ETS ed Enti non commerciali
09 Agosto 2025
Gli enti del Terzo settore possono svolgere attività diverse da quelle di interesse generale, purché siano secondarie e strumentali. La legge impone precisi limiti quantitativi e obblighi di segnalazione al RUNTS.
Il Codice del Terzo settore, pur essendo ormai entrato in vigore, non è ancora pienamente operativo sotto il profilo fiscale, in attesa del 1.01.2026, data che, dopo l’approvazione definitiva da parte della Commissione Europea sui regimi agevolati previsti in sostituzione di quelli preesistenti, rappresenterà il termine di decorrenza per le novità in materia di agevolazioni in tema di imposte dirette, indirette e Iva. In questo contesto, un ruolo centrale è rivestito dalla corretta definizione statutaria delle attività che l’ente intende svolgere, distinguendo con precisione la parte commerciale da quella non commerciale e calcolando la prevalenza.
Gli enti del Terzo settore (ETS), qualificati dallo scopo non lucrativo e dall’esercizio in via unica o prevalente delle attività di interesse generale previste dall’art. 5 D.Lgs. 117/2017, possono esercitare anche attività diverse, normalmente commerciali per definizione, così come definite dall’art. 6 D.Lgs. 117/2017. Ciò a condizione che lo statuto lo consenta e che tali attività siano secondarie e strumentali rispetto a quelle principali. Questa previsione, anch’essa disciplinata direttamente dall’art. 6 del Codice, impone che nello statuto siano indicate in modo puntuale le attività diverse che l’ente intende svolgere, evitando formulazioni generiche o elenchi eccessivamente ampi che rendano indefinito l’oggetto sociale, come precisato anche dal Ministero del Lavoro con la nota 12.04.2019, n. 3650. Tali attività devono essere svolte secondo criteri e limiti particolari, stabiliti dal D.M. 15.05.2021, n. 107. Il decreto individua 2 parametri alternativi per definire la “secondarietà”, su libera scelta dell’ente, che ne dà atto nella relazione di missione. Il primo parametro misura i ricavi derivanti dalla vendita di beni o servizi, che non devono superare il 30% delle entrate complessive dell’ente. In alternativa, tali ricavi non devono eccedere il 66% dei costi complessivi dell’ente, includendo nel novero anche i costi figurativi come il valore delle ore di volontariato e le erogazioni gratuite di beni o servizi.
Il mancato rispetto di tali limiti comporta obblighi stringenti: l’ente deve segnalare la situazione al Registro Unico Nazionale del Terzo Settore (RUNTS) entro 30 giorni dall’approvazione del bilancio e rientrare nei parametri entro l’esercizio successivo. L’inosservanza di tali adempimenti può portare in ultima istanza anche alla cancellazione dal RUNTS, con conseguente obbligo di devoluzione del patrimonio incrementale maturato durante il periodo di iscrizione.
Sotto il profilo fiscale, la distinzione tra ETS commerciali e non commerciali è determinante. Un ente può perdere la qualifica di non commerciale se i proventi delle attività di interesse generale svolte a pagamento eccedono i costi effettivi o se la somma di tali proventi e di quelli derivanti da attività diverse supera le entrate non commerciali complessive. Sotto questo profilo è importante ricordare che la nozione di “costo effettivo” include anche i costi indiretti, ampliando così la base di calcolo rispetto alla precedente definizione contenuta nel Tuir ante riforma.
Il legislatore ha previsto un “periodo di salvaguardia” introdotto dal D.L. 73/2022: nei 2 esercizi successivi al termine fissato dall’art. 104, c. 2 del Codice (cioè il 1.01.2026), il mutamento di qualifica da ente non commerciale a commerciale (o viceversa) produce effetti fiscali solo dall’anno successivo al cambiamento.
La gestione delle attività diverse richiede una pianificazione attenta, una rigorosa tenuta contabile e un costante monitoraggio dei limiti fissati dalla legge, per evitare rischi di perdita dei benefici fiscali e dell’iscrizione al Registro, con evidenti oneri a carico di amministratori, organi di controllo e di revisione e professionisti incaricati della consulenza. Il primo, essenziale, monitoraggio, dovrà opportunamente anticipare l’entrata in vigore della disciplina fiscale, in modo da porre l’ente nella condizione di effettuare scelte tempestive e consapevoli.