Amministrazione e bilancio
16 Maggio 2025
La divergenza tra criteri civilistici e fiscali sull'ammortamento genera differenze temporanee. Civilisticamente si segue l'utilità residua (art. 2426 c.c. e OIC 16); fiscalmente si applicano aliquote standard (art. 102 del Tuir e D.M. 31.12.1988).
La determinazione delle quote di ammortamento rappresenta una delle aree in cui si manifesta più chiaramente la divergenza tra la rappresentazione economico-patrimoniale civilistica e la disciplina fiscale di determinazione del reddito.
L’art. 2426, c. 1, n. 2) c.c. impone la necessità di ammortizzare le immobilizzazioni “in ogni esercizio in relazione con la loro residua possibilità di utilizzazione”. In parallelo, l’OIC 16 ribadisce che l’ammortamento deve essere commisurato alla reale modalità di utilizzo dell’immobilizzazione e alla progressiva perdita di utilità economica nel tempo.
La normativa fiscale, al contrario, tende a standardizzare i tempi di deduzione ai fini della determinazione del reddito imponibile. Infatti, secondo quanto previsto dall’art. 102 del Tuir, le quote di ammortamento delle immobilizzazioni materiali sono deducibili entro il limite massimo fissato dal D.M. 31.12.1988, che introduce aliquote convenzionali differenziate per settore e tipologia di bene.