Il Conto Termico 3.0 contiene la nuova disciplina per l’incentivazione di interventi di piccole dimensioni per l’incremento dell’efficienza energetica e per la produzione di energia termica da fonti rinnovabili con principi di semplificazione, efficacia, diversificazione e innovazione tecnologica. L’incentivo prevede una dotazione complessiva di 900 milioni di euro, di cui 500 milioni di euro destinati a sostenere le imprese.
Tra le importanti novità della nuova edizione sono previsti l’estensione degli interventi ammessi, incluse nuove tecnologie come sistemi di accumulo e fotovoltaico e la semplificazione della procedura di accesso agli incentivi. In particolare, tra gli interventi di incremento dell’efficienza energetica, rientra ora anche l’installazione di impianti solari fotovoltaici e relativi sistemi di accumulo (con un contributo fino al 30% del costo). Sono inoltre considerati ammissibili gli interventi di piccole dimensioni di produzione di energia termica da fonti rinnovabili e di sistemi ad alta efficienza in edifici esistenti.
Possono ottenere il contributo fino al 65% le imprese (ma anche la Pubblica Amministrazione, il Terzo settore e i condomini) che dovranno avere la disponibilità dell’edificio o unità immobiliare in cui l’intervento viene realizzato.
Attualmente il decreto attuativo è stato esaminato e approvato in sede di Conferenza Unificata e si è in attesa della sua pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. L’entrata in vigore è prevista entro 90 giorni da tale pubblicazione.
A completamento del quadro operativo, entro fine 2025 è attesa l’emanazione delle nuove regole da parte del GSE, che definiranno le modalità tecniche di accesso e gestione degli incentivi. Tra i punti qualificanti, vi è la possibilità di accedere al contributo anche per impianti fotovoltaici con potenza compresa tra 2 kW e 1 MW, purché finalizzati all’autoconsumo. Inoltre, il sistema prevede l’erogazione diretta da parte del GSE in tempi ridotti (60 giorni nei casi più semplici), offrendo un meccanismo snello e più vicino alle esigenze di imprese e operatori.
La misura, una volta pienamente operativa, andrà a sostituire definitivamente il vigente Conto Termico 2.0.
Marta Barbieri
Con la risposta all’interpello 12.06.2025, n. 155 l’Agenzia delle Entrate interviene su un tema di grande attualità per i gruppi societari: il rimborso dell’Iva assolta su beni ammortizzabili, anche quando le opere sono realizzate su beni di terzi, nel contesto del Gruppo Iva.
Il caso nasce da un interpello congiunto presentato da una società capogruppo e dalla rappresentante del Gruppo Iva, attivo nel settore delle energie rinnovabili, che chiede se l’eccedenza di imposta detraibile possa essere chiesta a rimborso ai sensi dell’art. 30, c. 3, lett. c) D.P.R. 633/1972, anche per impianti fotovoltaici realizzati su beni non di proprietà, e se il rimborso possa avvenire senza garanzia tramite visto di conformità.
Il nodo centrale riguarda la possibilità di chiedere il rimborso dell’Iva per impianti realizzati su beni di terzi, come tetti in concessione o terreni non di proprietà. Le società istanti sottolineano che, in assenza del Gruppo Iva, ciascuna partecipante avrebbe diritto al rimborso per l’Iva assolta sugli acquisti di beni ammortizzabili. Negare tale diritto al Gruppo Iva, sostengono, sarebbe penalizzante e contrario al principio di neutralità dell’Iva, sancito anche dalla Corte di Cassazione, SS.UU., sentenza n. 13162/2024.
L’art. 15 D.Lgs. 192/2024 ha razionalizzato, eliminando le precedenti disomogeneità, le disposizioni dell’art. 84 Tuir e quelle degli artt. 172 e 173 dello stesso Tuir. In particolare, nell’art. 84 è stata mantenuta ferma la condizione di applicabilità della disposizione antielusiva consistente nel fatto che, nel periodo d’imposta in corso al momento del trasferimento delle partecipazioni oppure nei 2 successivi o anteriori (“periodo di osservazione”), intervenga un mutamento nell’attività della società rispetto a quella da essa svolta nei periodi di imposta in cui sono state realizzate le perdite, ancorché si tratti di una condizione non prevista ai fini dell’applicazione dei limiti di cui agli artt. 172 e 173.
Si è tenuto conto, in proposito che, mentre le operazioni di fusione e scissione determinano, di per sé, il trasferimento delle posizioni soggettive, e, quindi, anche delle perdite, in favore del beneficiario, in caso di mera acquisizione delle partecipazioni, per utilizzare le perdite di una “bara fiscale”, occorre un quid pluris, ossia “l’immissione” nella società acquisita di compendi aziendali profittevoli.
La nozione di cambiamento dell’attività, tuttavia, è stata meglio precisata in attuazione dei criteri direttivi della legge delega, che prevedono anche la revisione della nozione di modifica dell’attività principale esercitata.
Finora, secondo la prassi amministrativa, è stato attribuito al concetto di “modifica dell’attività principale” un significato estremamente ampio, non limitato ai casi in cui si verifica il cambiamento del settore economico in cui opera la società oppure ai casi in cui, fermo restando il settore economico di operatività, si verifica un cambiamento di comparto merceologico. Secondo la prassi suddetta, si realizza un cambiamento dell’attività principale anche quando, fermi restando il settore economico e il comparto merceologico di attività, si verifica un’operazione di rivitalizzazione (anche mediante nuovi apporti di mezzi finanziari) dell’attività economica svolta.
Considerata l’incertezza interpretativa, l’intervento attuato in seno al c. 3 dell’art. 84 prevede che per modifica dell’attività principale si intende il mutamento del settore economico o del comparto merceologico di operatività.
Inoltre, può realizzarsi una modifica dell’attività principale esercitata anche quando il soggetto che ha maturato le perdite acquisisce una azienda o un ramo di azienda (sia a seguito di atti di cessione d’azienda o rami d’azienda sia di conferimenti). In tal caso, la modifica dell’attività principale esercitata si verifica anche se nella società acquisita dotata di perdite fiscali si immette un’azienda dello stesso settore merceologico in cui già opera la medesima società.
Si segnala, altresì, che l’art. 84, c. 3 è stato modificato al fine di tenere conto della “nuova disciplina del voto plurimo/maggiorato”, recependo in tal modo le osservazioni del parere reso dalla VI Commissione Finanze della Camera dei deputati.
Non costituisce cambiamento dell’attività, invece, la mera “immissione” di risorse finanziarie aggiuntive o di singoli beni strumentali.
Il bando è rivolto a organizzazioni non-profit che, lavorando in stretta collaborazione con le scuole del territorio di riferimento, abbiano esperienza e strumenti per realizzare iniziative di prevenzione e contrasto della dispersione scolastica nei gradi scolastici compresi tra il 4° anno della Scuola primaria e il 2° anno della Scuola secondaria di secondo grado.
Il soggetto proponente dovrà appartenere a una delle seguenti categorie: enti del Terzo settore (Ets); organizzazioni non governative (Ong) nazionali e internazionali; organizzazioni non lucrative di utilità sociale (Onlus); organizzazioni di volontariato; cooperative sociali; associazioni di promozione sociale.
Budget – Ai fini della realizzazione dei progetti, Fondazione CDP metterà a disposizione fino a 1,2 milioni di euro, restando inteso che saranno ammesse al bando proposte che contemplino, proporzionalmente alla durata, una richiesta economica minima di 200.000 euro e, in ogni caso, non superiore a 300.000 euro (Iva inclusa ove applicabile). In altri termini, ogni annualità relativa a ciascun progetto non potrà superare l’importo di 100.000 euro.
Il contributo sarà erogato con le seguenti modalità:
– un anticipo pari al 30% dell’importo, a seguito della formalizzazione dell’aggiudicazione;
In data 12.06.2025, le organizzazioni datoriali Federmeccanica e Assistal, unitamente alle sigle sindacali Fim-Cisl, Fiom-Cgil e Uilm-Uil, hanno sottoscritto il verbale di adeguamento della parte economica del Ccnl per i lavoratori addetti all’industria metalmeccanica privata e all’installazione di impianti. L’accordo interviene in attuazione della clausola di salvaguardia prevista dal contratto nazionale sottoscritto il 5.02.2021, con riferimento all’andamento dell’indice IPCA al netto degli energetici importati, aggiornato su base annuale.
L’adeguamento decorre dal 1.06.2025, sulla base del valore IPCA definitivo per l’anno 2024 comunicato dall’Istat nella medesima giornata del 12.06.2025, pari a +1,3%. Tale percentuale determina l’incremento dei minimi retributivi contrattuali su tutti i livelli, secondo le tabelle allegate al verbale. L’incremento ha carattere strutturale, incidendo sul trattamento economico minimo (TEM) e sulla conseguente dinamica retributiva.
Con la nota 12.05.2025, n. 4304 l’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha fornito nuove e puntuali indicazioni per il contrasto all’esercizio abusivo della professione di consulente del lavoro, concentrando l’attenzione in particolare sui centri di elaborazione dati, i cosiddetti CED, che negli anni hanno assunto significativo impatto nel panorama dei servizi legati alla gestione del personale.
Il documento dell’INL sottolinea che determinati adempimenti in materia di lavoro, previdenza e assistenza sociale possono essere svolti unicamente da soggetti in possesso di specifiche abilitazioni statali e iscritti agli albi professionali di riferimento, come i consulenti del lavoro, gli avvocati e i dottori commercialisti.
Ai CED, invece, è consentito svolgere solo attività esecutive strettamente connesse alla meccanica elaborazione dei dati, come l’inserimento delle informazioni per il calcolo delle retribuzioni, la stampa dei cedolini paga e la gestione informatica accessoria e strumentale alla fase elaborativa, quali la raccolta dei dati e l’archiviazione dei documenti.
Gli “aiuti” ricevuti dalle imprese sono riportati, come noto, all’interno dei registri RNA, SIAN e SIPA, al fine di garantire il rispetto dei divieti di cumulo e degli obblighi di trasparenza e di pubblicità previsti dalla normativa. L’Agenzia delle Entrate gestisce i c.d. aiuti fiscali “automatici” e “semiautomatici” di cui all’art. 10 del Regolamento (Decreto Mise del 31.05.2017, n. 115), provvedendo alla loro iscrizione massiva nei predetti Registri sulla base dei dati dichiarati dai contribuenti.
Con il provvedimento n. 244832/2025 l’Agenzia delle Entrate stabilisce la messa a disposizione delle informazioni relative alla mancata registrazione degli aiuti di Stato e degli aiuti in regime de minimis nei registri RNA (Registro Nazionale degli aiuti di Stato), SIAN (Sistema informativo agricolo nazionale) e SIPA (Sistema italiano della pesca e dell’acquacoltura), destinate ai contribuenti che hanno esposto, nel prospetto Aiuti di Stato delle dichiarazioni Redditi, Irap e 770 del periodo di imposta 2021, dati erronei e/o non coerenti con la relativa disciplina agevolativa.
Tra gli errori più comuni si pensi, ad esempio, al codice residuale 999 (campo “Codice aiuto” del prospetto Aiuti di Stato): tale codice è utilizzabile unicamente nell’ipotesi in cui debbano essere indicati aiuti non espressamente ricompresi nella “Tabella codici aiuti di Stato”.
L’Organismo Italiano di Contabilità (OIC) ha pubblicato in data 11.06.2025 la versione definitiva del principio contabile OIC 30, dedicato alla redazione dei bilanci intermedi. Il principio, destinato a entrare in vigore obbligatoriamente per gli esercizi aventi inizio dal 1.01.2026, può essere adottato in via facoltativa già a partire dai bilanci relativi a periodi iniziati il 1.01.2025, aprendo la strada alla sua prima applicazione concreta con le semestrali chiuse al 30.06.2025.
Il documento si basa su un’impostazione di sostanziale assimilazione del bilancio intermedio a un vero e proprio bilancio d’esercizio, sia sul piano concettuale che operativo. In particolare, viene previsto che gli stessi criteri di rilevazione, classificazione, valutazione e informativa previsti per il bilancio annuale debbano essere applicati anche in sede di bilancio intermedio, considerando questo periodo come un autonomo “esercizio”, pur se di durata infrannuale. Questo comporta, ad esempio, che una svalutazione dell’avviamento contabilizzata in sede di bilancio intermedio non potrà essere successivamente ripristinata, coerentemente con quanto disposto dall’OIC 24. Lo stesso principio vale per i costi non capitalizzabili alla data del bilancio intermedio: questi oneri non possono essere recuperati nei bilanci successivi.
Particolarmente rilevante è il trattamento delle imposte sul reddito: il principio introduce il criterio della “aliquota fiscale annua effettiva”, che impone di determinare l’imposta intermedia stimando l’incidenza fiscale annua complessiva, sia corrente che differita, da applicare proporzionalmente all’utile ante imposte del periodo intermedio.
Con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale il 30.05.2025 della L. 78/2025 di conversione del D.L. 39/2025, viene mantenuta la proroga introdotta appunto dal decreto, per la stipula di polizze a copertura dei rischi catastrofali per le piccole, micro e medie imprese e precisamente al 1.10.2025 per le medie imprese, e al 31.12.2025 per le piccole e microimprese.
Si ricorda che l’art. 1, cc. 101 a 111 della legge di Bilancio 2024 (L. 213/2023) ha introdotto l’obbligo per tutte le imprese di stipulare entro il 31.12.2024 dei contratti assicurativi a copertura danni ai beni causati da calamità naturali ed eventi catastrofali quali sismi, alluvioni, frane, inondazioni, esondazioni.
A conferire contenuto attuativo è stato il D.M. Economia 30.01.2025, n. 18 e una prima proroga era stata concessa dal decreto Milleproroghe (art. 13, c. 1 D.L. 202/2024) al 31.03.2025.
Partendo dal requisito soggettivo l’obbligo riguarda tutte le aziende iscritte al Registro Imprese, quindi imprese individuali, società di persone, società di capitali, mentre sono esclusi i professionisti (in quanto non iscritti al Registro delle Imprese) e le imprese agricole.
La proroga fa distinzione in base alla grandezza dell’impresa:
– per le microimprese (meno di 10 dipendenti, fatturato non superiore a 2 milioni di euro e totale Attivo Patrimoniale non superiore a 2 milioni di euro), 31.12.2025;
Con l’introduzione dell’art. 9 del decreto correttivo, cambia il perimetro di accesso e di permanenza nel concordato preventivo biennale degli studi associati e le società tra professionisti. Le nuove disposizioni prevedono che l’adesione o la permanenza nel regime venga meno qualora anche uno solo dei soci, titolare di redditi di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 54, c. 1 del Tuir, non possa più determinare il proprio reddito in base alla proposta concordataria. Stessa situazione di cessazione dal concordato, con effetto anche sui singoli soci e associati, scatta anche quando la cessazione riguarda lo studio associato o la STP.
Una modifica dal chiaro intento antielusivo che, tuttavia, introduce una significativa rigidità per queste forme aggregative: sarà sufficiente, ad esempio, la cessazione dell’attività di un socio o un evento personale (come, ad esempio, a causa del decesso o di una grave malattia o infortunio) per determinare l’uscita automatica dell’intero “gruppo professionale” dal regime agevolato.
Queste novità interessano le associazioni non riconosciute costituite tra persone fisiche per l’esercizio associato di arti e professioni, le STP di cui all’art. 10 L. 183/2011 e le società tra avvocati ex art. 4-bis L. 247/2012.
La nuova causa di esclusione e cessazione anticipata si applicherà a partire dalle opzioni esercitate per il biennio 2025-2026.
Le implicazioni pratiche sono piuttosto rilevanti. Le adesioni dovranno essere congiunte (società e singoli soci titolari di partita Iva) e condizionate all’assenza di cause ostative in capo a ciascun componente. Un debito erariale superiore a 5.000 euro al 31.12 dell’anno precedente o l’inapplicabilità del modello ISA nell’anno antecedente al biennio concordatario rappresentano elementi sufficienti a inibire l’accesso all’intero gruppo.
Particolarmente critica appare la situazione dei soci non titolari di Partita Iva: anche in assenza di un’attività individuale, gli effetti della cessazione del regime sul soggetto collettivo si rifletteranno direttamente sui loro redditi di partecipazione.
Tali novità non dovrebbero avere effetti sulla modulistica 2025. Con ogni probabilità, l’Amministrazione Finanziaria gestirà le nuove cause di esclusione/cessazione tramite i quadri CPB delle dichiarazioni fiscali.
Sicuramente ci saranno aggiornamenti del software di calcolo delle proposte (Il tuo ISA 2025 CPB) per effetto di altre novità introdotte dal decreto correttivo.
Difficile dunque pensare di aderire ad un biennio concordatario se lo stesso si poggia su fondamenta così deboli. Le vicende, anche soggettive, che possono colpire il singolo socio o associato si estendono su tutta l’associazione o la società tra professionisti facendo venire meno gli obiettivi concordatari prefissati, travolgendo anche le posizioni individuali e le singole adesioni dei soci o degli associati e viceversa.
In conclusione, le modifiche in oggetto, rischiano di costituire un vero e proprio blocco alle adesioni proprio per quelle realtà professionali, individuali o aggregate, che, nella prima fase applicativa del concordato preventivo biennale, hanno mostrato maggiore propensione all’utilizzo dell’istituto.