S.r.l. ordinaria e a capitale minimo, aumenti e riduzioni di capitale

In sede di costituzione i soggetti che decidano di costituirsi nella veste giuridica di S.r.l. possono decidere tra 2 sotto-tipologie: la S.r.l. ordinaria di cui all’art. 2463 c.c. e la S.r.l.s. di cui all’art. 2463-bis c.c. Per quanto riguarda la prima ipotesi il contribuente può decidere di versare un capitale sociale di:
– 10.000 euro (o più) e in tal caso si ha una S.r.l. “ordinaria” di cui all’art. 2463 c.c.;
– meno di 10.000 euro, quindi da 1 a 9.999 euro, in tal caso opera l’art. 2463, c. 4 c.c. (la S.r.l. a capitale minimo).

Se il capitale sottoscritto è superiore o uguale a 10.000 euro deve essere versato, alla sottoscrizione dell’atto costitutivo, almeno il 25% dei conferimenti in denaro e il 100% di quelli in natura. Mentre se il capitale viene determinato in misura inferiore a 10.000 euro, ipotizziamo per esempio 6.000 euro, i conferimenti possono farsi esclusivamente in denaro e devono essere interamente versati all’organo amministrativo all’atto della sottoscrizione. Ciò vale sia per le S.r.l. a capitale minimo che per le S.r.l.s. Tuttavia, a differenza delle S.r.l. a capitale minimo, che non devono inserire nulla nella propria denominazione essendo a tutti gli effetti una normale S.r.l., connotata solo dall’entità del capitale sociale, le S.r.l.s. devono dare evidenza nella denominazione sociale del termine “semplificata”.

Nel presente scritto si vuole esaminare la disciplina degli aumenti e riduzioni del capitale sociale nelle S.r.l. con capitale sociale sopra o sotto i 10.000 euro. Il tema viene trattato dallo studio del Consiglio Nazionale del Notariato n. 892/2013.

La domanda che ci si pone è se le regole dell’integrale versamento del conferimento in denaro e dell’esclusività del versamento in denaro della S.r.l. a capitale minimo valgano soltanto in sede di costituzione o anche in sede di aumento di capitale. Il suddetto studio risponde ipotizzando che sia la regola del capitale minimo che quella sui conferimenti stabiliscano requisiti richiesti non solo per la costituzione della società intesa come momento genetico, ma necessari anche per le fasi successive. Questo ragionamento può valere fintanto che, per effetto dell’aumento di capitale, non si raggiungano i 10.000 euro. Superata tala soglia lo studio notarile ritiene possano applicarsi le ordinarie regole valevoli per le S.r.l. “ordinarie” e possano, pertanto, eseguirsi anche in natura, laddove ciò sia previsto nell’atto costitutivo.

Per quanto riguarda invece la riduzione del capitale per perdite, l’art. 2482-ter c.c. dispone che, se per la perdita di oltre 1/3 del capitale questo si riduce al di sotto del minimo stabilito dall’art. 2463, c. 1, n. 4 c.c. (ossia 10.000 euro), gli amministratori devono convocare l’assemblea senza indugio per ridurlo e contemporaneamente aumentarlo o per trasformare o per sciogliere.

Come tradurre questa disposizione per le S.r.l. a capitale inferiore a 10.000 euro? Considerando che il loro capitale minimo è 1 euro, le perdite devono portare a un patrimonio netto negativo. Mentre per le S.r.l. ordinarie, ossia che nascono con un capitale di 10.000 euro, il capitale minimo resta 10.000 euro; pertanto, per esempio con perdite che riducono il capitale a 6.000 euro, può operare l’art. 2482-ter c.c. suddetto e si può determinare la causa di scioglimento di cui all’art. 2484, c. 1, n. 4) c.c. ossia: la società si scioglie per la riduzione del capitale al di sotto del minimo legale.

Il licenziamento è illegittimo se è carente la motivazione

Con la sentenza in oggetto la Corte di Cassazione è tornata ad esprimersi sull’applicazione della reintegra di cui all’art. 18 dello Statuto dei Lavoratori, già oggetto di diverse pronunce, nel recente passato, anche della Corte Costituzionale.

La Corte d’Appello di Firenze, riformando la sentenza di primo grado, riscontrando la presenza di soli vizi formali nella comunicazione di licenziamento (e visto che era stata verificata una valida ragione organizzativa per il provvedimento espulsivo, pur non esplicitata), aveva stabilito che al lavoratore spettasse soltanto un risarcimento economico (art. 18, c. 6 L. 300/1970).

Sollecitati dal dipendente ricorrente, gli ermellini hanno ribaltato il principio, stabilendo che “in tema di vizi della motivazione del licenziamento, nel regime delle imprese con più di 15 dipendenti, la mancata o generica individuazione del fatto non integra una mera violazione formale, ma, poiché impedisce che si possa pervenire alla stessa identificazione del fatto, che, pertanto, dovrà essere dichiarato insussistente dal giudice, ha una ricaduta sostanziale che determina l’illegittimità originaria del licenziamento, con applicazione della reintegra attenuata di cui all’art. 18, c. 4 L. 300/1970”.

Formazione sicurezza lavoro: in vigore il nuovo Accordo Stato-Regioni

Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale 24.05.2025, n. 119 è ufficialmente entrato in vigore il nuovo Accordo Stato-Regioni n. 59/CSR in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Frutto dell’intesa raggiunta il 17.04.2025, l’Accordo rappresenta un passaggio decisivo nell’attuazione dell’art. 37, c. 2 del Testo Unico sulla sicurezza (D.Lgs. 81/2008), che impone ai datori di lavoro l’obbligo di garantire una formazione adeguata, mirata ai rischi connessi all’attività svolta dai lavoratori.

Il nuovo Accordo sostituisce e unifica tutti gli Accordi precedenti sul tema, superando la frammentazione normativa che ha caratterizzato il settore negli ultimi anni. Sono abrogati, tra gli altri, gli Accordi del 21.12.2011, del 22.02.2012, del 7.07.2016 e le linee applicative del 25.07.2012. Nasce così un quadro normativo organico, aggiornato e coerente, utile sia ai datori di lavoro che agli enti formatori.

Chi è coinvolto e cosa cambia – L’Accordo definisce in modo chiaro i destinatari dell’obbligo formativo. Ne sono interessati i lavoratori, i preposti, i dirigenti, i responsabili e gli addetti al servizio di prevenzione e protezione, i coordinatori per la sicurezza nei cantieri, ma anche soggetti operanti in ambienti confinati o sospetti di inquinamento, operatori di attrezzature complesse e i datori di lavoro delle imprese affidatarie. L’obiettivo è armonizzare la formazione in ogni ambito e per tutte le figure coinvolte nei processi produttivi.

Uno degli aspetti più rilevanti riguarda il momento della formazione: non è più ammesso un periodo di tolleranza di 60 giorni. La formazione, ora, deve essere completata prima dell’inizio dell’attività lavorativa. Inoltre, l’Accordo definisce contenuti minimi e durate obbligatorie per ciascun percorso formativo, rafforzando la coerenza tra mansioni svolte e competenze acquisite.

Formazione pratica e strumenti digitali – Dal punto di vista organizzativo, sono previste novità anche nei metodi e nelle modalità didattiche. La parte pratica dei corsi dovrà svolgersi obbligatoriamente in presenza, con un rapporto massimo di un docente ogni 6 partecipanti. I corsi teorici, in presenza o in videoconferenza sincrona, non potranno superare i 30 partecipanti, riducendo il precedente limite di 35.

Per quanto riguarda la formazione a distanza, viene introdotto l’obbligo per ogni partecipante in videoconferenza di utilizzare un proprio dispositivo individuale, escludendo l’uso di smartphone. Sono ammesse anche modalità miste come l’e-learning e i cosiddetti “break formativi”, brevi momenti di formazione direttamente sul luogo di lavoro.

Monitoraggio e qualità: un cambio di passo culturale – Il nuovo testo disciplina anche gli aspetti legati al monitoraggio dell’efficacia formativa e alle verifiche finali dell’apprendimento, che dovranno essere più strutturate e standardizzate. Particolare attenzione viene posta ai requisiti dei soggetti formatori, che dovranno rispettare precisi criteri qualitativi e organizzativi per essere accreditati.

Ma il nuovo Accordo non si limita a riformare l’impianto tecnico. Intende promuovere un cambio culturale profondo: la formazione non deve essere più percepita come un obbligo da adempiere formalmente, bensì come un diritto essenziale del lavoratore e un dovere etico e strategico per il datore di lavoro. Investire nella formazione diventa così una leva per aumentare la sicurezza e la qualità nei luoghi di lavoro.

In conclusione, l’Accordo n. 59/CSR si presenta come una vera e propria riforma nel settore della prevenzione. Raccoglie in un unico testo disposizioni prima sparse, migliora la chiarezza normativa e pone le basi per un sistema formativo più efficace, moderno e rispondente ai reali bisogni del mondo del lavoro. Per le aziende, è ora il momento di agire: aggiornare i programmi formativi, riorganizzare i corsi e mettere la cultura della sicurezza al centro della propria organizzazione.

Agenti IA: nuova frontiera degli studi professionali

I chatbot conversazionali come ChatGPT? Ormai è storia vecchia. Oggi gli occhi del mondo professionale sono puntati sugli agenti intelligenti, quei sistemi autonomi capaci di lavorare senza il nostro costante controllo. Ma la domanda che tutti ci facciamo è semplice: che impatto reale avranno questi “colleghi digitali” negli studi di commercialisti e consulenti del lavoro? Il panorama cambia così in fretta che distinguere la sostanza dal fumo non è semplice. Proviamo a fare chiarezza.

Nuova generazione dell’IA – Gli agenti AI non sono semplicemente un’evoluzione dei sistemi che abbiamo visto finora, ma rappresentano un vero e proprio salto quantico. Non parliamo più di strumenti che si limitano a rispondere passivamente alle nostre domande (il famigerato modello “domanda-risposta”), ma di entità digitali capaci di pianificare, eseguire e monitorare autonomamente attività interconnesse. Se volessimo usare una metafora comprensibile, sarebbe come passare da un semplice calcolatore a un vero assistente che sa cosa deve fare e quando farlo.

Dal 2022 il processo evolutivo in atto sta conducendo le professioni giuridico-economiche verso applicazioni concrete che fino a ieri sembravano prerogativa esclusiva della fantascienza.

Adesione CPB 2024-2025: compilazione quadro CP del mod. Redditi 2025

L’introduzione del quadro CP nei modelli di dichiarazione per l’anno d’imposta 2024 è il braccio operativo del concordato preventivo biennale, normato dal D.Lgs. 12.02.2024, n. 13. Questo nuovo strumento segna il passaggio alla fase attuativa dell’istituto, diventando il veicolo con cui i contribuenti aderenti onorano gli impegni presi con l’Amministrazione Finanziaria. La sua compilazione va detto, non è banale e richiede attenzione, coinvolgendo non solo chi ha direttamente sottoscritto il CPB, ma anche i partecipanti a entità trasparenti che hanno fatto questa scelta, con un effetto “a cascata” da non sottovalutare.

L’obbligo di compilazione, come specificato dall’art. 12 D.Lgs. 13/2024, riguarda diverse figure. Sono tenuti i contribuenti ISA che hanno accettato la proposta per il biennio 2024-2025, quindi imprese individuali, società di persone e professionisti che hanno siglato il modello CPB con gli ISA 2024 per l’anno 2023. Si aggiungono coloro che, pur partendo come forfettari aderenti, sono stati estromessi dal regime nel 2024 per aver superato i 100.000 euro di ricavi/compensi, ma mantengono i benefici del CPB se non eccedono i 150.000 euro. E, come anticipato, l’obbligo si estende ai partecipanti in società trasparenti che hanno aderito, poiché, secondo l’art. 12, c. 3, l’accettazione della proposta da parte di soggetti ex artt. 5, 115 e 116 del Tuir vincola anche soci o associati.

Under 35? L’assunzione oggi conviene davvero

È finalmente operativo il “Bonus Giovani”, l’incentivo pensato per favorire l’occupazione stabile degli under 35. Il “Bonus Giovani” è un esonero contributivo istituito dall’art. 22 D.L. 60/2024 e attuato con il D.I. 66/2025.

L’incentivo è rivolto ai datori di lavoro privati che, tra il 1.09.2024 e il 31.12.2025, assumono o trasformano a tempo indeterminato lavoratori under 35 che non abbiano mai avuto un contratto a tempo indeterminato. L’esonero riguarda il 100% dei contributi previdenziali a carico del datore (escluso Inail), fino a un massimo di 500 euro mensili per lavoratore su tutto il territorio nazionale e fino a 650 euro per le assunzioni effettuate nelle Regioni della Zona Economica Speciale unica (Abruzzo, Molise, Campania, Basilicata, Sicilia, Puglia, Calabria e Sardegna), purché avvengano dopo il 31.01.2025 e previo invio della domanda.

Il beneficio non si applica ai rapporti di apprendistato, di lavoro domestico, né alle imprese in difficoltà o soggette a decisioni di recupero di aiuti di Stato. È riconosciuto anche in caso di apprendistato non proseguito come tempo indeterminato e se il lavoratore è stato già assunto a tempo indeterminato da altro datore che ha goduto parzialmente del bonus. Non è cumulabile con altri esoneri contributivi ma è compatibile con la maggiorazione del costo ammesso in deduzione (art. 4 D.Lgs. 216/2023).

Precompilata, taglia-detrazioni per redditi oltre 50.000 euro

Capita di imbattersi in apparenti incongruenze al momento della compilazione della dichiarazione dei redditi; una recente Faq pubblicata dall’Agenzia delle Entrate il 20.05.2025 sul portale della precompilata ha cercato di fare luce proprio su una di queste situazioni, sollevata da un contribuente che si interrogava sul perché, dopo aver inserito con cura gli interessi passivi del mutuo per l’acquisto della sua abitazione principale, per i quali si aspettava una detrazione del 19%, si ritrovasse con un importo riconosciuto inferiore.

La spiegazione, fornita con chiarezza dall’Amministrazione Finanziaria, risiede in una specifica disposizione normativa che tocca i contribuenti con redditi più elevati. Infatti, per l’anno d’imposta 2024, coloro che presentano un reddito complessivo superiore alla soglia di 50.000 euro si vedono applicare una riduzione forfettaria di 260 euro sull’ammontare complessivo delle detrazioni spettanti per gli oneri detraibili al 19%, con la significativa eccezione delle spese sanitarie, che restano fuori da questo meccanismo, oltre che per le erogazioni liberali a favore dei partiti politici e per i premi assicurativi legati a rischi da eventi calamitosi.

Questa novità è figlia diretta dell’art. 2 D.Lgs. 216/2023, provvedimento che ha dato attuazione alla legge delega sulla riforma fiscale (L. 111/2023). Dunque, chi si trova con un imponibile che supera il citato limite di 50.000 euro, troverà già applicata in automatico questa decurtazione di 260 euro direttamente nella propria dichiarazione precompilata.

L’Agenzia ha ribadito come l’art. 2 D.Lgs. 216/2023, che costituisce il primo tassello della più ampia riforma dell’Irpef, stabilisca per il solo 2024 questa diminuzione fissa delle detrazioni per oneri per i redditi più alti. La ratio di questa misura è quella di neutralizzare, per le fasce di reddito più consistenti, il vantaggio fiscale derivante dall’accorpamento dei primi 2 scaglioni Irpef. Bisogna ricordare che, fino al periodo d’imposta 2023, l’aliquota del 23% si applicava ai redditi fino a 15.000 euro, mentre per lo scaglione successivo, compreso tra 15.001 e 28.000 euro, l’aliquota saliva al 25%. Con l’intervento del D.Lgs. 216/2023, questi 2 scaglioni sono stati unificati, estendendo l’applicazione dell’aliquota del 23% fino a 28.000 euro di reddito. Questa modifica, di per sé, comporta un risparmio d’imposta del 2% (la differenza tra il 25% e il 23%) su un importo di 13.000 euro (cioè, la fascia di reddito da 15.000 a 28.000 euro), che si traduce esattamente in 260 euro di minor prelievo (13.000×2% = 260).

Di questo alleggerimento fiscale, pensato principalmente per favorire i redditi medio-bassi, avrebbero però beneficiato indistintamente tutti i contribuenti con redditi superiori al nuovo primo scaglione. Da qui la decisione, diciamo così, di “recuperare” questa minore tassazione per i contribuenti che si collocano nello scaglione di reddito più alto, quello oltre 50.000 euro o, per intenderci, tassato con l’aliquota del 43%, attraverso una riduzione di pari importo delle detrazioni loro spettanti. Si tratta, in buona sostanza, di un taglio “secco” all’ammontare totale delle detrazioni che viene operato direttamente sull’importo da indicare, ad esempio, al rigo RN13 del modello Redditi PF (le istruzioni al primo fascicolo di Redditi 2025, a pagina 139, ne danno conto ), andando così a ridurre i benefici fiscali derivanti da oneri detraibili al 19% come gli interessi passivi sui mutui, le spese funebri, quelle per l’istruzione scolastica e universitaria e via dicendo, nonché le già citate erogazioni liberali ai partiti e i premi per le polizze calamità.

È fondamentale ribadire che questa “sforbiciata” non tocca le spese sanitarie. Qualora tra le detrazioni figurino anche altre voci, oltre a quelle sanitarie, l’importo di 260 euro viene sottratto prioritariamente da queste ultime, ma solo fino al loro ammontare, senza erodere il beneficio fiscale riconosciuto per le cure mediche. Si consideri il caso di un contribuente che ha sostenuto nel 2024 spese sanitarie per 1.000 euro e pagato interessi passivi sul mutuo per 500 euro: la sua detrazione teorica complessiva sarebbe di 165 euro per le spese mediche (calcolata come il 19% dell’importo che eccede la franchigia di 129,11 euro) più 95 euro per gli interessi (il 19% di 500 euro), per un totale di 260 euro. A questo punto, però, interviene la riduzione di 260 euro; questa potrà essere applicata per intero sulla quota di detrazione relativa agli interessi (95 euro), azzerandola. Di conseguenza, l’importo effettivamente detraibile sarà di 165 euro, preservando il beneficio sulle spese per la salute, ma vedendo annullato quello sugli interessi del mutuo.

Contratto di soccida: chiarimenti su inquadramento e contributi

La soccida è uno strumento negoziale in uso nel settore agricolo, volto all’esercizio in comune dell’attività di allevamento, attraverso la combinazione del capitale e del lavoro, al fine di valorizzare le specifiche caratteristiche produttive delle imprese zootecniche e incrementare la produzione del bestiame e dei prodotti derivati.

Il suo utilizzo ha subito nel tempo una notevole diffusione, essendo impiegato anche nell’ambito delle intese di filiera e dei contratti quadro di cui all’art. 9 e ss. D.Lgs. 27.05.2005, n. 102. In tale contesto, la soccida costituisce uno schema contrattuale ricorrente che regola i rapporti di approvvigionamento tra gli allevatori e gli imprenditori non agricoli che svolgono a valle attività industriali o commerciali i quali, in veste di soccidanti, non forniscono solo all’allevatore-soccidario gli animali da allevare, ma anche i mangimi e tutti i servizi necessari affinché il prodotto finale corrisponda agli standard previsti dall’industria per la successiva macellazione, trasformazione e vendita al dettaglio delle carni tramite i canali della grande distribuzione organizzata.

Domicilio digitale speciale: nuova frontiera di comunicazione fiscale

Il domicilio digitale speciale rappresenta un’importante innovazione nel rapporto tra cittadini e Agenzia delle Entrate in quanto consente una gestione più sicura ed efficiente delle notifiche fiscali. Questo sistema digitale funge da recapito virtuale per la trasmissione di atti e comunicazioni ufficiali, eliminando i ritardi e le inefficienze della tradizionale corrispondenza cartacea. La sua adozione permette di semplificare le procedure burocratiche e garantire una maggiore trasparenza, assicurando al contribuente un accesso diretto e tracciabile alle informazioni fiscali. L’integrazione di questo strumento con le piattaforme digitali dell’Amministrazione Finanziaria rappresenta un significativo passo avanti nella digitalizzazione dei servizi pubblici.

Cos’è il domicilio digitale speciale? Il domicilio digitale speciale è un indirizzo elettronico certificato (ovvero una PEC) scelto dal contribuente per ricevere atti, avvisi, provvedimenti e comunicazioni ufficiali dall’Agenzia delle Entrate e dall’Agenzia delle Entrate-Riscossione. La sua validità legale è garantita dal Regolamento eIDAS, una normativa europea che regola l’identificazione elettronica e la sicurezza delle transazioni online. In pratica, è come avere una “cassetta postale digitale” sempre accessibile, dove ogni documento arriva in modo tracciato e legalmente riconosciuto, senza rischi di smarrimenti o ritardi.

A chi è rivolto e perché è utile? Questo strumento è rivolto principalmente a persone fisiche, professionisti non iscritti a Ordini o Albi ed enti di diritto privato senza registrazione al Registro delle Imprese.

Chi rientra in queste categorie può scegliere un unico indirizzo PEC dedicato, utilizzabile anche per ricevere comunicazioni in qualità di eredi o rappresentanti legali. Al contrario, chi è già registrato nell’Indice Nazionale delle PEC (INI-PEC), come imprese o professionisti iscritti a Ordini, non può attivare il domicilio speciale, poiché il Fisco utilizza automaticamente l’indirizzo già presente nel sistema.

Vantaggi: meno burocrazia, più sicurezza – L’obiettivo di tale strumento è quello di snellire le procedure e ridurre gli adempimenti cartacei. Con il domicilio digitale, le notifiche arrivano direttamente nella casella certificata del contribuente, eliminando i tempi di attesa per raccomandate o visite agli sportelli. Inoltre, ogni comunicazione è legalmente valida, riducendo il rischio di contestazioni legate alla mancata ricezione di atti ufficiali.

Come funziona? L’Agenzia delle Entrate ha reso l’adesione al servizio semplice e intuitiva attraverso la seguente procedura:
1) accedi all’Area Riservata del Cassetto Fiscale sul portale ufficiale usando SPID, Carta d’Identità Elettronica (CIE) o CNS;
2) seleziona l’opzione “Domicilio Digitale Speciale” nella sezione dedicata;
3) inserisci l’indirizzo PEC che intendi utilizzare;
4) conferma o modifica in qualsiasi momento le impostazioni, direttamente online.

Una volta attivato, l’indirizzo diventa operativo entro pochi giorni e da quel momento tutte le comunicazioni fiscali, dalle cartelle esattoriali agli avvisi di accertamento, verranno inviate esclusivamente tramite questo canale.

Cosa cambia per l’Agenzia delle Entrate-Riscossione? Grazie al nuovo sistema, anche l’Agenzia delle Entrate-Riscossione può notificare cartelle di pagamento e atti di riscossione coattiva direttamente al domicilio digitale speciale. Questo evita equivoci e ritardi, soprattutto in casi delicati come procedure legate a debiti fiscali.

Conclusioni – Il servizio è attivo dal 12.03.2025, ovvero data in cui l’Agenzia delle Entrate ha reso disponibile la sezione dedicata nel Cassetto Fiscale. Il soggetto che non aderisce, ad esempio perché non in possesso di un indirizzo PEC, continuerà a ricevere le comunicazioni tramite i metodi tradizionali, ma perderà i vantaggi in termini di velocità e tracciabilità. Il domicilio digitale speciale non è solo una svolta tecnologica, ma un modo per avvicinare cittadini e Pubblica Amministrazione, costruendo un dialogo più chiaro e una collaborazione concreta. Grazie a questo strumento, gestire obblighi fiscali, ricevere avvisi o contestare un’ingiunzione diventa un processo snello, sicuro e accessibile da qualsiasi dispositivo, in qualsiasi momento.

Ecobonus salvo anche senza ENEA

Si consolida l’orientamento della Corte di Cassazione sulle conseguenze connesse alla mancata trasmissione all’ENEA della prescritta comunicazione a conclusione dei lavori di riqualificazione energetica. La Suprema Corte, con due recenti ordinanze (10.05.2025, n. 12422 e 12426), conferma il proprio indirizzo, sulla scia di ulteriori precedenti pronunce, con le quali si è affermato che la mancanza della comunicazione all’ENEA, entro il termine di 90 giorni dalla fine lavori, relativamente agli interventi di efficientamento energetico di cui all’art. 1, c. 348 L. 296/2006, non costituisce causa di decadenza dal bonus fiscale.

Con le 2 ordinanze richiamate, la Corte si è spinta oltre al precedente indirizzo, già espresso con la sentenza n. 7657/2024 e con l’ordinanza n. 8019/2025, affermando che, stante la natura essenzialmente statistica della comunicazione, nessuna decadenza è collegata, non solo al ritardo nell’invio, ma addirittura anche nel caso della sua omissione.

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