Amministrazione e bilancio
02 Luglio 2025
Profili critici dell'obbligo di conservazione decennale ex art. 2220 c.c. nell'era della digitalizzazione documentale.
La questione della conservazione della Posta Elettronica Certificata presenta, nella prassi quotidiana, aspetti di complessità che spesso sfuggono ai più. Ogni messaggio certificato non è altro che una “busta elettronica” firmata digitalmente dal gestore che la spedisce. Questa firma si basa su certificati che hanno, come tutte le firme digitali, una durata limitata nel tempo. Ma c’è di più. I gestori PEC sono tenuti per legge a conservare i cosiddetti “log” delle operazioni, praticamente le registrazioni di tutto quello che accade sui loro server, solo per 30 mesi. Passato questo termine, possono tranquillamente cancellarli. E spesso lo fanno. Cosa significa tutto questo nella pratica? Che, se dopo 3 anni qualcuno contesta una PEC che abbiamo inviato, potremmo trovarci in seria difficoltà a dimostrarne l’autenticità. Il certificato del gestore sarà probabilmente scaduto, i log non esisteranno più, e quella che sembrava una prova blindata si trasforma in un documento facilmente contestabile.
La casistica giurisprudenziale ha dimostrato più volte quanto questo problema sia concreto. Si consideri il caso di un’azienda che aveva comunicato via PEC la disdetta di un contratto di locazione. 4 anni dopo, quando il proprietario dell’immobile ha citato in giudizio l’azienda per mancata disdetta, la PEC non è stata ritenuta valida dal tribunale perché il certificato era scaduto e non c’erano più i log del gestore a supporto. Episodi come questi si moltiplicano, e non solo in ambito civile.