Accertamento, riscossione e contenzioso

29 Aprile 2024

Consapevolezza dell’inesistenza del credito d’imposta innesca la frode

Il contribuente che acquista consapevolmente un credito d’imposta inesistente e, successivamente, lo indica in dichiarazione dei redditi, si macchia del reato di dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici con i relativi riflessi sul piano sanzionatorio (Cass., sent. n. 8653/2024).

La fattispecie analizzata riguardava un legale rappresentante di una S.r.l., accusato di aver indicato in dichiarazione dei redditi crediti d’imposta inesistenti ceduti da altra società. I giudici di legittimità hanno ritenuto sussistere il reato di cui all’art. 3 D.Lgs. 74/2000 che, rispetto alla fattispecie di indebita compensazione di crediti inesistenti di cui all’art. 10-quater dello stesso decreto, prevede una pena più alta.

Nel caso di specie, attraverso una pluralità di elementi, si è ritenuta dimostrata la piena consapevolezza da parte del ricorrente dell’inesistenza dei crediti ceduti e la finalità di evasione sottesa al loro acquisto. In particolare, era stato appurato che il contribuente aveva acquistato, da altra società, 240.000 euro di crediti di imposta per investimenti in aree svantaggiate, accertati come inesistenti.

Nell’ambito del ricorso per Cassazione il rappresentante legale della S.r.l. acquirente lamentava l’assenza di dolo specifico valorizzando a tal fine:

  • la corresponsione, in sede di acquisto, di un importo significativo (240.000 euro) come corrispettivo di acquisto;

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