Amministrazione e bilancio
03 Maggio 2025
L’omessa indicazione del credito d’imposta estero in dichiarazione non comporta decadenza. Il credito può essere fatto valere entro 10 anni ex art. 2946 c.c. Lo ha precisato la Corte di Cassazione con l’ordinanza 23.03.2025, n. 10642.
L’omessa indicazione nella dichiarazione dei redditi del credito d’imposta per imposte estere non determina la decadenza dal diritto alla detrazione, ma è possibile far valere il credito entro l’ordinario termine di prescrizione decennale previsto dall’art. 2946 c.c.
Nel caso esaminato un contribuente (persona fisica) aveva prodotto redditi in uno Stato estero (non indicato nel provvedimento) negli anni 2009, 2010, 2011 e 2013, senza dichiararli tempestivamente nelle rispettive annualità. Solo successivamente (ovvero nella dichiarazione dei redditi per il 2014) il credito d’imposta maturato nei periodi pregressi veniva scomputato.
Ritenendo irregolare questo comportamento, l’Agenzia delle Entrate procedeva a rettificare la dichiarazione (ex art. 36-bis D.P.R. 600/1973) con conseguente emissione della relativa cartella di pagamento. Il giudizio di primo grado si concludeva con esito favorevole per l’Amministrazione Finanziaria, mentre in appello il contribuente otteneva il riconoscimento delle proprie ragioni. La questione approdava, infine, in sede di legittimità. La problematica giuridica affrontata riguarda l’interpretazione dell’art. 165, c. 4 del Tuir, secondo cui la detrazione delle imposte estere deve essere effettuata nella dichiarazione relativa al periodo d’imposta in cui il reddito estero è stato prodotto.
Coerentemente con questa previsione, nel caso specifico era necessario chiarire se la mancata indicazione del credito d’imposta nella dichiarazione “di competenza” potesse determinare la perdita del diritto alla detrazione. Sulla questione, la Suprema Corte ha risposto negativamente, motivando la propria decisione su 3 principali direttrici, ovvero:
1) l’interpretazione sistematica dell’art. 165 del Tuir (l’obbligo di imputare la detrazione alle imposte dovute per l’anno di produzione del reddito estero riguarda esclusivamente il calcolo del credito, senza che da esso derivi, in caso di omissione, una sanzione di decadenza automatica. L’ordinanza richiama l’ordinario termine di prescrizione decennale previsto dall’art. 2946 c.c. per i diritti di credito);
2) l’assenza di una clausola esplicita di decadenza (la Cassazione sottolinea che l’attuale art. 165 del Tuir non contempla un’ipotesi di decadenza. A conferma vengono ricordate le sentenze nn. 28801/2024 e 24205/2024, nelle quali è stato affermato che né l’omessa dichiarazione né l’omessa indicazione specifica del reddito estero possono comportare la perdita del beneficio fiscale);
3) principi internazionali e convenzionali (viene incidentalmente richiamato il principio di eliminazione della doppia imposizione, cui l’Italia è vincolata tramite le Convenzioni internazionali contro le doppie imposizioni. L’ordinanza richiama, seppur brevemente, il concetto di “obbligo internazionale incondizionato” volto a garantire il corretto scomputo delle imposte estere, indipendentemente dalle formalità dichiarative interne).
L’ordinanza in commento si inserisce in un filone interpretativo volto a privilegiare una lettura sostanzialistica dei diritti dei contribuenti avendo riconosciuto che, in assenza di una previsione normativa specifica di decadenza, il diritto alla detrazione delle imposte pagate all’estero conserva validità per l’intero periodo di prescrizione decennale. Pertanto, la detrazione può essere richiesta anche tardivamente, purché il contribuente sia in grado di dimostrare il pagamento delle imposte estere e il collegamento con il reddito prodotto. Questa interpretazione è perfettamente coerente con i principi generali di diritto tributario (primato della sostanza sulla forma), e potrà essere fatta valere in tutte le situazioni in cui (come purtroppo ancora oggi accade) l’Amministrazione Finanziaria si dimostri restia a riconoscere la spettanza del credito d’imposta estero a fronte di irregolarità meramente formali pur in contesti in cui non è dubbia l’esistenza dei fatti generatori del credito stesso.