Società e contratti
15 Luglio 2025
Nell’ambito delle clausole volte a mantenere e rafforzare la stabilità della composizione sociale, assume primario rilievo la cd. clausola di gradimento.
L’art. 2355-bis, c. 2, c.c. in tema di S.p.A., sancisce che le clausole di mero gradimento volte a regolamentare la circolazione delle azioni sono efficaci soltanto se prevedono, a carico della società o degli altri soci, un obbligo di acquisto oppure il diritto di recesso dell’alienante. Il mero gradimento è quindi consentito purché sia in ogni caso garantito il diritto al disinvestimento del socio alienante (o mediante acquisto dalla società stessa nei limiti di quanto stabilito dall’art. 2357 c.c. o dagli altri soci, oppure, dal recesso del socio alienante che potrà così realizzare la liquidazione della partecipazione).
La ratio della disposizione (art. 2355-bis c.c.) è da rinvenirsi nell’esigenza di garantire il diritto del socio alla realizzazione di quegli interessi che lo avevano spinto a prendere parte alla società per azioni. Più nel dettaglio, secondo la Relazione al D.Lgs. 6/2003, il socio non può rimanere “prigioniero del suo titolo” e deve essere posto nelle condizioni di realizzare “quell’interesse all’agevole investimento, che costituisce uno dei motivi essenziali della scelta della società per azioni e della sua diffusione”.
Con specifico riferimento alle S.r.l., invece, l’art. 2469, c. 2 c.c. sancisce che “Qualora l’atto costitutivo preveda l’intrasferibilità delle partecipazioni o ne subordini il trasferimento al gradimento di organi sociali, di soci o di terzi senza prevederne condizioni e limiti, o ponga condizioni o limiti che nel caso concreto impediscono il trasferimento a causa di morte, il socio o i suoi eredi possono esercitare il diritto di recesso ai sensi dell’articolo 2473”.