IVA

27 Ottobre 2025

Disciplina delle società di comodo e diritto alla detrazione dell’Iva

La disciplina delle società di comodo non può limitare il diritto alla detrazione Iva, poiché l’imposta è soggetta ai principi comunitari di neutralità e proporzionalità. La Cassazione (sentenza n. 7137/2025), richiamando la Corte UE, esclude restrizioni automatiche basate sull’inoperatività.

In ordine all’Iva, alla presunzione di inoperatività consegue, per effetto dell’art. 30, c. 4 L. 724/1994, che il soggetto passivo resta privato del diritto di chiedere il rimborso dell’eccedenza di credito risultante dalla dichiarazione ovvero di utilizzare tale eccedenza in compensazione orizzontale o di cederla a terzi, residuando unicamente il diritto di riportarla a scomputo dell’Iva a debito relativa ai periodi di imposta successivi. In base alla medesima disposizione il diritto a riportare tale eccedenza a scomputo dell’Iva a debito relativa ai periodi di imposta successivi è, tuttavia, negato qualora per 3 periodi di imposta consecutivi la società o l’ente non operativo non effettui operazioni rilevanti ai fini dell’Iva non inferiore all’importo che risulta dall’applicazione delle percentuali previste per il test di operatività.

In ordine a tale preclusione, la condizione di non operatività del soggetto non può ostruire il diritto di detrazione e di rimborso dell’Iva. In particolare, il principio di detrazione che se si riverbera nel diritto di riporto a nuovo o di rimborso del credito Iva, non può essere sovrastato dalla inoperatività del soggetto Iva (Corte di Giustizia CE, sentenza 29.02.1996, C-110/94, ove viene chiarito che salvo nei casi di situazioni fraudolente o abusive, la qualità di soggetto passivo iva non può essere revocata con effetto retroattivo, qualora in considerazione dei risultati delle indagini di mercato svolte preliminarmente non si decida di passare alla fase operativa e di mettere in liquidazione alla società, di modo che l’attività economica prevista non viene a generare operazioni imponibili ai fini Iva).

Ancora più illuminante fu il caso spagnolo deciso dalla Corte di Giustizia CE, con la sentenza 21.03.2000, cause riunite C-110/98 e C-147/98. Il caso sottoposto ai giudici comunitari ha riguardato la legittimità della norma spagnola che impediva il riconoscimento del diritto della detrazione in assenza dell’esecuzione di operazioni imponibili da parte del soggetto passivo iva. Più in dettaglio la norma spagnola (art. 37 L. 37/1992 istitutiva del sistema Iva spagnolo) subordinava l’esercizio del diritto della detrazione al soddisfacimento di particolari condizioni e, in particolare, all’inizio dello svolgimento abituale delle operazioni imponibili entro un dato termine. Dichiarando l’incompatibilità della norma con il sistema Iva comunitario i Giudici CE hanno osservato: “Occorre anzitutto osservare che, secondo una costante giurisprudenza, il diritto della detrazione previsto dagli artt. 17 e seguenti della sesta direttiva costituisce parte integrante del meccanismo dell’Iva e, in linea di principio, non può essere soggetto a limitazioni… l’art. 17 osta quindi a una normativa nazionale che subordina l’esercizio della detrazione Iva pagata da un soggetto Iva prima dell’inizio dello svolgimento abituale delle operazioni imponibili a talune condizioni e che sanziona il mancato rispetto di tali condizioni con la perdita del diritto alla detrazione…”.

Più di recente la Corte di Giustizia dell’Unione Europea Sez. III, 7.03.2024, causa C-341/22 ha stabilito che: l’art. 9, par. 1, della direttiva 2006/112/CE deve essere interpretato nel senso che esso non può condurre a negare la qualità di soggetto passivo Iva al soggetto che, nel corso di un determinato periodo d’imposta, effettui operazioni rilevanti ai fini dell’Iva il cui valore economico non raggiunge la soglia fissata da una normativa nazionale, posto che per determinare la qualità di soggetto passivo rileva “esclusivamente il fatto che detta persona eserciti effettivamente un’attività economica e … sfrutti un bene materiale o immateriale per ricavarne introiti aventi carattere di stabilità”; l’art. 167 della direttiva 2006/112 in unione con i principi di neutralità dell’Iva e di proporzionalità devono essere interpretati nel senso che essi ostano a una normativa nazionale in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’Iva assolta a monte, a causa dell’importo, considerato insufficiente, delle operazioni rilevanti ai fini dell’Iva effettuate da tale soggetto passivo a valle.

Alla luce di quanto sopra rappresentato, come peraltro anche evidenziato dalla Corte di Cassazione (Cass. 6.08.2024 n. 22249) l’art. 30 L. 724/1994 assolve alla funzione di disincentivare le evasioni. Tuttavia, tale presunzione si fonda su un criterio, quello di una soglia di ricavi, che è estraneo a quelli raccordabili alla dimostrazione di un’evasione o di un abuso, poiché prescinde da una valutazione della realtà effettiva delle operazioni rilevanti ai fini Iva ed è ancorata solo al parametro della “valutazione del volume” degli affari (par. 39), per cui essa eccede quanto necessario per conseguire l’obiettivo di prevenire le evasioni e gli abusi.

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