Procedure concorsuali
01 Agosto 2025
La Corte d’Appello di Milano, con sent. n. 2988/2024, ha respinto l’omologazione del concordato, nonostante l’approvazione di 8 classi su 9, in quanto alla classe chirografaria dissenziente era stata offerta una percentuale inferiore rispetto alle altre classi chirografarie.
Il Codice della Crisi prevede l’irragionevole disposizione secondo cui il concordato in continuità debba essere approvato all’unanimità delle classi. Tuttavia, l’art. 112, c. 2 consente di omologare anche con la sola maggioranza, a condizione che siano rispettati specifici requisiti, tra cui quello previsto alla lettera b), che impone di destinare il valore generato dalla continuità in modo da garantire alle classi dissenzienti un trattamento pari a quello riservato alle classi di pari grado e più favorevole rispetto a quello attribuito alle classi di grado inferiore.
Il Tribunale di Busto Arsizio nel 2024, respingeva la domanda di omologa di un concordato per non aver rispettato tale condizione nonostante la proposta avesse avuto il parere favorevole delle 4 classi di creditori privilegiati, pagati al 100%, e delle 3 classi di creditori chirografari pagati con percentuali tra il 9% e il 10%.
A riguardo rilevava come l’unica classe che non lo aveva approvato, costituita dalle banche chirografarie, avrebbe ricevuto una percentuale dell’8%, inferiore a quanto assicurato alle altre classi chirografarie. Concludeva che la classe dissenziente veniva trattata in modo peggiore rispetto alle altre classi dello stesso “rango” chirografario, per cui non era stata rispettata la condizione di trattamento paritario.
La società ricorreva in Corte di Appello evidenziando come l’art. 112, c. 2, lett. b) facesse in realtà testuale riferimento al termine “classi dello stesso grado”. Espressione riferibile unicamente ai creditori privilegiati, per determinarne l’ordine di soddisfazione ai sensi dell’art. 2778 c.c.
Il Tribunale aveva quindi errato andando ad assimilare il concetto di grado a quello di rango/livello. Di conseguenza, l’applicazione dell’art. 112 non richiedeva un trattamento uniforme tra le classi chirografarie, le quali, in assenza di un grado (inteso come privilegio), non rientravano nell’ambito di applicazione della norma, da riferirsi esclusivamente alle classi privilegiate.
La ricorrente, inoltre, sollevava una questione di coerenza sistemica, con l’art. 86, c. 6, che impone solo di distribuire il surplus della continuità in modo da garantire alle classi dei privilegiati di pari grado un trattamento uniforme e più favorevole rispetto a quelle di grado inferiore. Veniva altresì puntualizzato come l’art. 85 consentisse trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.
La Corte d’Appello ha a sua volta rigettato il reclamo, ritenendo che l’art. 112 debba essere interpretato alla luce della Direttiva UE sull’insolvenza, la quale prevede che l’omologazione forzosa sia subordinata all’assenza di discriminazioni tra classi appartenenti allo stesso “rank”. In tale prospettiva, doveva assumere una valenza atecnica il termine “grado” utilizzato dalla norma interna, da intendersi come sinonimo di “rango”. Un’interpretazione difforme avrebbe infatti determinato un contrasto tra la normativa interna e quella europea, imponendo la disapplicazione della prima o la rimessione della questione alla Corte Costituzionale.
Per quanto attiene invece alla possibilità di prevedere trattamenti diversi tra le classi ai sensi dell’art. 85 rilevava come ciò non costituisca un limite all’apertura della procedura.
La verifica della parità di trattamento è infatti riservata alle sole classi dissenzienti, per cui è omologabile un concordato in cui vi siano classi di creditori non dissenzienti che ricevano meno di quanto distribuito a classi di pari rango. Il trattamento differenziato rimaneva dunque una opzione del debitore, che accettava il rischio di subordinare l’omologa al voto dei creditori penalizzati.
La Corte ha infine ritenuto legittima anche l’interpretazione dell’art. 86, c. 6 secondo cui la distribuzione del surplus ai creditori prelatizi con priorità relativa, trattandosi di norma interna priva di rilievo unionale riferita alla sola fase di apertura e non alla fase di omologa da inquadrarsi invece nella Direttiva UE.