Società e contratti
28 Luglio 2025
Le Sezioni Unite della Cassazione (sent. n. 19750/2025) chiariscono che la cancellazione di una società non estingue automaticamente le posizioni attive e passive: i crediti sopravvivono e passano agli ex soci, responsabili verso i terzi nei limiti del patrimonio ricevuto in liquidazione.
La cancellazione di una società dal Registro delle Imprese non estingue automaticamente i debiti e i crediti a essa riferibili; i crediti sociali sopravvivono alla cancellazione e permangono nella titolarità degli ex soci nei limiti di quanto riscosso in sede di liquidazione e, in caso di assenza di distribuzione attiva, permangono nella titolarità diretta degli ex soci, legittimati a riscuoterli e obbligati a risponderne nei limiti del valore del residuo attivo eventualmente riscosso. Lo hanno precisato le Sezioni Unite della Cassazione nella sentenza 16.07.2025, n. 19750.
Nel caso di specie, la Suprema Corte si è pronunciata in relazione a un contenzioso insorto a seguito della cancellazione dal Registro delle Imprese di una società di capitali. In particolare, il credito in discussione derivava da una controversia commerciale sorta durante la vita sociale per la quale, a seguito della cancellazione, si poneva il problema di individuare il legittimato attivo alla riscossione del credito nonché l’eventuale persistenza dell’obbligazione debitoria nei confronti della società estinta. La controversia nasceva dalla richiesta di un creditore sociale che, accortosi della cancellazione della società, aveva sollevato eccezioni sull’ammissibilità della pretesa creditoria invocata dagli ex soci nei suoi confronti, sostenendo che la cancellazione avesse determinato l’estinzione integrale delle posizioni giuridiche passive e attive della società. La Corte territoriale aveva rigettato questa eccezione, ritenendo che i crediti vantati dalla società non fossero estinti, ma trasferiti in capo agli ex soci, seppur con modalità e limiti coerenti con la funzione liquidatoria del procedimento estintivo. La vicenda giungeva così all’esame della Cassazione.
Gli Ermellini hanno evidenziato che:
– la cancellazione dal Registro delle Imprese non equivale all’estinzione civilistica del credito della società, ma comporta il subentro degli ex soci quali successori a titolo particolare (legittimati ad agire per il recupero e a rispondere delle obbligazioni, sempre nei limiti del residuo attivo eventualmente percepito);
– dopo la cancellazione della società, non si verifica una “rinascita” occulta della stessa, ma si applica un meccanismo di successione e distribuzione del patrimonio, finalizzato a impedire che i debitori della società estinta si possano arricchire ingiustamente.
La decisione in commento riprende la consolidata evoluzione giurisprudenziale che, in chiave sostanzialistica, riconosce la rilevanza degli effetti economici che derivano dalla cessazione dell’attività sociale senza sacrificare i diritti dei terzi. L’orientamento si articola attorno a due assi portanti: da un lato, la legittimazione degli ex soci a proseguire o iniziare le azioni tese al recupero dei crediti vantati dalla società; dall’altro, la persistenza di una responsabilità residuale nei loro confronti qualora vi sia stata una distribuzione patrimoniale. Il ragionamento della Cassazione si fonda altresì sulla considerazione che la cancellazione produce effetti meramente formali ai fini pubblicitari ma non è di per sé idonea a determinare un effetto estintivo delle situazioni giuridiche sostanziali.
Le conclusioni cui giunge la Cassazione sono di rilevante impatto pratico in quanto chiariscono definitivamente che la cancellazione della società non rappresenta una scorciatoia per l’elusione dei diritti dei terzi creditori, né può fungere da espediente per sottrarre agli ex soci il potere-dovere di coltivare le ragioni creditorie vantate in vita dalla società. Di converso, il principio offre agli ex soci una chiara indicazione sul diritto alla riscossione di somme residue, purché nel rispetto del vincolo patrimoniale correlato alla funzione liquidatoria.
L’interesse pratico di questa pronuncia è dunque duplice: da un lato viene confermato che gli ex soci possono far valere i crediti rimasti dopo la cancellazione della società; dall’altro viene ricordato che la società non torna in vita, ma i rapporti obbligatori passano direttamente ai soci, nei limiti di quanto hanno ricevuto con la liquidazione.