Società e contratti
20 Novembre 2025
Il nuovo art. 177-bis del Tuir prevede la neutralità fiscale nel trasferimento dei compendi professionali, ma manca una norma sulle plusvalenze in caso di successiva cessione. L’assenza di coordinamento può generare salti d’imposta, richiedendo un intervento legislativo.
Nel nuovo art. 177-bis (rubricato operazioni straordinarie e attività professionali) viene previsto il regime fiscale neutro per il trasferimento per causa di morte o per atto gratuito di un complesso unitario di attività materiali e immateriali, inclusa la clientela, nonché di passività, organizzato per l’esercizio dell’attività artistica o professionale svolta in forma individuale.
La norma ricalca nella sostanza disciplinare l’art. 58, c. 1, del Tuir, a mente del quale il trasferimento di azienda per causa di morte o per atto gratuito non costituisce realizzo di plusvalenze dell’azienda. Tuttavia, mentre tale ultima fattispecie viene legislativamente completata sul piano delle possibili complessive dinamiche impositive dall’art. 67, c. 1, lett. h-bis) che cataloga come reddito diverso “le plusvalenze realizzate in caso di successiva cessione anche parziale delle aziende acquisite ai sensi dell’art. 58 Tuir”, tale fattispecie imponibile non viene introdotta per i compendi patrimoniali professionali di cui all’art. 177-bis.
Evidentemente il legislatore presume che nel caso, ad esempio, di trasferimento mortis causa dello studio professionale, gli eredi proseguano l’attività del de cuius, subentrando, secondo le ormai collaudate prerogative della continuità fiscale, nei valori fiscalmente riconosciuti di ogni singolo elemento dell’aggregato patrimoniale ricevuto. Tuttavia, tale presunzione non appare ritraibile da alcuna convergenza di specifici elementi indiziari, per cui potrebbe anche essere che gli eredi, magari per la mancanza delle necessarie abilitazioni professionali, decidano di vendere l’unitario compendio patrimoniale organizzato ereditato.
Ma potrebbe anche verificarsi che non tutti gli eredi manifestino l’intendimento a proseguire l’attività professionale, preferendo venire liquidati del loro diritto ereditario. In tali casi il vuoto normativo si rivelerebbe particolarmente insidioso per l’Erario, vertendo la materia in chiaro regime di riserva di legge (art. 23 Cost.) con vincolati spazi consentiti all’opera ermeneutica dell’interprete.
Anche nel caso di trasferimento mortis causa dell’azienda, l’art. 58, c. 1 del Tuir nella sua attuale versione normativa non assume alla base del regime fiscale neutro il vincolo della prosecuzione dell’esercizio dell’impresa, ma in caso di mancanza di continuità di intenti imprenditoriali da parte dell’avente causa, il legislatore ha ritenuto di chiudere il ciclo fiscale dei beni d’impresa con la previsione dell’art. 67, c. 1, lett. h-bis), che testualmente prevede il realizzo di plusvalenze con i medesimi criteri di calcolo indicati per il reddito d’impresa (art. 86 del Tuir) in caso di cessione anche parziale dell’azienda del dante causa.
La versione letterale dell’art. 67, c. 1, lett. h-bis) è anche nella condizione di far fronte alle varie dinamiche fiscali che, in caso di un’azienda caduta in successione, possono interagire tra la scelta di taluni eredi di non voler proseguire l’impresa e i valori fiscalmente riconosciuti degli elementi dell’azienda acquisita mortis causa. La fattispecie verrebbe a connotarsi alla stregua di una cessione parziale di azienda, dal momento che tale locuzione non equivale a ramo d’azienda inteso come nucleo sinergico di beni ausiliario a un processo produttivo, ma in senso decisamente atecnico di qualsiasi elemento costitutivo dell’azienda caduta in successione. A fronte di tale manifestazione di reddito diverso nei confronti dell’erede liquidato, l’azienda del de cuius implementa il suo valore fiscalmente riconosciuto per un ammontare esattamente corrispondente al plusvalore tassato, ricongiungendolo ai singoli beni plusvalenti, incluso l’avviamento.
Nel caso di successione ereditaria dello studio professionale (ma con identità di effetti anche nel caso di acquisto a titolo gratuito dello studio professionale/artistico) manca la previsione di ogni aggiustamento normativo in ordine ai casi sopra esaminati, con la prevedibile possibilità che si possano manifestare salti d’imposta, i quali, in punto di diritto, non possono essere salvaguardati con il ricorso all’interpretazione analogica. L’unica soluzione appropriata è procedere legislativamente con l’aggiunta nell’ambito dei redditi diversi di un’ulteriore lettera h-ter), nella sostanza ripetitiva della lett. h-bis), solo adattata ai professionisti/artisti.
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