Accertamento, riscossione e contenzioso
28 Aprile 2025
Per la Cassazione (ord. n. 6436/2025) in tema di contenzioso tributario, l'intimazione di pagamento ex art. 50 D.P.R. 602/1973, è atto autonomamente impugnabile sicché la sua impugnazione non è meramente facoltativa, ma necessaria, pena la cristallizzazione dell'obbligazione.
Un contribuente impugnava un atto di pignoramento lamentando la sua nullità stante l’omessa o irregolare notifica delle cartelle ed eccependo la prescrizione dei crediti alla data della notifica dell’atto di pignoramento.
In sede d’appello la Commissione tributaria regionale dichiarava che la prescrizione maturata prima della notifica delle cartelle avrebbe dovuto farsi valere impugnando dette ultime; la prescrizione maturata successivamente, così come la prescrizione in assenza di notifica della cartella, avrebbe dovuto farsi valere impugnando l’intimazione di pagamento.
Giunto il giudizio davanti alla Corte di Cassazione quest’ultima affermava che, in tema di contenzioso tributario, qualsiasi eccezione relativa a un atto impositivo divenuto definitivo, come quella di prescrizione del credito fiscale maturato precedentemente alla notifica di tale atto, è preclusa, secondo il fermo principio della non impugnabilità, se non per vizi propri, di un atto successivo ad altro divenuto definitivo perché rimasto incontestato (tra le più recenti Cass. 5.08.2024, n. 22108 che, a propria volta richiama numerosa giurisprudenza di legittimità conforme).
Secondo la Cassazione andava data continuità alla giurisprudenza secondo la quale il meccanismo di cui all’art. 19, c. 3, ultimo periodo, D.Lgs. 546/1992 (a mente del quale la mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo), comporta che, se l’intimazione di pagamento – nel senso sopra precisato – non viene impugnata (facendo valere la sua sola nullità per mancata notifica degli atti presupposti o anche l’illegittimità della pretesa per vicende ad essa attinenti, come la prescrizione della stessa), il relativo credito si consolida e non possono essere fatte valere vicende estintive anteriori alla sua notifica (Cass., n. 22108/2024 cit., Cass. 22.04.2024, n. 10736).
Andava, viceversa, disatteso, il diverso ed isolato orientamento (fatto proprio, tra le più recenti, da Cass. 17.06.2024, n. 16743) che, facendo leva sul solo riferimento letterale, ritiene che l’avviso di intimazione, sebbene contenente l’esplicitazione di una ben definita pretesa tributaria, non sia un atto previsto tra quelli di cui all’art. 19 D.Lgs. 546/1992, con conseguente facoltà e non obbligo di impugnazione.
Il contribuente, pertanto, ha l’onere d’impugnare l’avviso di intimazione per fare valere l’eventuale prescrizione dei crediti tributari maturati tra la data di notificazione delle cartelle di pagamento e quella di notificazione dell’avviso stesso; ugualmente deve ritenersi con riferimento alla cartella che si assume che nemmeno sia stata notificata. In altri termini l’eccezione di prescrizione, che si afferma maturata prima dell’intimazione di pagamento va fatta valere impugnando quest’ultima, restando preclusa, invece, in sede di impugnazione del successivo atto di pignoramento.
Conseguentemente la Corte di Cassazione ha formulato il principio di diritto secondo cui in tema di contenzioso tributario, l’intimazione di pagamento di cui all’art. 50 D.P.R. 602/1973, in quanto equiparabile all’avviso di mora di cui al precedente art. 46 D.P.R. cit., è impugnabile autonomamente ai sensi dell’art. 19, c. 1, lett. e) D.Lgs. 546/1992, sicché la sua impugnazione non è meramente facoltativa, ma necessaria, pena la cristallizzazione dell’obbligazione.