Società e contratti
14 Luglio 2025
La disciplina dell'impresa familiare e le conseguenze patrimoniali nel caso di conferimento.
L’impresa familiare è disciplinata dall’art. 230-bis c.c. che la configura come un’impresa individuale, la quale si avvale della collaborazione dei familiari, ossia del coniuge e dei parenti entro il 3° grado (genitori, nonni, bisnonni, figli, nipoti, bisnipoti, fratelli e loro figli), nonché degli affini entro il 2° grado (suoceri e cognati).
In ordine alla particolare struttura civilistica dell’impresa familiare, la Corte di Cassazione a Sezioni Unite, con la sentenza 16.09.2014, n. 23676, ha chiarito che ciò che impedisce di configurare l’istituto dell’impresa familiare alla stregua di una qualsiasi tipologia societaria è la peculiarità della disciplina patrimoniale relativa agli utili e ai beni acquistati con essi, nonché agli incrementi dell’azienda, anche in ordine all’avviamento, che spettano ai familiari non sulla base di una percentuale predefinita di utili, ma in esclusivo raccordo proporzionale con la qualità e la quantità del lavoro prestato anche al di fuori dell’impresa da ciascun familiare. In ordine al lavoro domestico la Corte di Cassazione, Sezione lavoro, nella sentenza 4.09.2000, n. 11608, ha sancito che esso non è di per sé sufficiente a integrare il requisito della partecipazione all’impresa familiare, ove l’attività coincida con quella oggetto degli obblighi o doveri di cui agli artt. 143 e 147 c.c. Se però tale attività eccede i doveri coniugali, la prestazione continuativa del lavoro domestico può causalmente assurgere a fondamento del diritto del familiare ad assumere la qualità di partecipe dell’impresa familiare.