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28 Ottobre 2025
Riflessioni sul ridotto potere d'acquisto dei lavoratori, tra salari che non crescono in egual misura con l'aumento di redditività delle aziende e dell'inflazione.
Non è mai conveniente uno sviluppo poco armonico dell’economia di un Paese poiché, nel medio e lungo periodo, potrebbe causare squilibri che trascinano problemi sociali, instabilità e crisi.
È il pensiero che immediatamente si è formato leggendo sui giornali una serie di interventi, tutti ben documentati, sulla distanza, sempre più marcata, tra gli incrementi della redditività di (certe) aziende e il reddito dipendente.
Dal 2020 (periodo Covid) l’Italia ha conosciuto una crescita economica stimata nel 16,6%, più del 12,3% registrato in tutta l’area Euro. In parallelo, la BCE stima un calo del potere di acquisto dei salari del 5,8% dal 2021, collocando l’Italia all’ultimo posto in Europa. L’OCSE ha stimato un calo dei salari reali del 7,5%.
Sono valori che, tenuto conto di diversi metodi di calcolo e dei periodi di riferimento, sembrano raccontare una realtà preoccupante per i 16,5 milioni di lavoratori dipendenti. Tanto più che l’inflazione riferita ai prodotti di base, soprattutto alimentari, cioè quelli che maggiormente incidono sulla busta paga, mostra valori superiori alla media generale, riducendo quindi le quote destinate ad altri beni o al risparmio.
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