Accertamento, riscossione e contenzioso

02 Maggio 2025

Dichiarazione dei redditi emendabile sempre, anche davanti al giudice

La Cassazione, con l’ordinanza 23.04.2025, n. 10722, ha affermato che può sempre essere emendata la dichiarazione dei redditi, anche in giudizio.

Secondo i giudici della Suprema Corte, l’art. 2, c. 8 D.P.R. 322/1988 permette di integrare le dichiarazioni annuali per correggere errori e omissioni attraverso una successiva dichiarazione (integrativa) da presentare non oltre i termini di esercizio dell’attività accertatrice.

Sulla concreta portata di questa disposizione normativa le Sezioni Unite della Cassazione (Cass., S.U., 30.06.2016, n. 13378) hanno affermato che, in materia di imposte dirette, il principio di generale emendabilità della dichiarazione sia riferibile all’ipotesi ordinaria in cui la dichiarazione rivesta carattere di mera dichiarazione di scienza, mentre, laddove la dichiarazione abbia carattere negoziale, il suddetto principio non opera, salvo che il contribuente dimostri l’essenziale e obiettiva riconoscibilità dell’errore, ai sensi dell’art. 1427 e ss. c.c. (cfr., tra le altre, Cass. 30.09.2015, n. 19410). Come esempio di manifestazioni di volontà non emendabili successivamente si potrebbe citare l’adesione al concordato preventivo biennale o la scelta di rateizzare su più periodi d’imposta una plusvalenza realizzata.

In linea generale, comunque le dichiarazioni dei redditi costituiscono di norma delle dichiarazioni di scienza e, quindi, possono essere modificate ed emendate in presenza di errori che espongano il contribuente al pagamento di tributi maggiori di quelli effettivamente dovuti.

Su tali aspetti, si legge nell’ordinanza in commento, la Cassazione non ha mancato di precisare che, in tema d’imposte sui redditi, la dichiarazione affetta da errori di fatto o di diritto da cui possa derivare, in contrasto con l’art. 53 Cost., l’assoggettamento del contribuente a tributi più gravosi di quelli previsti per legge è comunque emendabile, anche in sede contenziosa, attesa la sua natura di mera esternazione di scienza, dovendosi ritenere che il limite temporale di cui all’art. 2, c. 8-bis D.P.R. 22.07.1998, n. 322 sia circoscritto ai fini dell’utilizzabilità in compensazione, ai sensi dell’art. 17 D.Lgs. 9.07.1997 n. 241, dell’eventuale credito risultante dalla rettifica (Cass. 13.01.2016, n. 373).

Alla luce delle considerazioni sin qui esposte l’ordinanza ritiene pertanto che deve riconoscersi al contribuente la possibilità, in sede contenziosa, di opporsi alla maggiore pretesa tributaria azionata dal Fisco, anche con diretta iscrizione a ruolo a seguito di mero controllo automatizzato, che peraltro era proprio il caso ricorrente oggetto della pronuncia in commento, allegando errori, di fatto o di diritto, commessi nella sua redazione e incidenti sull’obbligazione tributaria, indipendentemente dal termine (decadenziale) di cui al citato art. 2 D.P.R. 22.07.1998, n. 322 (Cass. 28.11.2018, n. 30796).

Il contribuente, pertanto, non solo può contestare, anche emendando le dichiarazioni da lui presentate, l’atto impositivo che lo assoggetti a oneri diversi e più gravosi di quelli che, per legge, devono restare a suo carico; ma tale contestazione, impugnando la cartella esattoriale, è l’unica possibile non essendogli consentito esercitare alcuna azione di rimborso dopo il pagamento della cartella.

Quella in commento è una decisione importante che conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, il principio di generale emendabilità della dichiarazione dei redditi, seppur con le limitazioni oggettive sopra ricordate.

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