ETS ed Enti non commerciali

06 Ottobre 2025

Devoluzione del patrimonio dell’impresa sociale

Il divieto di distribuzione degli utili da parte dell’impresa sociale comporta, in caso di scioglimento o di perdita volontaria della qualifica di impresa sociale, la devoluzione del patrimonio residuo.

L’art. 12, c. 5 D.Lgs. 117/2017 disciplina non soltanto l’ipotesi di scioglimento dell’impresa sociale, ma anche il caso di perdita volontaria della relativa qualifica.

Nelle imprese sociali, diverse dal “ramo” degli enti religiosi, in caso di “scioglimento volontario dell’ente o di perdita della qualifica di impresa sociale, il patrimonio residuo dedotto, nelle imprese sociali costituite nelle forme di cui al Libro V del Codice civile, il capitale effettivamente versato dai soci, eventualmente rivalutato o aumentato, e i dividendi deliberati e non distribuiti nei limiti di cui all’art. 3, c. 3, lett. a), è devoluto, salvo quanto specificamente previsto per le imprese sociali costituite in forma di società cooperative, ad altri enti del Terzo settore costituiti e operanti da almeno 3 anni o ai fondi per la promozione e lo sviluppo delle imprese sociali secondo le disposizioni statutarie”. Una disposizione simile è prevista per gli ETS dagli artt. 9 e 50, c. 2 D.Lgs. 117/2017.

Analogamente, l’art. 14, c. 5 D.Lgs. 112/2017 stabilisce che “il patrimonio residuo al termine della procedura concorsuale è devoluto ai sensi dell’art. 15, c. 8”. L’art. 15, c. 8, così recita: “in caso di irregolarità non sanabili o non sanate il Ministro vigilante dispone la perdita della qualifica di impresa sociale. Tale provvedimento dispone altresì che il patrimonio residuo dell’impresa sociale … è devoluto al fondo istituito ai sensi dell’art. 16 dall’ente o dall’associazione cui l’impresa sociale aderisce, o, in mancanza dalla Fondazione Italia Sociale; salvo quanto specificamente previsto in tema di società cooperative”. Queste ultime, infatti, sono già soggette a una normativa ritenuta idonea a garantire la devoluzione del patrimonio a enti (fondi mutualistici) stabiliti dalla legge.

In tutti i casi esaminati, il principio fondamentale che spiega la norma è che, a fronte di un patrimonio che è stato accumulato anche con le agevolazioni fiscali non si può permettere che vada a beneficio di soci. Questo rappresenta un punto particolarmente sensibile per le imprese sociali, costituite in forma societaria, ove, in caso di scioglimento della società, la distribuzione del patrimonio residuo ai soci è la regola.

Un’importante eccezione alla regola generale esposta sopra è rappresentata dagli enti religiosi civilmente riconosciuti, di cui all’art. 1, c. 3 D.Lgs. 112/2017 per i quali non si applica la disposizione di cui sopra. Il patrimonio residuo, quindi, potrà essere devoluto all’ente di appartenenza. A prima vista, questa disposizione sembra un’anomalia rispetto al fatto che al “ramo” imprese sociali si applicano le disposizioni generali del D.Lgs. 112/2017. A ciò si aggiunga che una simile disposizione non è prevista in caso di devoluzione del patrimonio residuo per il “ramo” ETS, che, quindi, dovrà sottostare alla disciplina generale, in tema di devoluzione degli altri ETS.

Da un punto di vista pratico, la norma in esame, a parità di altre condizioni, rappresenta un elemento di favore nella scelta tra “ramo” ETS e “ramo” impresa sociale. Quanto ai profili procedimentali della devoluzione, si veda l’art. 6 D.M. Lavoro 27.04.2018, ove è precisato che è necessario comunicare allo stesso Ministero dati dell’impresa sociale, i dati degli enti beneficiari, l’ammontare del patrimonio da devolvere, nonché inviare la documentazione idonea a far conoscere la complessiva operazione di devoluzione.

Da ultimo, osserviamo che un ente può decidere di dismettere la qualifica di impresa sociale, senza che ciò implichi scioglimento o estinzione dell’ente, che può continuare a esistere senza la qualifica di impresa sociale (perdita volontaria della qualifica di impresa sociale). In questo caso, l’art. 12, c. 5 D.Lgs. 112/2017 prevede la devoluzione del patrimonio residuo, da ricollegarsi, formalmente, alla cancellazione dell’ente, su richiesta del medesimo, dall’omonima sezione del Registro delle Imprese. Con nota 4.05.2020, n. 3979 il Ministero del Lavoro ha precisato che “ogniqualvolta un’impresa sociale deliberi di perdere volontariamente la qualifica posseduta senza contestualmente sciogliersi dovrà devolvere il proprio patrimonio residuo attenendosi al combinato disposto dall’art. 12, c. 5 D.Lgs. 112/2017 e dell’art. 6 del Decreto ministeriale attuativo n. 50/2018”; inoltre, alla luce delle considerazioni sopra svolte, le indicazioni fornite nel richiamato atto di indirizzo del 2008 dell’ex Agenzia delle Onlus, con riferimento a un vincolo devolutivo parziale, non possono ritenersi applicabili per analogia alle imprese sociali, il cui ammontare del patrimonio residuo ai fini della devoluzione dovrà essere determinato secondo i soli criteri forniti dall’art. 12, c. 5 D.Lgs. 112/2017.

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