Accertamento, riscossione e contenzioso

07 Agosto 2025

Contradditorio preventivo: il fatto vale più della ragione giuridica

La C.G.T. di Padova ha ritenuto che nel contraddittorio preventivo il fatto prevalga sulla ragione giuridica, escludendo l’annullabilità dell’atto per mancata interlocuzione sulle sole questioni di diritto.

La Corte di giustizia tributaria di primo grado di Padova, con la sentenza 31.07.2025, n. 402 (in sostanziale allineamento con la sentenza delle Sezioni Unite 25.07.2025, n. 21271) ha ritenuto che, ai fini della violazione del contraddittorio, la fattispecie fattuale alla base della controversia abbia un valore prevaricante quello raccordabile alla relativa ragione giuridica di supporto. Il mancato contradditorio dell’Ufficio sulla regola giuridica non determina sanzioni per l’atto impositivo.

Per il giudice di Padova la deduzione della violazione dell’art. 6-bis L. 212/2000 comporta la valutazione di una serie di questioni ancora inesplorate dalla giurisprudenza di merito e di legittimità, essendo peraltro gli interventi della dottrina, con alcune eccezioni, abbastanza didascalici e privi di un inquadramento sistematico. Inoltre, sempre per la Corte di giustizia tributaria di Padova, anche se è innegabile la portata innovativa della novella introdotta con il D.Lgs. 30.12.2023, n. 219, con il riconoscimento dell’applicabilità, in via generalizzata, del principio del contraddittorio endoprocedimentale, finalizzato a una maggiore tutela dei diritti del contribuente in virtù di una maggiore trasparenza dell’attività istruttoria, nonché a un corretto ed equo, grazie alla partecipazione del contribuente alla fase istruttoria, esercizio dell’attività impositiva, a una prima lettura potrebbe ritenersi che l’assenza di una specifica sanzione prevista per la violazione dell’obbligo della c.d. motivazione rafforzata renda la norma testé richiamata “minus quam perfecta”. Con specifico riguardo alla vicenda processuale in questione, per il giudice patavino, occorre individuare i limiti del contenuto della motivazione dell’atto di accertamento quando, come nella specie, le osservazioni riguardanti lo schema d’atto non contengano contestazioni sotto il profilo delle circostanze di fatto poste alla base delle violazioni contestate, ma attengano esclusivamente a questioni di natura giuridica.

Ritiene il Collegio che il riferimento alle ragioni giuridiche contenuto nell’art. 7, c. 1 L. 212/2000 debba essere inteso in senso meno rigoroso rispetto alle circostanze di natura fattuale. Va rimarcata in conclusione, per la Corte, la primazia, ai fini della motivazione dell’avviso di accertamento, degli elementi di natura fattuale, laddove la qualificazione giuridica, ancorché necessaria, può essere indicata in maniera sintetica, e persino erronea, essendo soggetta, come sopra evidenziato, a successiva opera di rimeditazione, costituendo principio consolidato quello secondo cui l’obbligo motivazionale dell’accertamento deve ritenersi adempiuto tutte le volte in cui il contribuente sia stato posto nelle condizioni di conoscere la pretesa tributaria. La tesi del giudice di Padova allineata a quella delle Sezioni Unite del 25.07.2025 appare disorientante.

Premesso che in ordine alla mancata previsione della sanzione viene del tutto omesso di considerare il chiaro testo del c. 1, del citato art. 6-bis a mente del quale: “Salvo (solo) quanto previsto al c. 2, tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi gli organi della giurisdizione tributaria, sono preceduti a pena di annullabilità da un contraddittorio informato ed effettivo”. La norma non risulta affatto insensibile alla sua inosservanza e non assume la connotazione di una mera raccomandazione priva di conseguenze, essendo espressamente prevista l’annullabilità dell’atto impositivo che non reca riflesso la prova di un contraddittorio informato ed effettivo, ma è il distinguo che il Collegio di Padova, e poco prima delle Sezioni Unite, prospetta in ordine al contradditorio tra fattispecie fatturale e ragione giuridica a non rendersi condivisibile. L’obbligazione tributaria, anche se si raccorda a una situazione fattuale espressiva del fatto economico a cui va commisurata la capacità contributiva tassabile, è incapsulata in principi di diritto e modellata da regole giuridiche che ricevono un indeclinabile impulso dall’art. 23 Cost. Ritenere che la situazione fattuale nel contraddittorio e nei motivi di un atto impositivo abbia predominio sulle regole giuridiche non appare essere condivisibile per una serie di ragioni. In primis in quanto dall’art 6-bis non appare derivare alcuna frammentazione in ordine all’obbligo della motivazione che deve venire riflessa nell’atto impositivo.

La possibilità prospettata dal giudice di Padova (in allineamento alle Sezioni Unite) di un obbligo di
contraddittorio più intenso in ordine alle rappresentazioni fattuali e più affievolito per i motivi di diritto non trova conferma nella stesura della norma, la quale indistintamente riferisce a un contraddittorio informato ed effettivo in ordine a tutti gli atti autonomamente impugnabili dinanzi gli organi della giurisdizione tributaria. Inoltre, nel diritto tributario, la ragione giuridica non si limita a supportare la rilevanza giuridica del fatto, ma genera e con nesso diretto l’obbligazione tributaria. Il fatto economico, pur imprescindibile, ha un ruolo solo strumentale verso l’obbligo impositivo, dal momento che è solo la regola giuridica a commutarlo in obbligazione tributaria. La mancanza del modulo di diritto lascia la fattispecie fattuale nell’anonimato fiscale, priva di una qualsiasi rilevanza impositiva e da tale fondamentale ingerenza della regola giuridica nella configurazione costituzionale dell’obbligazione tributaria, qualora proprio si voglia intravedere un rapporto gerarchico tra il fatto e la regola di diritto, appare essere quest’ultima a prevalere e non il primo.


Inoltre, sono proprio le peculiarità dell’atto impositivo e le sue eccezionali prerogative di ingerenza
autoritativa nei diritti patrimoniali di rango costituzionale del contribuente a escludere che un
contraddittorio di rilevanza solo parziale (quella raccordata alla fattispecie fattuale) possa ritenersi coerente con l’art. 6-bis dello Statuto del Contribuente, in unione con le prescrizioni della legge delega (art 17 L.111/2023) che lo hanno previsto, ricongiungendovi l’insanabile nullità dell’atto impositivo menomato del contraddittorio anticipato. Anche, quindi, se in materia processuale vale il generale principio nova iure curia, nella controversia attinente il rapporto d’imposta la regola giuridica, proprio perché indistricabilmente incapsulata nella delineazione costituzionale dell’obbligazione tributaria e imprescindibile elemento strutturale della medesima, non appare in alcun modo giustificabile una sua rilevanza attenuata rispetto al fatto, come invece intenta il giudice di Padova al chiaro scopo di salvaguardare l’avviso di accertamento. La tesi, ormai divenuta diritto vivente in virtù della sentenza della Corte di Cassazione a Sezioni Unite 25.07.2025, n. 21271, consacra l’ennesima inutilità di una norma legiferata a tutela di un diritto del contribuente al contradditorio preventivo che proprio non deve esistere.

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