Diritto privato, commerciale e amministrativo
07 Giugno 2025
In mancanza di tabelle ufficiali da applicarsi per la determinazione dell’indennità di custodia su determinati beni, il giudice non può riportarsi a un criterio di equità, ma deve riferirsi agli usi praticati, la cui prova spetta al custode.
Il D.M. 265/2006, che prevede le indennità spettanti al custode dei beni sottoposti a sequestro, non contiene una regolamentazione della tariffa per tutti i beni, ma soltanto per i veicoli a motore e per i natanti (nei cui confronti vengono più frequentemente disposti i sequestri), rinviando agli usi locali per tutti gli altri beni, secondo quanto previsto dal combinato disposto dell’art. 5 D.M. 265/2006 e dagli artt. 58 e 59 D.P.R. 115/2002.
È onere del custode indicare al giudice le tabelle seguite dagli usi locali o normalmente praticate nel territorio; il giudice, infatti, se ha l’obbligo di conoscere la legge, non ha analogo onere per quanto concerne gli usi commerciali, sicché ove il giudice non ne sia a conoscenza, devono essere provati (anche per quanto riguarda l’elemento della opinio iuris ac necessistatis) dalla parte che li allega.
Nell’applicazione dell’art. 58 D.P.R. 115/2002 nulla vieta che possa attribuirsi valore anche a criteri determinativi dei compensi connotati in fatto dalla loro osservanza abituale, che ben può riconoscersi nel fatto che enti statali o locali ne facciano uso abituale per compensare i custodi di beni sequestrati in via amministrativa.