Plusvalenze 2026: la manovra impone valutazioni di opportunità

Il D.D.L. di Bilancio 2026 interviene in modo significativo sulla disciplina della tassazione delle plusvalenze, prevedendo la riscrittura integrale dell’art. 86, c. 4 del Tuir. La modifica in via di introduzione, applicabile alle plusvalenze realizzate a decorrere dal periodo d’imposta successivo a quello in corso al 31.12.2025, impone valutazioni di opportunità sulle strategie di dismissione dei cespiti.

Il regime previgente (tutt’ora in vigore) consente, per la generalità dei beni posseduti da almeno 3 anni, un’opzione di rateizzazione della plusvalenza in quote costanti per un massimo di 5 esercizi.

La nuova disciplina modifica radicalmente questo approccio: per le plusvalenze derivanti dalla cessione di beni strumentali e di immobilizzazioni finanziarie (diverse da quelle PEX), la facoltà di rateizzazione viene subordinata a un periodo minimo di possesso non inferiore a 5 anni. Superato tale requisito, la plusvalenza potrà essere ripartita in quote costanti nell’esercizio stesso e nei successivi, ma non oltre il secondo, riducendo quindi il periodo di rateizzo da 5 a 3 esercizi.

Per le immobilizzazioni finanziarie, la norma precisa che il possesso quinquennale è verificato se i titoli risultano iscritti come tali negli ultimi 5 bilanci.

Diversa, invece, è la disciplina prevista in caso di cessione di aziende o rami d’azienda: il periodo minimo di possesso viene fissato in 3 anni e la plusvalenza potrà essere rateizzata in 5 esercizi.

Una specifica disciplina è prevista per le società sportive professionistiche relativamente ai diritti all’utilizzo esclusivo della prestazione dell’atleta: a fronte di un possesso minimo di 2 anni, la rateizzazione è ammessa in 5 esercizi, ma limitatamente alla quota del corrispettivo conseguito in denaro.

In tutti i casi, la scelta per la rateizzazione, come in passato, dovrà obbligatoriamente risultare dalla dichiarazione dei redditi, pena l’imputazione dell’intera plusvalenza nell’esercizio di realizzo. Previsto inoltre un particolare calcolo degli acconti: per la determinazione dell’acconto 2026 (con metodo storico), si dovrà assumere quale imposta del 2025 quella che si sarebbe determinata applicando già le nuove e più restrittive regole di rateizzazione.

In questo quadro, i contribuenti hanno immediato interesse a verificare la composizione delle loro immobilizzazioni, valutando gli effetti di un’eventuale cessione a partire dal 2026. In particolare, per quanto riguarda i beni strumentali, si assiste a un vero e proprio “ribaltamento” dei requisiti (da 3 anni di possesso e rateazione in 5, contro 5 anni di possesso e rateazione in 3). Ciò significa che beni potenzialmente oggetto di cessione a breve, per i quali si immaginava di godere della rateizzazione secondo la norma attuale, potrebbero cambiare drasticamente trattamento: per esempio, un bene posseduto da 4 anni e ceduto nel 2026, vedrebbe la plusvalenza interamente tassata in tale esercizio, mentre se ceduto nel 2025 godrebbe ancora delle più favorevoli disposizioni attualmente in vigore.

La diversa modalità di rateazione, inoltre, impatta pesantemente sul carico fiscale: per esempio, per un bene posseduto da oltre 5 anni, una plusvalenza complessiva di 100.000 euro, se conseguita nel 2025, comporterebbe una quota imponibile annua di 20.000 euro per 5 anni; la stessa cessione, se conclusa nel 2026, comporterebbe una quota di 33.333 euro per 3 anni, con conseguente esborso anticipato di imposte e, per i soggetti Irpef, anche un potenziale maggior carico fiscale a causa della progressività.

Per quanto sopra, laddove si avesse in animo di cedere a breve termine un bene strumentale (con possesso superiore a 3 anni), il consiglio è di concludere la vendita entro il 31.12.2025, al fine di beneficiare del regime attualmente in vigore, sensibilmente più favorevole sia in termini di requisiti di accesso che di durata della dilazione.

Coordinamento normativo e tempi di attuazione del Testo unico Iva

Il Cndcec, attraverso la Commissione “Iva e altre imposte indirette”, interviene con un nuovo documento di analisi dedicato alla decorrenza e all’efficacia del Testo unico Iva, la cui approvazione definitiva è attesa dopo l’esame parlamentare dell’Atto di Governo n. 293.

Il testo, approvato dal Consiglio dei ministri il 17.07.2025, si affianca al decreto ETS (Atto n. 295), che introduce rilevanti modifiche al D.P.R. 26.10.1972, n. 633. La sovrapposizione dei 2 provvedimenti, evidenzia il Cndcec, richiede un attento coordinamento, poiché l’entrata in vigore del Testo unico, prevista al 1.01.2026, potrebbe interferire con le innovazioni apportate dal decreto ETS, destinate a confluire nel medesimo corpo normativo. Il Consiglio raccomanda, pertanto, di procedere alla pubblicazione del Testo unico solo dopo la definitiva approvazione del decreto ETS, in modo da garantire coerenza tra le disposizioni.

Il documento riconosce l’elevato valore sistematico dell’intervento di ricognizione operato dall’Agenzia delle Entrate, che ha consolidato oltre 3.000 norme stratificatesi in oltre 50 anni dall’introduzione dell’imposta sul valore aggiunto, ma ne sottolinea anche le criticità applicative. La completa rinumerazione degli articoli comporta, infatti, un inevitabile periodo di adattamento per gli operatori, abituati a riferimenti consolidati (come gli artt. 6, 7, 8 o 21 D.P.R. 633/1972). Per questo il Cndcec auspica un congruo lasso di tempo tra pubblicazione ed entrata in vigore, affinché professionisti e imprese possano metabolizzare i nuovi riferimenti.

Azioni proprie, spazio all’imponibile immaginario

Il D.D.L. di Bilancio 2026 (art. 32, c. 1, lett. a) propone, sebbene in via sperimentale e apparentemente solo per il 2026, un nuovo regime fiscale per le operazioni su azioni e quote proprie.

Come è noto i principi contabili (tanto internazionali, cfr. IAS 32 § 33, quanto nazionali, cfr. OIC 28) prevedono che la negoziazione di azioni proprie non interessi il conto economico ma sia trattata come restituzione ed incremento di mezzi propri, anche in relazione ad attività di trading. Per tale ragione, le azioni proprie non sono oggetto di valutazione. Le azioni proprie devono essere contabilizzate a riduzione del patrimonio netto e neutralizzate con un’apposita riserva negativa di pari importo. Civilisticamente esse non attribuiscono i normali diritti sociali quali dividendo e voto. Di conseguenza, le azioni proprie, se non sono annullate, in alcuni casi sono parcheggiate nel patrimonio netto a tempo indeterminato in altri casi sono attivamente usate per trading. Importante notare che, in entrambi i casi, la disciplina economico-contabile le considera come non esistenti.

A questo trattamento contabile consegue, in applicazione del normale regime di derivazione rafforzato, previsto dall’art. 83 del Tuir, la neutralità fiscale delle operazioni relative ad azioni proprie (cfr. anche art. 91 del Tuir per la neutralità delle differenze da annullamento). Rimane un po’ controversa la questione relativa alla natura fiscale delle riserve che vengono utilizzate.

Su questa situazione ormai consolidata si innesta la proposta di modifica.

La relazione chiarisce che le rappresentazioni contabili che accentuano gli aspetti valutativi e la ricostruzione sostanziale dei fatti aziendali, proprio perché sottoposti al vaglio della corretta applicazione dei principi contabili da parte dell’amministrazione, alimentano il contenzioso tributario, incidendo in modo negativo sull’attuazione delle norme finalizzate a incrementare effetti di compliance volti a migliorare il rapporto tra fisco e contribuenti. Da qui parrebbe nascere la volontà di rimodulare il principio di prevalenza della sostanza sulla forma in via sperimentale per valutarne il gettito.

La proposta, pertanto, deroga al regime di derivazione e impone la rilevazione tra i ricavi della differenza tra il corrispettivo derivante dalla cessione di proprie azioni o quote e il relativo costo di acquisto, a partire dal periodo d’imposta successivo al 31.12.2025; a tal fine si considerano cedute per prime le proprie azioni o quote acquisite in data meno recente (metodo LIFO).

Attribuendo comunque la natura di ricavi, la norma preclude l’applicazione della PEX anche ad azioni proprie detenute da decenni.

L’intervento, anche alla luce della lettura della relazione, colpisce sotto diversi punti di vista.

Di fatto, la derivazione rafforzata, conquistata con tante difficoltà, viene soppressa selettivamente per individuare un presupposto imponibile reddituale che per la disciplina economico-contabili semplicemente non esiste. Infatti, una società che vuole aumentare i mezzi propri avrà la scelta se rimettere in circolazione le azioni proprie eventualmente disponibili (tassandole) o emetterne di nuove.

La valutazione della proposta è quindi complessivamente negativa.

Scambio di partecipazioni, possibilità per le società di persone?

In ordine alla disciplina fiscale dei conferimenti di partecipazioni di controllo la triade dei soggetti coinvolti nell’operazione è: la società conferitaria che acquisisce o integra il controllo della società scambiata; la società scambiata o conferita della quale la conferitaria riassume la potestà decisoria ai sensi dell’art. 2359, c. 1, n. 1 c.c.; i soci conferenti, ovvero i soci della società scambiata/conferita che possono riassumere qualsiasi natura soggettiva e tributaria (persone fisiche imprenditori e non imprenditori, società di persone, società di capitali, enti equiparati ed enti non commerciali).

In merito alla natura dei soggetti, si deve sottolineare come l’art. 177, c. 2 del Tuir operi un rinvio generico a “società conferitaria” senza, quindi, procedere a contrassegnarla come società di capitali. Nonostante la mancanza di indicazioni legislative stringenti, l’Amministrazione Finanziaria ha ritenuto, con la risoluzione 4.04.2017, n. 43/E, che per “asseriti motivi di ordine logico sistematico” abbiano da valere i medesimi elementi di caratterizzazione soggettiva previsti nell’art. 177, c. 1, per le permute delle partecipazioni, per cui tanto la società conferitaria, quanto la società scambiata devono essere entrambe società di capitali residenti in Italia.

Crisi d’impresa: causa di disapplicazione disciplina società di comodo

Con l’ordinanza 24.10.2025, n. 28313 la Corte di Cassazione è tornata a pronunciarsi sulla disciplina delle società di comodo prevista dall’art. 30 L. 724/1994, affrontando il tema della disapplicazione della normativa in presenza di una situazione di crisi d’impresa.

Il caso riguardava una società che, a seguito di un avviso di accertamento relativo al periodo d’imposta 2012, era stata considerata non operativa per mancato superamento del test di operatività. La contribuente aveva tuttavia presentato istanza di interpello, in parte accolta, e già nel periodo in contestazione si trovava in una situazione di difficoltà economica, tanto da ricorrere a un piano di risanamento ex art. 67 R.D. 267/1942, poi sfociato nel 2016 in un concordato preventivo ai sensi degli artt. 160 e seguenti della medesima legge.

La norma di riferimento individua come “non operative” le società che non raggiungono determinati livelli di ricavi, rimanenze e proventi, fissando una presunzione legale di inattività e, di conseguenza, un reddito minimo imponibile ai fini delle imposte dirette e dell’Irap. Tuttavia, il c. 4-bis dello stesso articolo consente di chiedere la disapplicazione delle relative disposizioni quando esistano “situazioni oggettive” che abbiano reso impossibile il conseguimento dei ricavi minimi.

Sicurezza sul lavoro: il badge digitale rivoluziona i cantieri

La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale n. 254/2025 del nuovo decreto “Sicurezza sul Lavoro” (D.L. 159/2025) ha introdotto un pacchetto di misure urgenti per rafforzare la sicurezza nei luoghi di lavoro, con particolare attenzione al settore edile. Il provvedimento ha l’obiettivo di rafforzare i controlli sulle imprese in appalto e subappalto, contrastare il lavoro irregolare e implementare un sistema informatizzato per la gestione della forza lavoro.

Fra le principali novità introdotte dal decreto vi è l’introduzione dell’obbligo di adozione di badge digitale di cantiere per la rilevazione automatica delle presenze.

Più precisamente, l’art. 3, c. 2 stabilisce l’obbligo per le imprese operanti in appalto o subappalto nel settore edile di dotarsi di badge digitale di cantiere. La misura sarà estesa a tutti i cantieri, indipendentemente dalla natura pubblica o privata, e ad altri ambiti lavorativi con profili di rischio significativi. 

Diritti d’immagine e abuso del diritto

Non costituisce abuso del diritto la costituzione di una società, anche a ristretta base familiare e priva di significativa struttura organizzativa, finalizzata alla gestione e allo sfruttamento dei diritti d’immagine di un soggetto sportivo, quando l’operazione presenti valide ragioni economiche, non meramente elusive, e il risparmio d’imposta che ne deriva sia marginale. L’Amministrazione Finanziaria, in questi casi, non può riqualificare la fattispecie in termini di interposizione fittizia in assenza della prova dell’artificiosità dello schema e dell’ottenimento di un vantaggio fiscale indebito o sproporzionato. Lo ha chiarito la Corte di Cassazione con l’ordinanza 31.10.2025, n. 28779 (a cui si aggiungono le ordinanze “gemelle” nn. 28780, 28782 e 28784).

La pronuncia trae origine dal ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della C.T.R. della Toscana, favorevole al famoso ex calciatore Giorgio Chiellini. Quest’ultimo, nel 2008, aveva costituito con il fratello gemello la società Alfa Srl (partecipata al 95% dallo stesso e al 5% dal fratello) avente a oggetto la gestione e la promozione dell’immagine del giocatore, la stipula di contratti pubblicitari e l’organizzazione di iniziative sportive a essa collegate.

Superbonus su immobile donato

Il tema riguarda l’istanza di un contribuente che nell’anno 2012 ha ricevuto per donazione dalla madre un immobile ad uso abitativo, bene che era pervenuto alla donante per successione. Sull’immobile, nell’anno 2024, sono state sostenute spese per interventi rientranti nelle agevolazioni di cui all’art. 119 D.L. 34/2020 e viene specificato che non è stato mai adibito ad abitazione principale. Il quesito riguarda l’applicabilità dell’art. 67, c. 1, lett. b-bis) del Tuir (in caso di successiva rivendita del bene) che prevede una specifica ipotesi di plusvalenza in caso di cessione di immobili oggetto di interventi rientranti nel superbonus, qualora siano ceduti prima di 10 anni dalla conclusione dei lavori.

La fattispecie è stata introdotta dalla legge di Bilancio 2024 che prevede, tuttavia, 2 eccezioni. La prima riguarda il caso degli immobili ricevuti per successione e la seconda quelli che sono stati adibiti ad abitazione principale per la maggior parte del periodo di possesso.

Al di fuori di queste specifiche ipotesi, la plusvalenza è tassabile. Per la determinazione della plusvalenza, si fa riferimento all’art. 68 del Tuir, il quale prevede che la plusvalenza è determinata come differenza tra il corrispettivo percepito e il prezzo di acquisto o di costruzione, aumentato di ogni costo inerente al bene medesimo.

In USA la dichiarazione la fa l’intelligenza artificiale e in Italia?

Negli Stati Uniti sono già realtà piattaforme che utilizzano l’intelligenza artificiale per compilare in autonomia le dichiarazioni dei redditi. Startup come Filed propongono sistemi capaci di apprendere i flussi di lavoro degli studi fiscali e replicarli, automatizzando l’intero ciclo: dall’estrazione dei dati alla revisione. In caso di situazioni complesse, le anomalie vengono segnalate al professionista, mantenendo tracciabilità e auditabilità.

Anche colossi come Intuit, con TurboTax, sperimentano modelli “done-for-you” che analizzano i dati del contribuente, importano documenti e suggeriscono deduzioni in automatico. In parallelo, realtà come Wolters Kluwer sviluppano workflow fiscali digitali basati sull’AI, che integrano raccolta dati, preparazione e consegna delle dichiarazioni.

benefici sono evidenti: riduzione del lavoro manuale, maggiore velocità e minori errori. Per i contribuenti standard, l’AI può essere un supporto immediato, mentre per i professionisti significherebbe più tempo per la consulenza strategica. Le esperienze americane evidenziano però anche criticità. L’AI funziona bene in scenari semplici, ma fatica con deduzioni particolari o crediti complessi.

Sostegno a produzione e autoconsumo di energia rinnovabile nel Sud

Con il D.D. Ambiente 30.10.2025, n. 424, nell’ambito del Programma Nazionale Ricerca, Innovazione e Competitività (PNRIC) 2021-2027, è stato istituito il bando “Rinnovabili Imprese 2025” finalizzato al rafforzamento della competitività industriale e all’accelerazione del processo di decarbonizzazione, mediante il sostegno all’autoproduzione di energia da fonti rinnovabili, con priorità alla tecnologia fotovoltaica.

Ambito territoriale – Il bando è rivolto alle imprese aventi sede nelle Regioni Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia. Le stesse devono perseguire la riduzione dei costi energetici aziendali, favorendo l’indipendenza dalle fonti fossili e incentivando modelli produttivi improntati all’efficienza e alla sostenibilità ambientale.

Tipologia di agevolazioni e contributo – Le agevolazioni sono riconosciute a titolo di contributo in conto capitale, commisurato in percentuale alle spese ammissibili e variabile in funzione della dimensione aziendale e della tipologia di intervento, secondo le direttive impartite dal D.D. 424/2025:

– micro e piccole imprese, fino al 65% delle spese ammissibili;

– medie imprese, fino al 55%;

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