ETS ed Enti non commerciali

18 Novembre 2025

Riforma Iva Terzo settore 2026: rinvio confermato dal Mef

Fonti ministeriali confermano il differimento dell’entrata in vigore della riforma attualmente prevista a partire dal 1.01.2026.

La notizia, che da qualche settimana circolava tra gli addetti ai lavori, ora trova una conferma: il nuovo regime Iva per gli enti del Terzo settore e per lo sport dilettantistico, previsto a partire dal prossimo 1.01.2026, verrà rinviato, probabilmente, di 10 anni. La proroga non sarà quindi un semplice rinvio “tecnico” di pochi mesi, ma un differimento di lungo periodo, destinato a congelare fino al 1.01.2036 il passaggio dal sistema di esclusione al regime di esenzione Iva per una larga parte delle attività svolte dagli enti non profit.

A chiarire la direzione ormai tracciata è stato Andrea Giannone, dirigente del Ministero dell’Economia e delle Finanze, intervenuto nel corso dell’evento conclusivo della settima edizione di Cantieri Viceversa, iniziativa promossa da Forum Terzo settore e Forum per la finanza sostenibile. Giannone ha spiegato che gli uffici del Mef stanno lavorando per recepire le richieste provenienti sia dalle reti associative sia dalle commissioni parlamentari, con l’obiettivo di inserire la proroga all’interno del decreto legislativo attuativo della legge delega 111/2023 già licenziato in prima lettura a luglio oppure, se i tempi tecnici lo imponessero, nel “primo veicolo utile”. Secondo quanto trapela da fonti ministeriali, la scelta della proroga decennale sarebbe ormai definita nella sua architettura essenziale, proprio per concedere agli enti un orizzonte temporale sufficientemente ampio e non costringerli a continui aggiustamenti a ridosso delle scadenze.

Il nuovo assetto Iva, come è noto, nasce dalla procedura di infrazione avviata dalla Commissione europea nel 2008 nei confronti dell’Italia in relazione al trattamento delle attività non commerciali degli enti non profit. La normativa interna, facendo leva sull’articolazione dell’art. 4 D.P.R. 633/1972, aveva storicamente collocato molte prestazioni svolte dagli enti associativi in un’area di totale esclusione dall’imposta, con la conseguenza che né l’ente né l’erario trattavano tali operazioni come rilevanti ai fini Iva. È opportuno notare che si tratta di un passaggio solo in apparenza neutro: l’esenzione, a differenza dell’esclusione, comporta comunque l’assoggettamento formale all’imposta, con tutti i correlati obblighi dichiarativi e contabili.

Secondo la scansione originaria, il nuovo regime sarebbe dovuto entrare in vigore il 1.01.2022. La realtà è stata diversa. Di fronte alle difficoltà organizzative degli enti, in larga parte di piccole dimensioni e con strutture amministrative ridotte, il legislatore è intervenuto più volte rinviando l’operatività. La decorrenza è stata spostata dapprima al 1.01.2024, poi al 1.07.2024, successivamente al 1.01.2025 e infine al 1.01.2026. Con la scelta, ormai annunciata, di una proroga di 10 anni, si arriverebbe così alla quinta modifica del calendario, ma con un impianto più stabile, che evita di riproporre ogni anno la stessa incertezza. Nella prassi, molti enti avevano già iniziato a interrogarsi su come riorganizzare la propria operatività, valutando l’apertura della partita Iva, l’adeguamento dei sistemi informativi, l’eventuale esternalizzazione della contabilità.

Sul piano concreto, l’entrata in vigore del nuovo regime Iva significherebbe per gli enti del Terzo settore l’obbligo di gestire registri Iva, liquidazioni periodiche, dichiarazioni annuali, oltre alla corretta qualificazione delle attività tra operazioni esenti, imponibili o escluse. È anche per questo che le reti del terzo settore hanno chiesto una moratoria lunga, ritenendo che sia necessario più tempo per completare la riforma del quadro civilistico e fiscale, incluso il pieno dispiegarsi degli effetti del Codice del Terzo settore (D.Lgs. 117/2017) e delle sue disposizioni attuative.

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