Diritto del lavoro e legislazione sociale
02 Ottobre 2025
La Cassazione ribadisce che gli accomodamenti ragionevoli per i lavoratori inidonei non possono compromettere l’utilità della prestazione. La compatibilità va valutata in concreto, bilanciando diritti ed esigenze organizzative.
Con l’ordinanza 11.09.2025, n. 24994 la Cassazione ha affrontato il tema degli accomodamenti ragionevoli in caso di sopravvenuta inidoneità alle mansioni, ai sensi dell’art. 3, c. 3-bis D.Lgs. 216/2003.
Una lavoratrice di un hotel, dichiarata non idonea a movimentare carichi e a restare in posizione eretta per periodi prolungati, non poteva più svolgere le sue mansioni originarie. Non disponendo di competenze per attività alternative compatibili e con le altre posizioni coerenti con la sua professionalità precluse dalla condizione fisica, era stata licenziata.
Tribunale e Corte d’appello avevano ritenuto legittimo il recesso, osservando che l’unica possibilità di ricollocazione riguardava mansioni estranee al percorso professionale della dipendente, mentre quelle congruenti con il suo profilo non erano più praticabili.
Tesi della lavoratrice e decisione della Corte – La dipendente, ricorrendo in Cassazione, ha sostenuto che i giudici di merito non avessero adeguatamente valutato la possibilità di rimodulare le mansioni, dato che nell’ambiente di lavoro “tutti facevano tutto”.
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