Dal 18.11.2025 al 2.12.2025 le imprese, che hanno già inviato la comunicazione “originaria” per poter beneficiare del credito di imposta Zes Unica entro il 30.05.2025, devono presentare all’Agenzia delle Entrate la comunicazione integrativa. Senza questo passaggio il credito decade in modo definitivo e non resta alcun margine per una sanatoria successiva.
La comunicazione integrativa serve ad attestare che gli investimenti indicati a suo tempo nella domanda sono stati effettivamente realizzati entro il 15.11.2025, con importi, fatture e certificazioni del revisore allineate alla contabilità.
Sul piano territoriale restano confermate le aree ammissibili: Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna, Sicilia e parti dell’Abruzzo. Conta il luogo dove è fisicamente localizzato il bene agevolato, non solo la sede legale dell’impresa.
Uno degli aspetti più complessi riguarda il limite massimo degli investimenti: nel modello integrativo non è possibile indicare importi superiori a quelli comunicati nella domanda originaria. È una regola semplice, ma con risvolti pesanti. Se un’impresa ha sostenuto costi maggiori rispetto al preventivo iniziale non potrà fruirne ai fini del credito per la parte eccedente la prenotazione; se invece gli investimenti effettivi sono inferiori, si dovrà indicare l’importo reale e il credito verrà ridimensionato di conseguenza.
La comunicazione integrativa deve contenere non solo la conferma dei beni acquistati, ma anche l’ammontare del credito d’imposta maturato, i riferimenti alle fatture elettroniche, i dati della certificazione del revisore legale prevista dal D.M. 17.05.2024, che attesta la corrispondenza delle spese alla documentazione contabile e il loro effettivo sostenimento. In caso di acconti fatturati tra il 20.09.2023 e il 31.12.2024, relativi a investimenti completati nel 2025, la certificazione deve ricostruire il collegamento tra acconto e bene finale, in modo che la catena documentale sia chiara e verificabile.
Un passaggio delicato riguarda la dimensione dell’impresa. Con la risposta dell’Agenzia delle Entrate all’interpello n. 168/2025 è stato chiarito che, ai fini della percentuale di agevolazione rileva la dimensione al momento di invio della comunicazione integrativa, non quella cristallizzata nella prima comunicazione.
Sotto il profilo operativo la comunicazione integrativa va inviata esclusivamente per via telematica, utilizzando il modello approvato con provvedimento dell’Agenzia delle Entrate n. 25972/2025, aggiornato al 7.11.2025, e il software “ZES UNICA INTEGRATIVA2025”. Il file può essere trasmesso direttamente dal beneficiario oppure tramite intermediari abilitati ai sensi dell’art. 3, cc. 2-bis e 3 D.P.R. 322/1998. Il sistema rilascia una ricevuta che attesta la presa in carico o segnala lo scarto.
È importante ricordare che, come indicato dall’Agenzia, si considera tempestiva anche la comunicazione inviata tra 28.11.2025 e 2.12.2025 ma scartata dai servizi telematici, purché ritrasmessa entro il 7.12.2025.
Situazione diversa per gli investimenti acquisiti in leasing o non documentabili tramite fattura elettronica. In questi casi occorre attendere la verifica del Centro Operativo Servizi Fiscali di Cagliari. La certificazione va trasmessa alla casella PEC creditoimpostazes@pec.agenziaentrate.it entro 30 giorni dalla pubblicazione del provvedimento che determina la percentuale.
Un ulteriore livello di attenzione riguarda gli adempimenti antimafia. Se il credito supera 150.000 euro, considerando anche la quota maturata con la ZES 2024, si applicano le verifiche previste dal D.Lgs. 159/2011 e dall’art. 1, c. 52 L. 190/2012. Sono richieste dichiarazioni sostitutive dei soggetti coinvolti e dei conviventi, oppure la prova dell’iscrizione nelle white list delle Prefetture.
Resta il limite complessivo di spesa pari a 2,2 miliardi. Solo dopo il provvedimento dell’Agenzia delle Entrate sulla percentuale di riparto, atteso entro il 12.12.2025, il contribuente potrà utilizzare il credito in compensazione con F24 tramite codice 7034.
La stagione della sostenibilità come esercizio di immagine sembra tramontata. Dopo anni di dichiarazioni roboanti e report scintillanti, le imprese scelgono ora una via più sobria: è l’epoca del greenhushing (silenzio verde), la sostenibilità che si pratica senza proclami. I progetti continuano, ma la comunicazione si fa selettiva e prudente, quasi a voler riportare l’attenzione dai palcoscenici mediatici ai processi decisionali dove il valore sostenibile realmente si genera.
L’indagine EcoVadis 2025 – U.S. Business Sustainability Landscape Outlook, condotta su un ampio campione di grandi imprese statunitensi, rivela che la maggior parte delle aziende continua a sostenere con convinzione i propri programmi di sostenibilità, anche in un clima di incertezza normativa e di minore enfasi pubblica sui temi ESG. L’87% degli intervistati dichiara di aver mantenuto o aumentato gli investimenti, mentre circa 1/3 (31%) ha scelto di comunicare con maggiore discrezione. Un ulteriore 8% preferisce agire in completo riserbo, proseguendo i progetti ma senza divulgarli. Soltanto una minima parte, pari al 7%, ha effettivamente ridotto l’impegno nel campo ESG.
Il datore di lavoro in qualità di sostituto d’imposta è tenuto a effettuare in busta paga le operazioni di conguaglio delle imposte risultanti dai modelli 730-4 dei dipendenti ricevuti in via telematica dall’Agenzia Entrate. Le operazioni si concretizzano, a seconda dei casi, nel rimborso del credito fiscale o, al contrario, nella trattenuta del debito nei confronti dell’Erario come risultano dalla liquidazione definitiva delle imposte di cui alla dichiarazione dei redditi. Tanto il rimborso quanto la trattenuta agiscono direttamente sul netto da liquidare al dipendente, senza pertanto influenzare gli imponibili previdenziali e fiscali.
Mentre la maggior parte delle somme dovute all’Erario sono dilazionabili in più cedolini paga (pur subendo la maggiorazione dello 0,33% mensile a titolo di interessi) il secondo o unico acconto di Irpef e cedolare secca a carico del contribuente dev’essere trattenuto in un’unica soluzione.
Analizziamo la questione in dettaglio.
Trattenuta in busta paga del secondo/unico acconto Irpef – Nell’ipotesi in cui il modello 730-4 ricevuto dall’Agenzia delle Entrate contenga somme dovute dal contribuente a titolo di seconda o unica rata di acconto di Irpef e/o cedolare secca, il datore di lavoro (sostituto d’imposta) ne trattiene l’importo sulla retribuzione corrisposta nel mese di novembre.
Eccezion fatta per le ipotesi di incapienza, il secondo/unico acconto non può essere rateizzato ed è recuperato in un’unica soluzione in cedolino.
Come opera il datore di lavoro? Le somme risultanti dal modello 730-4 vengono inserite dal datore di lavoro in busta paga come trattenute che agiscono direttamente sul netto, quest’ultimo ottenuto dopo aver applicato i contributi previdenziali e assistenziali a carico del dipendente e le ritenute fiscali per Irpef e addizionali. Ne consegue che il secondo o unico acconto non ha alcuna influenza sull’imponibile fiscale e previdenziale del dipendente.
Ipotizziamo che la retribuzione corrisposta a novembre sia pari a 3.028,28 euro lordi. Il datore di lavoro trattiene dalle competenze lorde: 286,36 euro a titolo di contributi previdenziali e assistenziali a carico del dipendente; 606,87 euro a titolo di Irpef netta; 38,39 euro a titolo di addizionale regionale a saldo; 21,34 euro per addizionale comunale a saldo; 9,16 euro per addizionale comunale in acconto.
Ne consegue che il netto del mese corrisponde a 3.028,28 – 286,36 – 606,87 – 38,39 – 21,34 – 9,16 = 2.066,16 euro.
Dal momento che il 730-4 ricevuto dall’Agenzia Entrate riporta un secondo / unico acconto Irpef pari a 1.273,00 euro il netto da liquidare al dipendente si riduce a 2.066,16 – 1.273,00 = 793,16 euro.
Incapienza – Nel caso in cui la retribuzione corrisposta nel mese di novembre risulti insufficiente per trattenere l’intero importo dovuto a titolo di secondo o unico acconto, la somma residua è recuperata dalla retribuzione corrisposta nel successivo mese di dicembre, applicando la maggiorazione dell’interesse nella misura dello 0,40%.
Se anche la retribuzione liquidata a dicembre non è di importo tale da permettere l’intero recupero delle somme dovute all’Erario, il datore di lavoro è tenuto a informare il contribuente affinché questo provveda in autonomia (con le modalità ordinarie) al pagamento del residuo entro la data ordinaria del 31.01, maggiorando le somme dello 0,40% mensile, considerando anche il mese di gennaio.
Termine ultimo il 16.01.2026 – In definitiva, per effetto di quanto appena descritto, il termine ultimo per il versamento all’Erario, da parte del sostituto d’imposta, delle somme recuperate in busta paga a titolo di secondo o unico acconto di Irpef / cedolare secca, comprensivo della maggiorazione dell’interesse dello 0,40%, è fissato al 16.01 del periodo d’imposta successivo quello di presentazione del modello 730.
Con comunicato 13.11.2025, l’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom) ha reso operativo il web form per l’iscrizione all’elenco degli influencer rilevanti. Il quadro normativo alla base è la delibera 23.07.2025, n. 197, pubblicata il 5.08.2025, che ha approvato le modifiche alle Linee guida (Allegato A) e il Codice di condotta (Allegato B), introducendo una regolamentazione che equipara gli influencer ai soggetti editoriali tradizionali per quanto riguarda le comunicazioni commerciali e la responsabilità sui contenuti audiovisivi.
Sono considerati “influencer rilevanti” i soggetti che superano almeno una delle seguenti soglie:
– 500.000 follower su almeno una piattaforma social o di condivisione video;
– 1.000.000 di visualizzazioni medie mensili su almeno una piattaforma.
Tali soggetti devono svolgere attività economica caratterizzata da responsabilità editoriale sui contenuti distribuiti, con impatto rilevante sul pubblico italiano.
Con il documento di consultazione n. 19/2025 presentato alla Commissione Bilancio del Senato, Assonime ha operato un intervento strutturato e articolato evidenziando le criticità rilevanti previste dal disegno di legge di Bilancio 2026 e formulando proposte normative coerenti con gli obiettivi di semplificazione, neutralità ed efficienza fiscale.
Sul piano della fiscalità dei dividendi, già ampiamente oggetto di discussione, Assonime ha contestato fermamente l’introduzione della soglia di partecipazione minima del 10% quale condizione per poter accedere al regime di dividend exemption (ex art. 89 del Tuir). Al riguardo è stato osservato che questa scelta normativa:
– penalizzerebbe le partecipazioni sottosoglia con una tassazione integrale al 24% ai fini Ires;
– rischierebbe di minare il principio di neutralità economica (già sancito nella riforma Ires del 2004) che equiparava il trattamento dei dividendi a quello delle plusvalenze in PEX;
Nell’ambito dell’intermediazione d’affari si riscontra, nella pratica, la presenza di 2 distinte figure che agiscono tra il mondo della professionalità e quello della collaborazione: l’agente di commercio ed il procacciatore d’affari. Non si tratta di soggetti giuridici sovrapponibili, ma al contrario di ben differenti operatori nella mediazione commerciale aventi infatti una distinta connotazione legale.
Il contratto d’agenzia, che lega l’agente di commercio al committente, è quel negozio giuridico secondo il quale “una parte assume stabilmente l’incarico di promuovere, per conto dell’altra, verso retribuzione, la conclusione di contratti in una zona determinata” (art. 1742, c. 1 c.c.).
Per converso la figura del procacciatore d’affari non trova alcuna specifica definizione civilistica, agendo il soggetto in ambito di contratto atipico di tipo collaborativo, intermediando un affare, tra 2 parti, in via occasionale ed episodica.
La distinzione tra dette figure non è banale, riscontrandosi come detto una diversa disciplina contrattuale, di origine civilistica per l’agente di commercio e di tipo prettamente collaborativo per il caso del procacciatore d’affari.
L’art. 1, c. 860 della legge di Bilancio 2025 aveva modificato la norma sull’obbligo per le aziende di dotarsi di indirizzo PEC (art. 5, c. 1 D.L. 18.10.2012, n. 179) aggiungendovi, in fine, le parole: “nonché agli amministratori di imprese costituite in forma societaria”.
In realtà l’obbligo di pubblicare in visura l’indirizzo PEC è del 2008, ma dall’entrata in vigore della legge di Bilancio vale a dire il 1.01.2025 è scattato l’obbligo per le imprese che siano costituite a decorrere da questa data, (o che comunque presentino la domanda di iscrizione al registro successivamente a questa data).
Ma l’obbligo di cui all’art. 16, c. 6 D.L. 185/2008, che appunto viene esteso agli “amministratori di imprese costituite in forma societaria”, è tale per “tutte le imprese, già costituite in forma societaria”, il che comporta l’applicazione dell’estensione dell’obbligo disposta dalla legge di Bilancio 2025 anche alle imprese che siano già costituite prima della data di entrata in vigore della norma estensiva, ovvero prima del 1.01.2025.
Il D.P.C.M. 16.10.2025, n. 0552214 introduce importanti disposizioni applicative per la fruizione di un contributo straordinario destinato alle imprese editrici di quotidiani e periodici, con l’obiettivo di sostenere il settore dell’informazione a fronte del significativo incremento dei costi di produzione che ha colpito il comparto nell’ultimo periodo.
Finalità e contesto – Il provvedimento mira a garantire la pluralità e la qualità dell’offerta informativa attraverso un contributo pari a 0,10 euro per ogni copia cartacea di quotidiani e periodici venduta nel 2023, anche tramite abbonamento, in edicola o presso altri punti vendita. L’incentivo, con un tetto massimo di 65 milioni di euro, non considera le vendite in blocco, proprio per privilegiare l’effettiva distribuzione al pubblico e la tracciabilità delle vendite, quelle tramite strillonaggio e quelle prive di prezzo identificabile.
Tra i temi che tormentano la società americana del nuovo millennio, divisa e impaurita e proprio per questo al centro di dibattiti pubblici e privati, la libertà rappresenta senza dubbio il perno di ogni dinamica analizzata, compresa quella più marcatamente imprenditoriale ed economica.
Sì, perché la storia della libertà coincide con la storia stessa degli Stati Uniti d’America. Già prima dell’11.09.2001, l’intera vicenda americana si riassumeva nel contrasto tra una verità vivente e incontrovertibile, per molti la vera grandezza del Paese, e la crudele menzogna nascosta dietro un fatiscente sogno americano, che da decenni si confronta con la rappresentazione di un mondo dove solitudine ed emarginazione fanno da contraltare a una società solo apparentemente perfetta, capace di offrire a tutti una possibilità concreta.
Democrazia, sogni e opportunità illimitate si scontrano da tempo con le contraddizioni della società dei consumi e, soprattutto, con l’impossibilità di essere felici, radicata nella difficoltà di mostrarsi pubblicamente per ciò che si è, troppo condizionati da modelli vincenti preconfezionati e spesso sterili.
L’art. 37 del D.D.L. di Bilancio per il 2026 introduce un nuovo incentivo all’occupazione. A differenza delle precedenti misure, caratterizzate da episodicità e limitata efficacia temporale, la nuova disposizione si propone di rendere l’agevolazione contributiva uno strumento permanente di politica economica, volto a consolidare il rapporto di lavoro a tempo indeterminato quale forma ordinaria di impiego.
La norma prevede un esonero parziale dei contributi previdenziali a carico dei datori di lavoro del settore privato, per un arco temporale massimo di 24 mesi, in relazione alle assunzioni effettuate nell’anno 2026 con contratto di lavoro subordinato a tempo indeterminato, nonché alle trasformazioni da contratti a termine. Restano espressamente esclusi dall’agevolazione i premi assicurativi dovuti all’Inail e i profili dirigenziali.
La disposizione non quantifica i criteri di determinazione dell’esonero, ma individua specifiche categorie di lavoratori verso cui orientare prioritariamente la misura: i giovani, le lavoratrici in condizione di svantaggio occupazionale e i residenti nella Zona Economica Speciale del Mezzogiorno (Zes). Tale scelta risponde all’esigenza di incrementare l’occupazione giovanile stabile, favorire le pari opportunità nel mercato del lavoro per le lavoratrici svantaggiate, sostenere lo sviluppo occupazionale e contrastare fenomeni strutturali quali il divario generazionale nell’accesso al lavoro, la persistente discriminazione di genere e il gap territoriale tra Nord e Sud del Paese.
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