Amministrazione e bilancio
19 Giugno 2025
Il nuovo intervento normativo tocca i meccanismi di riporto introdotti dal D.Lgs. 192/2024 introducendo qualche semplificazione, ma anche nuovi vincoli che potrebbero fare discutere.
Il cosiddetto “decreto fiscale” (D.L. 84/2025) non si limita a rivedere i versamenti per la stagione dichiarativa. C’è dell’altro. E quel “dell’altro” riguarda una materia che già aveva fatto parlare parecchio: il riporto delle perdite fiscali. Non è che fosse una sorpresa, a dire il vero. Il D.Lgs. 192/2024 (il decreto Irpef/Ires) aveva già messo mano alla disciplina con il suo art. 15, c. 1, lett. a), introducendo vincoli nuovi per le operazioni dal periodo d’imposta in corso al 31.12.2024. Ma evidentemente qualcosa non convinceva del tutto. O forse, come spesso accade nella prassi, l’applicazione pratica aveva evidenziato aspetti che sulla carta sembravano funzionare ma che poi, nei fatti, si rivelavano macchinosi.
La vera innovazione del D.Lgs. 192/2024 era stata la possibilità, in caso di fusioni o scissioni, dell’ancoraggio del riporto delle perdite al valore economico del patrimonio netto a valori reali, superando il mero dato contabile (e in alternativa allo stesso che ricordiamo prevede che le perdite sono riportabili agli esercizi successivi nel limite del patrimonio netto contabile, “depurato” dei versamenti e dei conferimenti degli ultimi 24 mesi). Una scelta che, nella sostanza, aveva senso: se una società vale di più di quanto risulti dai suoi libri, perché limitare il riporto delle perdite al solo valore “di carta”? Il nuovo c. 3-ter dell’art. 84 del Tuir stabiliva così che, superato il famoso “test di vitalità” del c. 3-bis, le perdite potessero essere riportate nei limiti del valore economico del patrimonio.