Un numero crescente di dipendenti ha avviato una riflessione critica sui propri obiettivi esistenziali e sulle aspettative professionali, rivalutando in modo sostanziale il rapporto tra vita personale e dimensione lavorativa. In tale scenario, il work-life balance si configura come un fattore centrale nella riformulazione delle strategie di gestione del tempo e delle risorse, riflettendo una crescente attenzione all’equilibrio tra vita professionale e privata.
Il fenomeno del quiet quitting o licenziamento silenzioso è uno degli effetti di questo nuovo approccio: il lavoratore si limita a svolgere le attività essenziali e strettamente previste dal contratto di lavoro, astenendosi dal dedicare tempo o risorse aggiuntive a compiti che esulano dalle proprie mansioni obbligatorie. Le motivazioni che possono indurre i lavoratori ad adottare comportamenti simili sono molteplici e spesso si intrecciano tra loro, generando un effetto cumulativo. Tra le determinanti principali si segnalano:
– pressione operativa eccessiva. Una gestione delle attività quotidiane non sostenibile e la continua richiesta di performance elevate, prive di adeguati strumenti di supporto o periodi di recupero, risulta soffocante e promuove il disimpegno;
– inadeguatezza della politica retributiva. Un sistema premiante percepito come non equo, non competitivo rispetto al mercato o non commisurato agli sforzi richiesti, costituisce un forte elemento di demotivazione e di propensione al disimpegno;
– obiettivi sproporzionati. La definizione di traguardi poco realistici, o di aspettative manageriali disallineate rispetto alle reali possibilità operative, genera facilmente sentimenti di insoddisfazione e distacco emotivo;
– mancanza di prospettive di evoluzione. L’assenza di percorsi di avanzamento o di opportunità formative limita le ambizioni individuali e riduce la propensione all’iniziativa personale;
– assenza di valorizzazione. La mancanza di riscontri positivi, sia in termini di feedback che di riconoscimenti tangibili per i risultati ottenuti, può minare il senso di autostima professionale;
– clima relazionale problematico. Tensioni, conflitti o carenze comunicative sia nei rapporti verticali che tra pari possono favorire l’insorgere di atteggiamenti di isolamento o scarsa collaborazione;
– alienazione organizzativa. Un indebolimento dell’identificazione con la mission, i valori o la cultura aziendale può tradursi in una minore partecipazione alla vita collettiva e in un progressivo allontanamento dai processi decisionali.
Sebbene il quiet quitting non configuri una forma di cessazione formale del rapporto di lavoro, esso viene frequentemente interpretato come un indicatore di disimpegno latente, potenzialmente prodromico a un successivo abbandono volontario dell’impiego.
Per prevenire il quiet quitting le aziende possono implementare cinque azioni chiave:
– sostenere un sano equilibrio vita-lavoro mediante smart working, orari flessibili e politiche per la salute mentale;
– garantire trattamenti economici attrattivi e sistemi di incentivazione collegati ai risultati, in linea con le dinamiche di mercato e le aspettative professionali;
– promuovere una leadership proattiva, formando i manager a riconoscere precocemente i segnali di disimpegno e a gestirli con empatia e attenzione;
– investire nello sviluppo professionale attraverso formazione e piani di carriera chiari;
– favorire l’identificazione organizzativa attraverso la promozione di una cultura aziendale inclusiva e la realizzazione di iniziative che rafforzino la coesione tra i collaboratori.
Solo un’organizzazione capace di valorizzare persone, equilibrio e senso di appartenenza può prevenire davvero il quiet quitting. In un contesto in rapida evoluzione, il coinvolgimento autentico è la chiave della sostenibilità aziendale.
Con i cedolini paga riferiti alla mensilità di maggio 2025 deve essere gestito, per i lavoratori cui si applica il contratto collettivo nazionale di lavoro Assicurazioni in gestione libera ANAPA, il premio di produttività aziendale, che costituisce a ogni effetto parte e riferimento della contrattazione di secondo livello.
Il premio viene correlato al raggiungimento di un obiettivo aziendale unico per tutti i dipendenti e un obiettivo individuale, entrambi da definirsi annualmente entro la fine del mese di febbraio di ogni anno come da bozza di accordo quadro allegato al contratto. Gli obiettivi sono:
– incremento medio in percentuale del monte ore aziendali complessive lavorate (escluso lavoro straordinario). Ogni anno l’agenzia determinerà l’indice medio monte ore lavorate al 31.12;
– livello di customer care satisfaction incrementale e/o riduzione dei reclami di agenzia. Ogni anno l’agenzia determinerà il dato dei reclami e della customer care satisfaction al 31.12;
– mantenimento volume del portafoglio clienti e sviluppo;
– lavorazione digitale anagrafiche clienti e aggiornamento puntuale delle stesse, compreso profilo cliente e adeguamento a nuovi gestionali delle compagnie;
Il Tribunale di Bari, con l’ordinanza 24.04.2025, n. 1981, ha chiarito che i nuovi parametri limitativi della responsabilità dei sindaci, introdotti dall’art. 2407 c.c. come modificato dalla L. 35/2025, si applicano anche ai fatti anteriori all’entrata in vigore della riforma.
Nel caso di specie il curatore ha contestato la completa perdita del capitale sociale formalmente emergente con il deposito del bilancio relativo al 2021, ma nei fatti prodotto e desumibile già dal bilancio 2017, approvato nei primi mesi del 2019. I revisori si erano espressi sul bilancio in questione con l’impossibilità ad esprimere un giudizio per molteplici e rilevanti incertezze sulla continuità aziendale. Inoltre, in questa situazione di crisi conclamata, gli amministratori avevano restituito indebitamente rilevanti somme per finanziamenti. La restituzione andava a integrare, secondo il Tribunale, gli estremi del pagamento preferenziale rispetto ai creditori sociali, danneggiati in virtù di tale restituzione effettuata senza rispettare il principio della par condicio creditorum.
Tali situazioni rendevano necessario distinguere il danno generico, prodotto dall’indebita prosecuzione dall’attività della società, dal danno ulteriore da “mala gestio”, determinato dall’indebita restituzione dei finanziamenti.
Il Tribunale, in tale circostanza, ha addebitato il danno solidalmente agli amministratori e ai sindaci, ma non ai revisori, applicando però la responsabilità nei confronti dei sindaci secondo i limiti previsti dall’art. 2407, c. 2 c.c. Seppur non ci sia una previsione di diritto temporale che stabilisca la retroattività della legge in generale di tale previsione normativa, nella motivazione si ritiene che il nuovo testo dell’art. 2407, c. 2 c.c. si applichi anche ai fatti antecedenti all’entrata in vigore della legge stessa (L. 35/2025), in quanto essa si limita a indicare al giudice un criterio di quantificazione del danno, senza che ciò vada a incidere sul diritto al risarcimento, limitando solo il quantum rispetto ai soggetti che sono comunque responsabili in solido con gli amministratori.
Nelle motivazioni del Tribunale, inoltre, si evince che il nuovo limite al danno addebitabile ai sindaci deve essere riferito a ogni singolo evento dannoso causato dal sindaco, nel senso che l’indicazione del tetto massimo non riguarda in maniera cumulativa tutte le condotte dannose perpetrate, bensì ciascuna delle stesse dalle quali deriva un danno. Quanto detto, secondo il Tribunale di Bari, si evince dallo stesso disposto normativo, ai sensi del quale i sindaci che violino i propri doveri “sono responsabili per i danni cagionati alla società che ha conferito l’incarico ai suoi soci, ai creditori e ai terzi nei limiti di…”; previsione che fa riferimento alla violazione dei doveri dai quali deriva un danno, manifestando, quindi, la necessità di un nesso tra ciascuna violazione e il danno. In altri termini, non si tratta di un’attenuante della responsabilità del sindaco, ma solo di una limitazione quantitativa della sua responsabilità in relazione al danno conseguente alla sua condotta colposa.
I danni imputati ai sindaci hanno riguardato il “danno generico” per aver dato seguito all’attività di omessa vigilanza e il “danno ulteriore” per non aver ricontrollato il rimborso dei finanziamenti concessi da parte di parenti di ex soci.
I giudici, infine, hanno interpretato il compenso annuo percepito quale compenso effettivamente riconosciuto al sindaco e, quindi, l’importo netto deliberato dall’assemblea.
Abbiamo assistito a un passaggio senza precedenti al business online: servizi, prodotti, consulenze che nessuno avrebbe pensato possibile erogare tramite il digitale (o avrebbe impiegato molto tempo), sono ora proposti online. Ed è una possibilità aperta a tutti: basta avere un PC, una connessione veloce, un sito o profilo social. È qualcosa da dire ai propri clienti.
Ciò ha creato incredibili opportunità sia ai privati, sia alle aziende. La domanda e l’accettazione di formazione online, coaching, consulenza è andata alle stelle; corsi digitali, workshop sono diventati parte della nostra vita. Molte aziende si sono orientate allo sviluppo online, spesso generando entrate più alte. Questa integrazione del business online, generando più clienti, ha anche fatto esplodere la concorrenza, a vantaggio soprattutto dei fruitori e di coloro che si adegueranno a questa nuova modalità di comunicazione.
La consulenza e formazione online è quindi destinata a uno sviluppo sempre maggiore, con enormi benefici sia in termini di efficacia che di ottimizzazione dei tempi e dei costi.
Come noto, domenica 8 e lunedì 9.06.2025 i cittadini italiani saranno chiamati alle urne per pronunciarsi su 5 referendum abrogativi: 4 promossi dalla CGIL in materia di lavoro e poi un 5 sulla cittadinanza proposto da una serie di partiti ed associazioni. In particolare, il 1° ed il 3° dei quesiti referendari assumono una particolare valenza ideologica per il principale sindacato italiano, in quanto si prefiggono di “smantellare” la riforma del lavoro varata dal Governo Renzi nel 2015.
Esaminiamoli nel dettaglio.
Referendum n. 1 su contratto a tutele crescenti – Nel primo quesito si annida la vera bandiera da sventolare, cioè il ripristino dell’art. 18 dello Statuto dei lavoratori con il ritorno alla “tutela reale” in caso di licenziamento ritenuto illegittimo da parte del Giudice.
Per i lavoratori assunti dopo il 7.03.2015 nelle imprese con più di 15 dipendenti, il Jobs act ha introdotto il contratto a tutele crescenti, cioè un contratto a tempo indeterminato che, in caso di licenziamento senza giusta causa, prevede la sostituzione del reintegro con un indennizzo proporzionato all’ anzianità di servizio.
Con il D.I. 6.11.2024 n. 387 sono state previste le modalità attuative per il riconoscimento di un contributo economico a fondo perduto e di un credito d’imposta volti a promuovere il sistema del vuoto a rendere per gli imballaggi contenenti liquidi a fini alimentari, primari e riutilizzabili.Tali incentivi sono destinati alle Zone Economiche Ambientali di cui all’art. 4-ter D.L. 14.10.2019, n. 111, convertito, con modificazioni, dalla L. 12.12.2019, n. 141.
Il Ministero competente (Ambiente e sicurezza energetica) ha recentemente pubblicato un avviso sul proprio sito istituzionale volto a segnalare che le domande, da compilare in via telematica, potranno esser trasmesse dal giorno 4.06.2025 e non oltre il 30.06.2025, accendendo al sito www.vuotoarendere.mase.gov.it tramite credenziali SPID e CIE.
Possono presentare la domanda gli utilizzatori ovvero, i commercianti, i distributori, gli addetti al riempimento, gli utenti di imballaggi e gli importatori di imballaggi pieni. Il contributo è riconosciuto nella misura pari alla spesa sostenuta e documentata nell’anno 2022 per l’introduzione del sistema del vuoto a rendere; il contributo a fondo perduto non può, in ogni caso, essere superiore all’importo massimo di 10.000 euro per ogni beneficiario.
Un importante chiarimento è giunto dall’Agenzia delle Entrate riguardo al regime fiscale applicabile alla rivendita di immobili acquistati beneficiando del cosiddetto “sismabonus acquisti” nella sua versione potenziata. Con la risposta a interpello 20.05.2025, n. 137, il Fisco ha finalmente fatto luce su una questione interpretativa che aveva generato non pochi dubbi tra gli operatori del settore.
La rivendita di unità immobiliari per le quali l’acquirente aveva fruito del super sismabonus acquisti non determina l’insorgere di plusvalenze imponibili ai sensi dell’art. 67, c. 1, lett. b-bis) del Tuir, ma può eventualmente ricadere solo nella fattispecie prevista dalla precedente lett. b) dello stesso articolo.
Si tratta di un’interpretazione che risolve un nodo interpretativo sorto a seguito dell’introduzione delle nuove regole sulle plusvalenze immobiliari collegate agli interventi agevolati con il superbonus. Occorre ricordare che il sismabonus acquisti, disciplinato dall’art. 16, c. 1-septies D.L. 63/2013, ha consentito agli acquirenti di unità immobiliari cedute da imprese che avevano realizzato interventi antisismici di beneficiare di una detrazione fiscale particolarmente vantaggiosa, arrivata fino al 110% per determinate operazioni perfezionate entro il 30.06.2022 (o, in alcune situazioni specifiche, fino al 31.12.2022). La questione cruciale riguardava l’applicabilità o meno della lett. b-bis) dell’art. 67, c. 1 del Tuir alla rivendita di tali immobili.
La sentenza del Tribunale di Napoli Nord 16.04.2025, n. 1758 interviene su un punto sempre più ricorrente nei rapporti di lavoro: la validità formale del licenziamento comunicato tramite WhatsApp.
Il giudice ha confermato che, per rispettare l’art. 2 L. 604/1966, la comunicazione deve presentarsi in forma scritta e deve contenere le generalità delle parti, gli estremi del rapporto di lavoro, la data del recesso e la motivazione specifica.
In assenza di questi elementi, l’atto risulterebbe inefficace. La modalità digitale, se dotata di queste caratteristiche e recapitata in modo documentabile al destinatario, è stata considerata idonea.
Funzione garantista della forma scritta – Il giudice ha chiarito che il contenuto prevale sulla modalità tecnica. La forma scritta ad substantiam, prevista dalla normativa, ha la funzione di tutelare entrambe le parti attraverso la trasparenza dell’atto e la tracciabilità dell’intenzione. Il mezzo digitale può assolvere pienamente questa funzione, a patto che sia dimostrabile l’avvenuta ricezione da parte del lavoratore.
Per poter procedere all’analisi delle implementazioni che le spese in conto capitale (CapEx) e le spese operative (OpEx) hanno ai fini dell’allineamento sulla sostenibilità occorre fare una breve sintesi sull’argomento ESG.
Negli ultimi anni si parla tanto di sostenibilità e, in particolare, per noi commercialisti, di rendiconto di sostenibilità quale informativa ESG contenuta nella relazione sulla gestione del bilancio di esercizio. In sintesi, parliamo degli impatti economici, ambientali e sociali che l’azienda determina verso l’ambiente (inside out) e degli impatti che l’ambiente esterno determina nei confronti dell’azienda (outside in) ovvero quello che tecnicamente viene chiamata “la doppia materialità”.
Per la valutazione della doppia materialità le aziende avranno a disposizione gli IRO ovvero le interazioni di impatto, i rischi e le opportunità in relazione agli obiettivi aziendali da raggiungere. Con la Direttiva UE Corporate Sustainability Reporting Directive (CSRD), la tassonomia è diventata per le imprese un punto di riferimento fondamentale per la rendicontazione ESG in quanto offre un sistema di classificazione dei parametri per la misura della sostenibilità anche se allo stato attuale sono stati disciplinati solo alcuni settori di attività. Pertanto, solo nei settori disciplinati si può parlare di eventuale allineamento mentre nei settori non disciplinati si dovrà parlare di ammissibilità.
LIFE è uno dei programmi “storici” della Commissione Europea ed è il principale strumento finanziario dell’Unione Europea dedicato all’ambiente e all’azione per il clima. Attivato nel 1992, ha sostenuto più di 5.500 progetti, mobilitando oltre 12 miliardi di euro di investimenti grazie anche a un cofinanziamento di 5 miliardi di euro della Commissione stessa. In Italia il Programma ha riscosso un notevole successo che si è tradotto in 979 progetti finanziati, determinando un investimento complessivo di 1,7 miliardi di euro.
Il programma LIFE svolge un ruolo essenziale nel sostenere lo sviluppo, l’attuazione e l’aggiornamento delle politiche e della legislazione dell’Unione in materia di ambiente, tutela della natura e della biodiversità e azione per il clima, attraverso il finanziamento di progetti sostenibili sia dal punto vista tecnico che economico, coerentemente con gli obiettivi previsti nel Green Deal europeo.
Il programma LIFE in corso (che copre il periodo 2021-2027) sostiene in particolare 4 progetti: la “Strategia dell’UE sulla biodiversità per il 2030”, il nuovo “Piano di azione per l’economia circolare”, la nuova “Strategia dell’UE di adattamento ai cambiamenti climatici” e la Strategia “Un’ondata di ristrutturazioni per l’Europa” che faciliterà la transizione verso un’economia efficiente dal punto di vista energetico.