Diritto del lavoro e legislazione sociale
09 Giugno 2025
Cessa il rapporto di lavoro ed al lavoratore sono dovute tutte le spettanze di fine rapporto e le ferie residue sono una spettanza ricorrente. Ai fini previdenziali e fiscali come devono essere trattate?
La premessa è l’obbligo di godimento delle ferie nella misura di 2 settimane nell’anno di maturazione e 2 settimane nei successivi 18 mesi; trattasi di un diritto irrinunciabile (art. 2109 c.c. e D.Lgs. 66/2003) non monetizzabile. Purtroppo, rileviamo che questo obbligo non viene rispettato, nonostante il cedolino paga mensile riporti ogni mese le giornate residue, quindi datore di lavoro consapevole, oltretutto del relativo costo adeguato dagli aumenti contrattuali, delle sanzioni amministrative (art. 10 c. 1 D.Lgs. 66/2023) da 120 a 5.400 euro e non trascurabile del danno di immagine aziendale e possibili verifiche ispettive.
Tutto chiaro, ma, di fatto, i problemi rimangono e, quindi, consigliamo di programmare il godimento delle ferie condividendo anche le esigenze del lavoratore, per evitare controversie risarcitorie da parte del lavoratore per danni alla propria salute non avendo goduto delle ferie (prescrizione 10 anni, Cassazione n. 17643/2023).
Analizziamo ora il trattamento previdenziale e fiscale della retribuzione relativa alla “indennità sostitutiva per ferie non godute” distinguendo le diverse situazioni:
1. pagamento in corso di rapporto. L’art. 10 D.Lgs. 66/2003 le ferie non possono essere monetizzate salvo nel caso di cessazione del rapporto di lavoro, e le giornate di ferie ulteriori alle 4 settimane.