Accertamento, riscossione e contenzioso
05 Giugno 2025
La fattura è valida solo se conforme all’art. 21 D.P.R. 633/1972, contenendo dettagli precisi su natura, qualità, quantità e corrispettivo. In difetto, non è giuridicamente qualificabile come fattura, né fiscalmente deducibile, né opponibile civilmente.
Premesso che la fattura non dispone di una configurazione definitoria e neppure che essa deriva da una precisa struttura grafica (art. 21, c. 1 D.P.R. 633/1972), il suo paradigma strutturale viene legislativamente fatto coincidere con la rappresentazione cartolare dell’operazione imponibile o comunque rilevante ai fini Iva, in unione con il preciso contenuto descrittivo dell’art. 21, c. 2 D.P.R. 633/1972, pur esso determinante ai fini della qualificazione del documento alla stregua di “fattura”.
Solo il documento emesso in aderenza alle informazioni indicate nell’art. 21 D.P.R. 633/1972 costituisce un’espressione di cartolarizzazione del contratto e degli obblighi giuridici che da esso derivano. In tal senso è anche la pronuncia della Corte di Cassazione 25.07.2024, n. 20719, la quale ribadisce che, sia in tema di imposizione diretta e sia in tema di Iva, la fattura costituisce elemento probatorio a favore dell’impresa solo se redatta in conformità ai requisiti di forma e di contenuto prescritti dall’art. 21 D.P.R. 633/1972.
Tale orientamento risulta conforme alla giurisprudenza della Corte di giustizia UE (sentenza 15.09.2016, causa C-516/14), secondo la quale la normativa unionale prescrive l’obbligatorietà dell’indicazione dell’entità e della natura dei servizi forniti (art. 226, p. 6 della Direttiva n. 2006/112), nonché della specificazione della data (art. 226, p. 7) in cui è effettuata o ultimata la prestazione di servizi, al fine di consentire alle Autorità fiscali di controllare l’assolvimento dell’imposta dovuta e, se del caso, la sussistenza del diritto alla detrazione dell’Iva.