Estero

09 Aprile 2025

Aumenti dei dazi al 20% per importazioni USA dei prodotti UE

Dal 9.04.2025 dazi aggiuntivi del 20% sui prodotti di origine UE per le importazioni negli USA

Come noto, il presidente americano Donald Trump ha mantenuto fede alle promesse elettorali: aumento generalizzato dei dazi per le merci importate dai Paesi terzi. Sul sito della white house vengono riportate diverse motivazioni che giustificano tali politiche restrittive, tra cui segnaliamo le seguenti:

– il presidente si rifiuta di permettere che gli Stati Uniti vengano sfruttati e ritiene che i dazi siano necessari per garantire un commercio equo, proteggere i lavoratori americani e ridurre il deficit commerciale;

– è il primo presidente nella storia moderna a difendere gli americani chiedendo agli altri Paesi “trattateci come noi trattiamo voi”;

– occorre affrontare l’emergenza nazionale rappresentata dall’ampio e persistente deficit commerciale, causato dall’assenza di reciprocità nelle nostre relazioni commerciali e da altre politiche dannose, come la manipolazione valutaria e le esorbitanti imposte sul valore aggiunto (Iva) perpetrate da altri Paesi.

Tra le tante dichiarazioni, un bel mix tra propaganda e palesi inesattezze, concentriamoci in primis sull’aspetto Iva: l’imposta sul valore aggiunto applicata in UE non rappresenta un costo per le imprese ed impatta in egual misura sulle importazioni tanto quanto sulle operazioni interne. Per intenderci, se un’impresa italiana importa beni dagli USA per un valore di 10.000 euro, pagherà i dazi stabiliti dall’UE (in base alla voce tariffaria del prodotto) e verserà l’Iva in Dogana (ad es. al 22%). Allo stesso modo, se l’operazione di compravendita si fosse svolta tra soggetti italiani, l’imposta si sarebbe applicata nella stessa misura: in altri termini, il sistema dell’Iva non penalizza in alcun modo i fornitori USA a favore dei fornitori UE/IT. Inoltre, negli USA esiste una sales tax, diversa da Stato a Stato, che viene applicata sul consumo, come percentuale del prezzo di vendita e pagata dal consumatore finale, con criteri di applicazione simili a quelli dell’Iva.

Venendo ai dazi, l’Amministrazione americana ha scelto di applicarli nella misura seguente: una tariffa minima del 10% erga omnes, in vigore dal 5.04.2025 ed una tariffa “reciproca” più elevata nei confronti dei Paesi con cui gli Stati Uniti hanno maggior deficit commerciale, in vigore dal 9.04.2025 (salvo alcune deroghe, previste dall’Executive Order 2.04.2025 n. 14257). Così, ad esempio, per le importazioni USA da Paesi UE il dazio aggiuntivo sarà del 20%, dall’India del 26%, dalla Svizzera il 31%, dal Vietnam il 46%, e così via.

Pertanto, un cliente USA che importa dei beni dall’Italia (o altro Stato UE) dovrà pagare dazi pari al 20%; allo stesso modo, un’impresa USA che ha dislocato la produzione in Vietnam (si pensi, ai grandi marchi dell’abbigliamento), pagherà dazi aggiuntivi del 46% per importare merce da rivendere in patria.

Le tariffe reciproche calcolate dall’amministrazione Trump, equivalgono al tasso tariffario (Fair and Reciprocal Tariff Plan – FRTP) necessario per bilanciare i deficit commerciali bilaterali tra gli Stati Uniti e gli altri partner commerciali. Questo calcolo presuppone che i deficit commerciali persistenti siano dovuti a una combinazione di fattori tariffari e non tariffari che impediscono al commercio di bilanciarsi. Secondo tali calcoli, ad esempio, il 39% misura il disavanzo commerciale degli scambi tra Stati Uniti e Europa e non i dazi medi applicati dall’UE ai prodotti made in USA.

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