Amministrazione e bilancio

30 Settembre 2025

Carried interest e lock-up: esigenza di vicolo effettivo e collettivo

L’Agenzia precisa che il lock-up deve essere effettivo e collettivo. Clausole che consentono uscite anticipate individuali violano l’art. 60 D.L. 50/2017, con rischio di riqualificazione in redditi da lavoro.

La qualificazione come reddito di capitale delle somme percepite a titolo di carried interest presuppone il rispetto delle condizioni poste dall’art. 60 del D.L. 50/2017, che disciplina il trattamento fiscale delle remunerazioni collegate al rendimento di strumenti finanziari, quote o azioni riservate a dipendenti e amministratori.

La norma stabilisce che tali proventi non costituiscono redditi di lavoro dipendente quando la partecipazione è effettivamente esposta al rischio d’impresa e il diritto alla maggiorazione del rendimento (il c.d. “extra-carry”) è subordinato sia al superamento di un rendimento minimo (hurdle rate), sia al rispetto di un periodo minimo di detenzione (almeno 5 anni o, se anteriore, fino all’uscita di tutti gli altri investitori). A queste condizioni si aggiunge la necessità che le quote rappresentino almeno l’1% dell’investimento complessivo e che la remunerazione sia postergata rispetto a quella degli altri soci, così da garantire un’effettiva natura incentivante e non retributiva. La mancanza di uno di tali requisiti determina la riqualificazione delle somme percepite come redditi di lavoro dipendente o assimilati, con conseguente applicazione della tassazione ordinaria progressiva.

Nel caso di specie, il contribuente (manager e detentore di quote di categoria speciale) chiedeva di confermare che i proventi derivanti dal riscatto delle quote fossero qualificabili come redditi di capitale, rappresentando che la struttura delle quote rispettava formalmente le condizioni normative (ovvero: subordinazione dell’extra-rendimento al superamento di un rendimento minimo prefissato e vincolo di permanenza di almeno 5 anni).

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