Amministrazione e bilancio

27 Novembre 2017

Deduzione della rivalsa pagata dalle agenzie di assicurazioni

<div>Il criterio di deduzione delle somme pagate a titolo di rivalsa dalle agenzie di assicurazioni è spesso oggetto di attenzione da parte dell'Agenzia delle Entrate.</div>

L’incertezza nel criterio di deduzione delle somme pagate alla compagnia mandante dagli agenti di assicurazione a titolo di rivalsa determina spesso un’attenzione particolare da parte dell’Agenzia delle Entrate in sede di verifica. In sostanza la compagnia di assicurazione effettua rivalsa nei confronti dell’agente subentrante per le somme che essa deve corrispondere a titolo di indennità per cessazione rapporto di agenzia (art. 1751 C.C.) all’agente cessato. L’Agenzia delle Entrate, con la circolare 27.07.2011, n. 35/E, aveva fornito chiarimenti sul corretto trattamento fiscale di tale fattispecie, vista dalla posizione della compagnia di assicurazione. Le osservazioni più interessanti, trascurate dalla normativa e dai provvedimenti di prassi, riguardano tuttavia la corretta imputazione contabile ed il conseguente trattamento fiscale per le agenzie di assicurazioni che subiscono tale addebito.

In passato si era diffusa la prassi di considerare la rivalsa agenziale come un onere pluriennale da dedurre sulla base del piano di ammortamento imposto dalla compagnia mandante e, quindi, l’imputazione a conto economico e la relativa deduzione fiscale verrebbe di fatto a coincidere con le somme effettivamente pagate in ogni esercizio. In sostanza si applicherebbero, secondo questa tesi, le disposizioni dell’art. 108 del TUIR che considera deducibili le spese relative a più esercizi nei limiti della quota imputabile a ciascun esercizio. È evidente come in tali casi le risultanze del piano di ammortamento della compagnia costituiscano l’elemento certo che consente di determinare la quota maturata in ogni esercizio.
Tuttavia, la tesi maggioritaria diffusa tra le agenzie e indicata come più corretta dalle relative associazioni sindacali, sposa la tesi che assimila la rivalsa all’avviamento o a un diritto di concessione (il diritto di utilizzazione economica del portafoglio agenziale). Si tratta in ogni caso di un avviamento sui generis, poiché la sua determinazione è imposta dalla compagnia mandante e non è sottoposta ad alcun potere discrezionale delle parti in causa (l’agente subentrante e l’agente cessato). È, quindi, da ritenere più corretta l’applicazione dell’art. 103 del TUIR.
A questo punto si pone il problema di capire se debba applicarsi il comma 2 o il comma 3. L’art. 103, c. 2 dispone che le quote di ammortamento del costo dei diritti di concessione e degli altri diritti iscritti nell’attivo del bilancio sono deducibili in misura corrispondente alla durata di utilizzazione prevista nel contratto o nella legge. Il comma 3 dispone invece che le quote di ammortamento del valore di avviamento sono deducibili in misura non superiore a un diciottesimo del valore stesso. Ad una prima analisi queste due ultime ipotesi sembrerebbero entrambe valide. Tuttavia, considerato che il mandato è concesso a tempo indeterminato, non risulterebbe di agevole applicazione il comma 2. La prassi maggiormente diffusa è perciò quella di considerare la rivalsa agenziale assimilabile all’avviamento con conseguente ammortamento secondo le regole dettate dall’art. 103, c. 3 del TUIR.
La corretta registrazione contabile è pertanto quella di iscrivere l’importo totale della rivalsa nell’attivo, tra le immobilizzazioni immateriali e come contropartita il debito verso la compagnia di assicurazione. Il conto economico verrà interessato soltanto dalla rilevazione delle quote annuali di ammortamento e, eventualmente, degli interessi.

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