Attività diverse degli ETS: limiti, criteri e rischi di cancellazione

Il Codice del Terzo settore, pur essendo ormai entrato in vigore, non è ancora pienamente operativo sotto il profilo fiscale, in attesa del 1.01.2026, data che, dopo l’approvazione definitiva da parte della Commissione Europea sui regimi agevolati previsti in sostituzione di quelli preesistenti, rappresenterà il termine di decorrenza per le novità in materia di agevolazioni in tema di imposte dirette, indirette e Iva. In questo contesto, un ruolo centrale è rivestito dalla corretta definizione statutaria delle attività che l’ente intende svolgere, distinguendo con precisione la parte commerciale da quella non commerciale e calcolando la prevalenza.

Gli enti del Terzo settore (ETS), qualificati dallo scopo non lucrativo e dall’esercizio in via unica o prevalente delle attività di interesse generale previste dall’art. 5 D.Lgs. 117/2017, possono esercitare anche attività diverse, normalmente commerciali per definizione, così come definite dall’art. 6 D.Lgs. 117/2017. Ciò a condizione che lo statuto lo consenta e che tali attività siano secondarie e strumentali rispetto a quelle principali. Questa previsione, anch’essa disciplinata direttamente dall’art. 6 del Codice, impone che nello statuto siano indicate in modo puntuale le attività diverse che l’ente intende svolgere, evitando formulazioni generiche o elenchi eccessivamente ampi che rendano indefinito l’oggetto sociale, come precisato anche dal Ministero del Lavoro con la nota 12.04.2019, n. 3650. Tali attività devono essere svolte secondo criteri e limiti particolari, stabiliti dal D.M. 15.05.2021, n. 107. Il decreto individua 2 parametri alternativi per definire la “secondarietà”, su libera scelta dell’ente, che ne dà atto nella relazione di missione. Il primo parametro misura i ricavi derivanti dalla vendita di beni o servizi, che non devono superare il 30% delle entrate complessive dell’ente. In alternativa, tali ricavi non devono eccedere il 66% dei costi complessivi dell’ente, includendo nel novero anche i costi figurativi come il valore delle ore di volontariato e le erogazioni gratuite di beni o servizi.

Il mancato rispetto di tali limiti comporta obblighi stringenti: l’ente deve segnalare la situazione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) entro 30 giorni dall’approvazione del bilancio e rientrare nei parametri entro l’esercizio successivo. L’inosservanza di tali adempimenti può portare in ultima istanza anche alla cancellazione dal RUNTS, con conseguente obbligo di devoluzione del patrimonio incrementale maturato durante il periodo di iscrizione.

Sotto il profilo fiscale, la distinzione tra ETS commerciali e non commerciali è determinante. Un ente può perdere la qualifica di non commerciale se i proventi delle attività di interesse generale svolte a pagamento eccedono i costi effettivi o se la somma di tali proventi e di quelli derivanti da attività diverse supera le entrate non commerciali complessive. Sotto questo profilo è importante ricordare che la nozione di “costo effettivo” include anche i costi indiretti, ampliando così la base di calcolo rispetto alla precedente definizione contenuta nel Tuir ante riforma.

Il legislatore ha previsto un “periodo di salvaguardia” introdotto dal D.L. 73/2022: nei 2 esercizi successivi al termine fissato dall’art. 104, c. 2 del Codice (cioè il 1.01.2026), il mutamento di qualifica da ente non commerciale a commerciale (o viceversa) produce effetti fiscali solo dall’anno successivo al cambiamento.

La gestione delle attività diverse richiede una pianificazione attenta, una rigorosa tenuta contabile e un costante monitoraggio dei limiti fissati dalla legge, per evitare rischi di perdita dei benefici fiscali e dell’iscrizione al Registro, con evidenti oneri a carico di amministratori, organi di controllo e di revisione e professionisti incaricati della consulenza. Il primo, essenziale, monitoraggio, dovrà opportunamente anticipare l’entrata in vigore della disciplina fiscale, in modo da porre l’ente nella condizione di effettuare scelte tempestive e consapevoli.

CSRD e semplificazione in corso: note di aggiornamento

Nuovi ESRS – L’EFRAG (l’European Financial Reporting Advisory Group, consulente tecnico della Commissione UE) ha pubblicato il 31.07.2025 le bozze degli ESRS revisionati e avviato una consultazione pubblica per raccogliere i commenti e le osservazioni degli stakeholder rilevanti, espressione del mondo aziendale, professionale e finanziario, pubblico e privato.

L’ente ha prodotto una versione rivisitata degli standard ove:

– l’analisi di doppia materialità viene snellita;

– le sovrapposizioni tra le norme vengono ridotte;

– il linguaggio e la struttura di rendicontazione sono resi più chiari;

– tutte le informazioni volontarie vengono eliminate;

– nuovi meccanismi di esenzione sono stati introdotti.

La revisione porterà una riduzione del 57% dei dati obbligatori (da riportare se rilevanti) e del 68% dell’insieme completo delle informazioni da fornire (obbligatorie e volontarie), accorciando la lunghezza complessiva degli standard di oltre il 55% ed eliminando la previsione di standard settoriali.

Dirigenti aziende industriali: firmato accordo sulle politiche attive

In arrivo un restyling delle politiche attive per i dirigenti dell’industria. Il 24.07.2025 Confindustria e Federmanager hanno sottoscritto un accordo in materia di politiche attive del lavoro, in attuazione di quanto stabilito nel rinnovo del contratto collettivo nazionale di lavoro per i dirigenti di aziende produttrici di beni e servizi del 13.11.2024. In particolare, l’accordo definisce i contenuti e le modalità operative dei servizi di politica attiva affidati alla Fondazione Fondirigenti – Giuseppe Taliercio, incaricata di sviluppare, gestire e monitorare un sistema strutturato di interventi a favore dei dirigenti in servizio e dei dirigenti temporaneamente disoccupati da non oltre 6 mesi (estesi a 12 in sede di prima applicazione).

Con l’accordo di rinnovo del Ccnl, alla Fondazione Fondirigenti-Giuseppe Taliercio è stato affidato anche il compito dello sviluppo e dell’erogazione delle politiche attive destinate ai dirigenti e della formazione a esse collegate. A tal fine, Confindustria e Federmanager hanno stabilito con lo stesso accordo di rinnovo che, per sostenere l’attività relativa alle politiche attive, la Fondazione riceverà dalle imprese, a partire dal 2025, la quota di 100 euro annui per ogni dirigente in servizio, con le stesse modalità previste per il finanziamento della Gestione Separata FASI.

Per poter avere le risorse necessarie per la gestione dei servizi di politiche attive, attraverso il verbale di accordo del 24.07.2025 le parti hanno autorizzato la Fondazione Fondirigenti-Giuseppe Taliercio a procedere alla riscossione della quota prevista dal contratto collettivo entro il 30.11.2025. Ciò al fine di avviare, nel corso 2026 i servizi di politiche attive previsti. Per la riscossione di tale quota, la Fondazione invierà una comunicazione alle imprese interessate attraverso la quale illustrerà i servizi che intende fornire.

L’accordo prevede anche il trasferimento della necessaria base dati da 4.Manager, incaricata del servizio di politica attiva nel precedente periodo di vigenza contrattuale, alla Fondazione Fondirigenti-Giuseppe Taliercio allo scopo di poter disporre di un’anagrafica completa delle aziende interessate.

Al fine di garantire la continuità nella prestazione del servizio, le parti hanno concordato che, fino a tutto il 2025, i servizi continueranno ad essere forniti da 4.Manager secondo le forme e le modalità sinora seguite.

Per quanto riguarda i servizi, ciascuno di essi dovrà avere obiettivi e output differenziati.

Nel caso del dirigente occupato, lo screening delle competenze sarà finalizzato a rafforzare il profilo manageriale del dirigente stesso; ciò verrà attuato attraverso un piano di sviluppo professionale e un’offerta formativa finalizzata a rafforzare gli elementi che emergono come più opportuni in esito al bilancio delle competenze.

Nel caso di dirigente disoccupato, lo screening terminerà con un piano di autopromozione e con un’attività formativa sulle aree di miglioramento rispetto al proprio benchmark di riferimento; la finalità sarà il rafforzamento dell’identità professionale, nonché la possibilità di fruire di un servizio di placement propedeutico alla ricollocazione professionale del dirigente.

Detrazioni e cambio di fascia d’età durante l’anno

l compimento di una soglia anagrafica durante il periodo d’imposta può generare effetti diversi sul piano fiscale, in particolare in merito alla spettanza delle detrazioni. È opportuno distinguere, quindi, tra i diversi benefici, poiché la normativa e la prassi non adottano un criterio uniforme.

Secondo l’art. 12 del Tuir, come modificato dalla legge di Bilancio 2025 (L. 207/2024) e chiarito dalle circolari 16.05.2025, n. 4/E e 29.05.2025, n. 6/E, a decorrere dall’anno d’imposta 2025, le detrazioni per carichi di famiglia riferite ai figli sono calcolate su base mensile e spettano per ciascun mese in cui risultano soddisfatte le condizioni previste. In particolare, l’agevolazione è riconosciuta dal mese del compimento del 21° anno di età fino al mese precedente al compimento del 30° anno, sempreché permangano i requisiti di legge. Il limite anagrafico dei 30 anni non si applica nel caso in cui il figlio sia affetto da disabilità (ai sensi della L. 104/1992).

La soglia di reddito da considerare per essere ritenuti fiscalmente a carico cambia in base all’età:

– fino a 24 anni: limite di reddito pari a 4.000 euro;

– per gli over 24 anni: limite ordinario di 2.840,51 euro.

Ai fini della verifica del limite di reddito, l’età del fglio si considera con riferimento all’anno solare, e non alla data esatta del compleanno. Pertanto, ad esempio, se un figlio compie 25 anni il 30.11.2024, per l’intero anno 2024 si applicherà il limite di reddito pari a 2.840,51 euro, anche se ha trascorso la maggior parte dell’anno con un’età inferiore ai 25 anni.

Perché pensiamo che la globalizzazione sia contro di noi

Dagli albori della civiltà, l’uso di dazi e barriere è stata la norma, costituendo eccezioni le realtà come Atene o Roma, dove invece si applicava una certa libertà di mercato incoraggiando anche attività a capitale straniero: non per nulla, Roma e Atene divennero potenze globali assolute.

Il libero scambio e la liberalizzazione sono eventi relativamente recenti nella lunga evoluzione dei mercati, riconducibili alla fine della Seconda Guerra Mondiale, all’egemonia USA e alla ricerca di sbocchi per l’enorme surplus produttivo accumulato dalla macchina bellica americana.

Internet ha messo il turbo a queste tendenze, creando una rete planetaria che ha avvicinato realtà migliaia di chilometri, spalancando enormi opportunità.

Indubbiamente la globalizzazione ha migliorato la vita di centinaia di milioni di persone in Paesi emergenti come Cina, India e Brasile, favorendo la nascita di una nuova classe media e contribuendo a ridurre l’estrema povertà a livello mondiale. Tuttavia, questo processo non ha distribuito i benefici in modo uniforme, ma ha accentuato le disuguaglianze.

Coltivaitalia: un miliardo per rafforzare l’agricoltura italiana

Guardare avanti e seminare ora per raccogliere nel futuro, per garantire alle future generazioni scelta, cibo di qualità e benessere: è con questo slogan che si può riassumere il disegno di legge “Coltivaitalia”, presentato nei giorni scorsi dal Ministero dell’Agricoltura e collegato alla prossima legge di Bilancio che inizierà a essere discussa in Parlamento nelle prossime settimane.

Il provvedimento ha l’obiettivo di rafforzare l’autonomia produttiva dell’agricoltura italiana, sostenendo in modo strutturale i settori chiave e valorizzando le filiere agroalimentari del Paese, ma è anche una risposta, nemmeno troppo indiretta, ai tagli alla PAC annunciati dalla Commissione Europea in vista del bilancio 2028-2034.

Il piano prevede uno stanziamento complessivo di un miliardo di euro, distribuito nel periodo 2026-2028, che va ad aggiungersi agli oltre 11 miliardi di euro investiti nel settore agricolo negli ultimi anni.

La parte del leone spetta alla Strategia per la Sovranità alimentare, a cui saranno destinati 900 milioni di euro, così ripartiti:

– Fondo Sovranità alimentare: 300 milioni di euro per rafforzare la coltivazione di frumento, soia e altri settori strategici, ma deficitari;

– Allevamento Italia: 300 milioni di euro per l’allevamento italiano, con l’obiettivo di ridurre la dipendenza dalle importazioni e rafforzare la produzione di carne bovina nazionale e la linea vacca-vitello;

– Piano Olivicolo Nazionale: 300 milioni di euro per il reimpianto di oliveti con varietà resistenti e al ripristino della capacità produttiva delle aziende.

Spese sanitarie: utilizzo dei dati precompilati del modello Redditi PF

È possibile attestare il sostenimento delle spese sanitarie utilizzando il prospetto di dettaglio delle spese scaricato dal Sistema Tessera Sanitaria, anziché conservare i singoli documenti di spesa sia per il 730 precompilato che per il Modello Reddito precompilato che non.

Questo quanto chiarito da ultimo da un’apposita Faq dell’Agenzia delle Entrate del 17.07.2025, ma prima anticipato dall’Interrogazione parlamentare 9.07.2025, n. 5-04219 e prima ancora dalla circolare 19.06.2023, n. 14/E, pag.15, seppur rubricato nel paragrafo “Acquisizione e conservazione del modello 730 e relativi documenti”.

L’art. 5, c. 3 D.Lgs. 175/2014 dispone che, in riferimento alle dichiarazioni precompilate, nel caso di presentazione, con modifiche, mediante CAF o professionista, il controllo formale non è effettuato sui dati delle spese sanitarie che non risultano modificati rispetto alla dichiarazione precompilata e non è richiesta la conservazione della documentazione.

VPN: adelante ma con juicio

“Adelante ma con juicio”, espressione resa famosa da Alessandro Manzoni ne “I Promessi Sposi”, significa procedere con cautela, valutando attentamente le conseguenze prima di agire: è un invito a non agire impulsivamente, ma con attenzione e discernimento, specialmente in situazioni complesse o pericolose. L’uso senza consapevolezza di una VPN rientra in questo genere di situazioni.

VPN sta per Virtual Private Network, che in italiano si traduce come Rete Privata Virtuale, è una tecnologia che crea una connessione sicura e criptata tra i vostri dispositivi e un server remoto, proteggendo la vostra privacy online. È una tra le innumerevoli sigle che abbiamo dovuto apprendere nell’era dell’AI e così è uscita dall’ombra in cui era rimasta per anni. Prima, infatti, la VPN era uno strumento conosciuto quasi solo dagli addetti ai lavori, o utilizzato da chi aveva interesse a nascondere la propria attività online, spesso non per fini raccomandabili.

Per comprendere meglio come funziona, immaginate Internet come una grande autostrada: ogni volta che navigate, lasciate tracce del vostro passaggio. I vostri computer o cellulari comunicano con siti e app attraverso un indirizzo, come fosse una targa e chi vi fornisce Internet, o servizi sul web, può vedere dove state andando. Alcuni siti, poi, non vi fanno entrare se vedono che arrivate dall’Europa. Altri vi mostrano contenuti diversi rispetto ad altri Paesi.

Professionista sotto accusa. Quando la consulenza diventa reato

La sentenza della Cassazione penale 17.07.2025, n. 26262 porta alla ribalta una tematica alquanto critica, ma sempre attuale. Ci si chiede fino a che punto un professionista possa essere ritenuto penalmente responsabile per attività svolte nell’ambito della sua consulenza, nonostante questi agisca secondo le regole che connotano la propria professione. Secondo la Cassazione, tale rischio appare concreto. Ciò accade quando il contributo del professionista, rispetto alla realizzazione di un illecito di un proprio cliente si rivela non solo consapevole, ma funzionale e strutturale al raggiungimento degli scopi di quella che sia stata individuata come associazione. In detto contesto, il professionista non è più visto come semplice consulente tecnico, ma come parte integrante dell’ingranaggio criminoso, soprattutto se le sue attività si inseriscono in un disegno organizzato e reiterato.

Nella casistica in commento, alcuni commercialisti avevano predisposto un sistema collaudato, almeno in apparenza, al fine di favorire il rientro in Italia di fondi illecitamente detenuti all’estero. In pratica, venivano costituite società estere di comodo e simulate operazioni al fine di ripulire il rientro dei capitali. Si trattava in concreto di una strategia che, non solo integrava una serie di reati tributari, ma era prova della partecipazione a un’associazione criminale ben strutturata.

Certificazione del credito d’imposta ricerca e sviluppo

La certificazione del credito d’imposta per ricerca, sviluppo, innovazione e design è uno strumento strategico introdotto con l’art. 23 D.L. 73/2022 (“Decreto Semplificazioni”) per rafforzare la certezza del diritto a favore delle imprese beneficiarie. Consente di ottenere un’attestazione formale circa l’ammissibilità delle attività svolte e delle spese sostenute, garantendo maggiore tutela in fase di utilizzo del credito.

Il suo obiettivo è ridurre i rischi connessi alla fruizione del credito, specialmente dopo i numerosi rilievi sollevati dall’Agenzia delle Entrate e dalla Guardia di Finanza. In assenza di un sistema preventivo di verifica, molte imprese sono state esposte a sanzioni e recuperi anche anni dopo l’utilizzo dell’agevolazione.

La certificazione assume quindi il ruolo di presidio di tutela preventiva, opponibile all’Amministrazione Finanziaria. Evita possibili contestazioni e recuperi e tutela l’impresa da sanzioni e interessi. Favorisce inoltre una gestione più prudente delle agevolazioni e migliora la qualità della rendicontazione tecnica e amministrativa dei progetti.

È applicabile ai crediti maturati per attività di:

– ricerca fondamentale, industriale e sviluppo sperimentale;

– innovazione tecnologica;

– design e ideazione estetica;

– innovazione green e digitale (Transizione 4.0).

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