Accertamento, riscossione e contenzioso
20 Novembre 2025
Per la Cassazione operare in perdita cronica senza giustificazioni plausibili è un indizio "grave e preciso" di sottofatturazione tale da superare le scritture contabili formalmente regolari e invertire l'onere della prova.
L’antieconomicità non è solo un segnale di difficoltà economica, ma si configura come un grave indizio fiscale. Se l’impresa opera cronicamente in perdita, senza che vi siano motivazioni oggettive, straordinarie o strategiche (che devono essere specificamente documentate e fornite in sede di contraddittorio), essa espone il contribuente al rischio di rettifica dei redditi con un metodo induttivo che può prescindere dai dati nominali di bilancio, basandosi su parametri esterni o su incongruenze interne.
La controversia, che ha dato origine all’ordinanza 26182/2025, verteva, infatti, sulla liceità dell’accertamento analitico-induttivo basato non solo sulla sproporzione tra costi e ricavi, ma anche sulle discordanze tra le ricevute fiscali emesse e le fatture di acquisto o le rimanenze, elementi che aggravavano l’anomalia economica. La Corte di Cassazione ha ribadito così che l’antieconomicità dell’attività è un indizio “grave e preciso” che legittima l’intervento dell’Amministrazione Finanziaria.
La pronuncia si inserisce nel consolidato filone giurisprudenziale relativo all’accertamento dei redditi d’impresa con metodo analitico-induttivo, disciplinato dall’art. 39, c. 1, lett. d) D.P.R. 600/1973. In questo contesto giurisprudenziale per antieconomicità si definisce la sproporzione cronica tra costi e ricavi che porta l’impresa a operare in perdita senza che vi siano giustificazioni plausibili.
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