Amministrazione e bilancio
13 Novembre 2025
Dal 2026 si propone l’abbandono della derivazione rafforzata sulle operazioni relative ad azioni proprie. Di conseguenza operazioni intrinsecamente neutrali, perché relative al patrimonio, diventeranno tassate.
Il D.D.L. di Bilancio 2026 (art. 32, c. 1, lett. a) propone, sebbene in via sperimentale e apparentemente solo per il 2026, un nuovo regime fiscale per le operazioni su azioni e quote proprie.
Come è noto i principi contabili (tanto internazionali, cfr. IAS 32 § 33, quanto nazionali, cfr. OIC 28) prevedono che la negoziazione di azioni proprie non interessi il conto economico ma sia trattata come restituzione ed incremento di mezzi propri, anche in relazione ad attività di trading. Per tale ragione, le azioni proprie non sono oggetto di valutazione. Le azioni proprie devono essere contabilizzate a riduzione del patrimonio netto e neutralizzate con un’apposita riserva negativa di pari importo. Civilisticamente esse non attribuiscono i normali diritti sociali quali dividendo e voto. Di conseguenza, le azioni proprie, se non sono annullate, in alcuni casi sono parcheggiate nel patrimonio netto a tempo indeterminato in altri casi sono attivamente usate per trading. Importante notare che, in entrambi i casi, la disciplina economico-contabile le considera come non esistenti.
A questo trattamento contabile consegue, in applicazione del normale regime di derivazione rafforzato, previsto dall’art. 83 del Tuir, la neutralità fiscale delle operazioni relative ad azioni proprie (cfr. anche art. 91 del Tuir per la neutralità delle differenze da annullamento). Rimane un po’ controversa la questione relativa alla natura fiscale delle riserve che vengono utilizzate.
Su questa situazione ormai consolidata si innesta la proposta di modifica.
La relazione chiarisce che le rappresentazioni contabili che accentuano gli aspetti valutativi e la ricostruzione sostanziale dei fatti aziendali, proprio perché sottoposti al vaglio della corretta applicazione dei principi contabili da parte dell’amministrazione, alimentano il contenzioso tributario, incidendo in modo negativo sull’attuazione delle norme finalizzate a incrementare effetti di compliance volti a migliorare il rapporto tra fisco e contribuenti. Da qui parrebbe nascere la volontà di rimodulare il principio di prevalenza della sostanza sulla forma in via sperimentale per valutarne il gettito.
La proposta, pertanto, deroga al regime di derivazione e impone la rilevazione tra i ricavi della differenza tra il corrispettivo derivante dalla cessione di proprie azioni o quote e il relativo costo di acquisto, a partire dal periodo d’imposta successivo al 31.12.2025; a tal fine si considerano cedute per prime le proprie azioni o quote acquisite in data meno recente (metodo LIFO).
Attribuendo comunque la natura di ricavi, la norma preclude l’applicazione della PEX anche ad azioni proprie detenute da decenni.
L’intervento, anche alla luce della lettura della relazione, colpisce sotto diversi punti di vista.
Di fatto, la derivazione rafforzata, conquistata con tante difficoltà, viene soppressa selettivamente per individuare un presupposto imponibile reddituale che per la disciplina economico-contabili semplicemente non esiste. Infatti, una società che vuole aumentare i mezzi propri avrà la scelta se rimettere in circolazione le azioni proprie eventualmente disponibili (tassandole) o emetterne di nuove.
La valutazione della proposta è quindi complessivamente negativa.
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