coerente, ma accompagnata da una comunicazione formale incompleta (mancato flag nel quadro RS).

In conclusione, se la fiscalità “collaborativa” rappresenta ormai un obiettivo dichiarato del sistema tributario moderno, allora il raggiungimento della stessa dovrebbe necessariamente riflettersi in un atteggiamento coerente anche da parte delle Entrate. A differenza di quanto (ancora troppo spesso) accade, è irragionevole penalizzare il contribuente che, pur con imperfezioni, predispone una documentazione coerente, trasparente e tempestivamente la mette a disposizione, vanificando l’impegno alla compliance (e alla piena disclosure) in nome di un formalismo sterile. Il vero discrimine dovrebbe essere la volontà elusiva o l’opacità, non l’errore tecnico o la scelta metodologica legittima. Anche su questi aspetti è lecito attendersi un salto di qualità da parte dell’Amministrazione Finanziaria.

Irap e studi associati: ribadita la presunzione d’organizzazione

Con l’ordinanza 13.10.2025, n. 27352 la Cassazione, Sezione Tributaria, ha nuovamente affrontato la questione del “rimborso Irap” chiesto dagli studi associati relativamente ai compensi percepiti dagli associati per incarichi individuali. La controversia si è sviluppata sul presupposto d’imposta previsto dagli artt. 2 e 3 D.Lgs. 15.12.1997, n. 446, che collegano l’Irap all’esercizio di attività professionali organizzate in forma autonoma.

Per orientamento consolidato della giurisprudenza, richiamato dalla stessa Corte, la forma associata implica una presunzione di autonoma organizzazione che grava sul contribuente che invoca la separazione delle attività (Sez. Un., sent. 14.04.2016, n. 7371; Cass. 22366/2025).

Nel caso deciso con l’ordinanza 13.10.2025, n. 27352 sono stati messi in rimborso i compensi fatturati e incassati dallo studio associato per incarichi di sindaco e componenti di organismi di controllo, contestati dall’Agenzia delle Entrate sulla base delle norme Irap. La Corte ha ribadito che, ai sensi degli artt. 2 e 3 D.Lgs. 15.12.1997, n. 446, l’esercizio di arti e professioni in forma associata costituisce presupposto dell’imposta e che la presunzione di autonoma organizzazione si desume dalla stessa forma associativa.

La decisione segna continuità con precedenti pronunce della Cassazione che hanno spostato sull’interessato l’onere di provare la totale separazione delle attività associative e individuali, come già evidenziato nelle sentenze della Cassazione 19.05.2017, n. 12763 e 26.11.2019, n. 30873.

Nel caso in esame la fatturazione e l’incasso dei compensi erano avvenuti in “capo allo studio associato” senza partita Iva individuale né gestione amministrativa separata, elementi che la Corte ha ritenuto insufficienti a scalfire la presunzione di autonoma organizzazione prevista dall’art. 3 D.Lgs. 15.12.1997, n. 446.

Scadenza al 30.11.2025 per la rivalutazione

Al 30.11.2025, che essendo una domenica slitta al 1.12.2025, scade il termine per versare tramite Mod. F24 l’imposta sostitutiva nella misura del 18% del valore della partecipazione (che si evince dalla perizia di stima) o del valore del terreno rivalutati. Medesimo termine massimo deve avere la perizia asseverata da parte di un professionista abilitato.

La rivalutazione si considera perfezionata con il versamento dell’intera imposta o della prima rata delle 3 disponibili rate annuali (con scadenze 30.11.2025, 30.11.2026 e 30.11.2027).

Si ricorda brevemente la normativa, che è entrata a regime con la scorsa legge di Bilancio (art. 1, c. 30 L. 207/2024): il contribuente persona fisica o società semplice o associazione professionale o ente non commerciale che possiede una partecipazione o un terreno al 1.01.2025 può rivalutarli pagando l’imposta sostitutiva del 18%.

L’ambito soggettivo della norma abbraccia i soggetti che effettuano operazioni che generano redditi diversi, di cui all’art. 67, c. 1, lett. c) e c-bis) del Tuir, quindi:

– le persone fisiche (per le operazioni non rientranti nell’esercizio di attività d’impresa);

– le società semplici e i soggetti ad esse equiparati ai sensi dell’art. 5 del Tuir;

– gli enti non commerciali (se l’operazione da cui deriva la plusvalenza non è effettuata nell’esercizio di impresa);

– i soggetti non residenti, per le plusvalenze ottenute dalla vendita a titolo oneroso di partecipazioni in società residenti in Italia, a meno che non vi siano disposizioni nelle Convenzioni contro le doppie imposizioni che ne escludano l’imponibilità in Italia.

Le partecipazioni rivalutabili sono:

– partecipazioni rappresentate da azioni (di S.p.a. o S.a.p.a.);

– partecipazioni rappresentate da quote (di S.r.l. o S.n.c. o S.a.s.);

– diritti d’opzione, warrant, obbligazioni convertibili in azioni.

L’imposta sostitutiva può essere versata in un’unica soluzione o fino a un massimo di 3 rate, maggiorate di interessi nella misura del 3%. Gli interessi vanno aggiunti rispetto alla scadenza della prima rata, ossia: 30.11.2025.

L’imposta sostitutiva va versata sull’intero valore risultante dalla perizia e non solo sull’incremento e come codice tributo si utilizzano i seguenti codici (istituiti dalla risoluzione n. 75/E/2006):

– 8055 per la rivalutazione delle partecipazioni non negoziate nei mercati regolamentati;

– 8056 per la rivalutazione dei terreni;

– 8057 per la rivalutazione delle partecipazioni negoziate nei mercati regolamentati.

E come anno di riferimento si deve utilizzare l’anno di possesso dei beni per il quale si opera la rivalutazione, quindi in questo caso: 2025 e il medesimo anno 2025 dovrà essere indicato anche nelle eventuali rate successive.

Il socio deve opporsi al decreto ingiuntivo per evitare l’esecuzione

La Cassazione civile, sez. III, con la sentenza 13.10.2025, n. 27367, ha affermato che, in caso di decreto che ingiunga il pagamento di una somma di denaro a una società in nome collettivo e ai suoi soci illimitatamente responsabili, in via tra loro solidale, ma diretta e incondizionata, non opera il beneficio della preventiva escussione a favore dei soci intimati in base al monitorio divenuto definitivo nei loro confronti, essendo la fonte dell’obbligazione dei soci non il rapporto sociale, ma il titolo giudiziale definitivo come concretamente formatosi.

Ne consegue che, per effetto della mancata opposizione, la posizione debitoria dei soci rimane indipendente da quella della società e insensibile pure a un eventuale accoglimento dell’opposizione di quest’ultima. Per riassumere, qualora i soci illimitatamente responsabili non si oppongano al decreto ingiuntivo notificato a loro e alla società, il decreto medesimo diviene definitivo e costituisce titolo esecutivo contro di loro anche se la società abbia proposto opposizione e, addirittura, anche se la società abbia avuto ragione dall’autorità giudiziaria.

Autoferrotranvieri: una tantum a ottobre 2025

In data 20.03.2025, presso il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, le Segreterie Nazionali Filt-Cgil, Fit-Cisl, Uiltrasporti, Faisa Cisal, Ugl Fna e le Associazioni Datoriali Asstra, Agens e Anav avevano sottoscritto un verbale ministeriale rendendo immediatamente esecutiva una precedente intesa preliminare, che pertanto assurge ad Accordo Nazionale di rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro Autoferrotranvieri – Internavigatori (Mobilità TPL). Il nuovo contratto decorre dal 1.01.2024 e scade il 31.12.2026.

Oltre a prevedere un aumento dei minimi con decorrenze marzo 2025 e agosto 2026, l’accordo di rinnovo aveva previsto un’una tantum a copertura dell’anno 2024 da erogarsi con la retribuzione di marzo 2025. Ebbene, per il personale impiegato nei servizi commerciali non soggetti a obblighi di servizio pubblico, in considerazione delle particolari condizioni del settore, si era stabilito di riconoscere l’una tantum con la retribuzione del mese di ottobre 2025: si tratta di una somma di 500 euro lordi al parametro 175 da riparametrare secondo la vigente scala parametrale (100-250). L’una tantum, che verrà erogata attraverso i cedolini paga riferiti a ottobre 2025, ha l’obiettivo di mitigare la perdita del potere d’acquisto durante il periodo di vacanza contrattuale.

Qualificazione giuridica e destinazione della sansa d’oliva

Con le sentenze 30.06.2025, nn. 5639 e 5642 il Consiglio di Stato ha introdotto un rilevante chiarimento interpretativo sui rapporti tra il comparto agroalimentare e quello energetico, affrontando il tema della qualificazione giuridica e della destinazione della sansa d’oliva. L’Alta Corte ha stabilito che tale materiale, qualora risulti ancora idoneo a un utilizzo alimentare, non può beneficiare del doppio conteggio previsto dal quadro incentivante per la produzione di biometano avanzato.

La pronuncia si fonda sul principio europeo del “food first”, ossia la priorità dell’uso alimentare rispetto a quello energetico, nonché sui criteri introdotti dalla Direttiva (UE) 2023/2413 – RED III, che aggiorna il quadro comunitario in materia di energie rinnovabili. La direttiva, recependo il concetto di uso gerarchico delle biomasse, stabilisce che le materie prime con potenziale alimentare non possono essere privilegiate ai fini energetici, se ciò compromette la sicurezza alimentare o la disponibilità di prodotti destinati al consumo umano.

In tale contesto, la sansa d’oliva è stata riconosciuta come sottoprodotto agroindustriale suscettibile di valorizzazione alimentare, e non come residuo meramente energetico. Ne consegue che il suo impiego nella produzione di biometano può avvenire soltanto laddove sia oggettivamente non idonea all’estrazione di olio di sansa o ad altri utilizzi alimentari conformi agli standard di sicurezza e qualità.

Cambio di residenza e attenzione alla notifica

Con l’ordinanza 24.07.2025, n. 21025 la Corte di Cassazione interviene ancora una volta su una questione di grande rilevanza pratica, concernente la validità delle notifiche degli atti tributari in caso di variazione del domicilio fiscale, o della residenza anagrafica del contribuente.

La sentenza parte da un caso concreto che coinvolge la notifica di una cartella di pagamento emessa a seguito di un controllo automatizzato ai sensi dell’art. 36-ter D.P.R. 600/1973.

Il fattore maggiormente rilevante del giudizio verte sulla variazione di residenza del contribuente, non correttamente considerata da parte dell’Agenzia delle Entrate ai fini della regolarità della notifica.

In esito al giudizio, la Suprema Corte condivide e avalla la posizione del contribuente, riaffermando un principio già consolidato, ma spesso sottovalutato nella prassi. Traendo come punto di partenza il dato normativo, sono stati chiariti con estrema precisione i punti chiave da tenere presente per la validità della notifica di un atto tributario ed è stata richiamata l’Amministrazione Finanziaria a una maggiore diligenza e rispetto delle regole sostanziali.

Dirigenti industriali, indennità supplementare fuori dai contributi

La vicenda trae origine dal ricorso proposto dall’Inps, anche in qualità di mandatario della S.C.C.I. S.p.A., contro la sentenza n. 702/2018 della Corte d’Appello di Torino, che aveva annullato un avviso di addebito pari a 78.419,63 euro. L’importo riguardava presunti contributi previdenziali dovuti sull’indennità supplementare riconosciuta a un dirigente, licenziato ingiustamente da una società del settore informatico. La Corte territoriale aveva qualificato tale indennità come somma di natura risarcitoria, destinata a compensare il pregiudizio derivante da un recesso illegittimo, e non come reddito collegato all’esecuzione del rapporto di lavoro. L’Inps, impugnando la decisione, aveva sostenuto che la funzione risarcitoria non esclude di per sé la contribuzione, richiamando la necessità di distinguere tra danno emergente e lucro cessante.

Punto di vista della Cassazione – La Cassazione, sezione lavoro, con la sentenza 6.10.2025, n. 26757, ha respinto il ricorso dell’Istituto e chiarito in modo definitivo la natura dell’indennità supplementare. Il Collegio ha distinto con precisione tra materia fiscale e materia contributiva, evidenziando che la prima considera imponibili tutte le somme connesse, anche indirettamente, al rapporto di lavoro, mentre la seconda si limita a quelle che costituiscono un effettivo corrispettivo di attività lavorativa.

Enti locali: in arrivo un nuovo ente per la riscossione

La formulazione della politica tributaria territoriale sta attraversando un momento di significativa riconfigurazione. Si configura infatti, nel contesto della legge di Bilancio 2026, la creazione di una struttura dedicata al recupero della tassazione locale in luogo dell’attuale modello gestionale affidato all’Agenzia delle Entrate-Riscossione. Tale prospettiva, sebbene ancora in fase di definizione tecnica, rappresenta una variazione sostanziale dei meccanismi operativi mediante i quali gli enti territoriali (Comuni, Province, Regioni e strutture consortili) esercitano la loro facoltà di esazione coattiva. Il fenomeno assume ulteriore rilevanza considerando che l’Asset Management Company (Amco), società partecipata dal Ministero dell’Economia e delle Finanze, ha sottoscritto il 24.02.2025 un accordo vincolante per l’acquisizione dell’80% del Gruppo Exacta, operatore specializzato nella gestione dei crediti non riscossi della Pubblica Amministrazione locale.

Da un profilo funzionale, Exacta articola la propria offerta su 3 aree di business distinte.

La prima, il Public Credit Management, si concentra sul recupero tributario per conto delle Amministrazioni Pubbliche territoriali. La seconda, PA Consulting, fornisce alle Pubbliche Amministrazioni locali servizi ancillari in ambito amministrativo, finanziario e legale, nonché attività di formazione, in sinergia con il core business del recupero crediti. La terza, Private Credit Management, opera nel segmento della riscossione privata, con focus particolare sui settori delle utilities e delle telecomunicazioni. L’integrazione di questa piattaforma nell’assetto di Amco consentirebbe di disporre di tecnologie avanzate, complementari al modello operativo esistente, senza sovrapposizioni funzionali. L’adozione di tale infrastruttura potrebbe contribuire a rendere più efficiente e trasparente il processo di recupero della riscossione dei tributi locali non riscossi, in linea con le priorità enunciate dalle Amministrazioni centrali.

Split payment 2026: pubblicati gli elenchi aggiornati

Il Dipartimento delle Finanze del Ministero dell’Economia ha pubblicato gli elenchi aggiornati al 20.10.2025 dei soggetti tenuti, per l’anno 2026, all’applicazione del meccanismo della scissione dei pagamenti (split payment) disciplinato dall’art. 17-ter D.P.R. 26.10.1972, n. 633.

Gli elenchi, disponibili sul portale istituzionale del Dipartimento, comprendono:

– le società controllate di fatto dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri e dai Ministeri ai sensi dell’art. 2359, c. 1, n. 2 c.c.;

– gli enti e le società controllate dalle Amministrazioni centrali e locali;

– gli enti e le società controllate dagli Enti nazionali di previdenza e assistenza;

– gli enti, le fondazioni o le società partecipate per una quota complessiva del capitale non inferiore al 70% da Amministrazioni pubbliche;

– le società quotate, in conformità alle precedenti versioni della normativa.

Restano escluse dagli elenchi le Amministrazioni pubbliche individuate dall’art. 1, c. 2 L. 31.12.2009, n. 196, che continuano, in ogni caso, ad applicare il meccanismo della scissione dei pagamenti in base all’art. 17-ter, c. 1 D.P.R. 633/1972. La relativa individuazione può essere verificata attraverso il portale dell’Indice delle Pubbliche Amministrazioni (IPA).

C.F e P.IVA: 01392340202 · Reg.Imp. di Mantova: n. 01392340202 · Capitale sociale € 210.400 i.v. · Codice destinatario: M5UXCR1

© 2025 Tutti i diritti riservati · Centro Studi Castelli Srl · Privacy · Cookie · Credits · Whistleblowing