Paghe e contributi
20 Novembre 2025
L’ordinanza della Cassazione 11.11.2025, n. 29741 chiarisce che il superminimo individuale si assorbe nei miglioramenti retributivi, salvo accordo contrario o diversa previsione del contratto collettivo.
Con l’ordinanza n. 29741/2025, la Corte Suprema di Cassazione torna a esaminare il tema dell’eccedenza retributiva rispetto ai minimi contrattuali. Il provvedimento conferma che il cosiddetto superminimo, ossia la parte di stipendio pattuita individualmente in aggiunta ai livelli tabellari del contratto collettivo, è soggetto al principio dell’assorbimento. Quando il lavoratore ottiene una qualifica superiore con conseguente aumento dei minimi, tale incremento può inglobare, in tutto o in parte, la somma precedentemente percepita come superminimo. Solo un accordo esplicito o una disposizione del Ccnl può escludere questa regola e garantire la conservazione autonoma dell’emolumento. Il pronunciamento si distingue per la puntualità con cui chiarisce le condizioni probatorie necessarie a mantenere il beneficio, richiamando l’attenzione su come le parti contrattuali debbano formalizzare con precisione i termini della retribuzione aggiuntiva.
Onere della prova e chiarezza contrattuale – Un aspetto centrale dell’ordinanza riguarda la ripartizione dell’onere della prova. La Corte precisa che spetta al lavoratore dimostrare l’esistenza di un titolo che giustifichi il mantenimento del superminimo come voce non assorbibile. Tale prova può derivare da un contratto individuale, da una clausola scritta o da comunicazioni aziendali che attestino la volontà del datore di riconoscere una componente retributiva distinta e permanente. In assenza di tale documentazione, l’eccedenza retributiva è considerata assorbibile nei successivi miglioramenti derivanti da avanzamenti di carriera o rinnovi contrattuali collettivi. Il datore di lavoro, dunque, non ha l’obbligo di dimostrare l’assorbimento, poiché esso costituisce la regola generale.
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