Diritto privato, commerciale e amministrativo
20 Settembre 2025
In caso di confisca di prevenzione su beni ritenuti fittiziamente intestati a un terzo, quest’ultimo può rivendicare l’effettiva titolarità dei beni confiscati, ma non potrà contestare la sussistenza dei presupposti applicativi della misura (Cass. Pen., S.U., 5.09.2025, n. 30355).
Il codice antimafia (D.Lgs. 159/2011) prevede la possibilità di disporre misure di prevenzione patrimoniali a carico di soggetti indiziati di determinati delitti individuati dall’art. 4, quando si abbia motivo di ritenere che i beni intestati siano frutti della loro attività illecita, disponendo altresì l’applicabilità di dette misure (art. 19, c. 3) anche nei confronti di coniuge, figli e coloro che nell’ultimo quinquennio abbiano convissuto con i soggetti indicati, del cui patrimonio i soggetti medesimi risultino poter disporre in tutto o in parte direttamente o indirettamente.
A norma dell’art. 26, laddove venga accertato che tutti i beni sono stati fittiziamente intestati o trasferiti a terzi, il giudice, con il provvedimento che dispone la confisca, dichiara la nullità dei relativi atti di disposizione. Il secondo comma prevede inoltre una serie di ipotesi in cui i trasferimenti si presumono, fino a prova contraria, fittizi.
Nel momento in cui un soggetto, non indagato e non indiziato per i reati previsti, si veda confiscati i propri beni, considerati a lui fittiziamente intestati dal soggetto dedito ai reati, ha la possibilità di partecipare al processo di prevenzione per far valere i propri diritti sui beni. La giurisprudenza è unanime nel ritenere che nel procedimento di prevenzione l’omessa citazione del terzo, ancorché intestatario dei beni confiscandi, non determina la nullità del procedimento, ferma restando la facoltà dell’extraneus di esplicare le sue difese provocando un incidente di esecuzione.
Si riscontrano diversi orientamenti invece in ordine alla legittimazione del terzo e al suo possibile interesse a partecipare al procedimento. Secondo l’orientamento maggioritario, il terzo che si assume intestatario fittizio del bene oggetto di confisca è legittimato a intervenire solo per rivendicare la qualità di proprietario effettivo del bene oggetto di ablazione, al fine di ottenere l’annullamento della confisca con riferimento alla fittizietà dell’intestazione e il riconoscimento della propria posizione giuridica qualificata. Altro orientamento ritiene che il terzo sia legittimato anche a contestare l’applicazione della misura o la sussistenza della pericolosità della persona indiziata all’atto dell’acquisto del bene.
Le Sezioni Unite con una recente pronuncia hanno confermato l’orientamento maggioritario, ritenendo che unico soggetto che possa contestare la misura sia quello nei cui confronti sia disposto il procedimento di sovvenzione, mentre per quanto riguarda i terzi fittiziamente intestatari, incomberà sull’accusa l’onere di provare, sulla base di elementi fattuali connotati dai requisiti della gravità, precisione e concordanza, l’esistenza di situazioni idonee ad avallare concretamente il carattere puramente formale dell’intestazione e la disponibilità effettiva dei beni da parte del proposto. Mentre il terzo avrà l’onere di confutare la tesi accusatoria secondo la quale egli è un mero intestatario formale e di indicare elementi fattuali che dimostrino che quel bene è di sua proprietà e nella sua esclusiva disponibilità, provando di aver sostenuto iure proprio e con esclusione di qualsiasi interferenza determinata dai proventi illeciti del preposto, l’acquisto del bene, e comunque contrastando la valenza indiziante degli elementi ricostruttivi e dichiarativi in forza dei quali si sostiene che l’intestazione sia avvenuta nomine alieno.
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